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Guerra nella guerra: i curdi siriani

(1 Febbraio 2013)

La minoranza divisa tra ribelli e regime. L'obiettivo è ottenere l'autonomia all'interno dello Stato siriano, nel timore dell'avvento di un regime islamista.

curdinsiria

di Andrea Ranelletti

Roma, 1 febbraio 2013, Nena News - Proseguono gli scontri tra i miliziani curdi e i ribelli anti-Assad a Ras al-Ayn, cittadina di poco più di 50mila abitanti situata sul confine tra Siria e Turchia. Lacerata da accuse e da sospetti, la comunità curda siriana sta affrontando una lotta nella lotta, divisa tra la necessità di preservare la propria sicurezza e l'ambizione di ottenere uno statuto regionale simile a quello del Kurdistan iracheno. La lunga guerra civile che sta dilaniando la Siria ha diviso i circa tre milioni di curdi del Nord-Est su quale sia la strada da seguire: mantenere un atteggiamento neutrale, alzare le armi contro Assad oppure appoggiare il suo regime ritenendo che una sua permanenza possa rappresentare il male minore.

L'astratta linea che divide la Siria dall'Anatolia taglia la città di Sere Kaniye in due villaggi gemelli: Ras al-Ayn sul versante siriano e Ceylanpinar su quello turco. Siamo nel governatorato di Hasakah, cuore del Kurdistan siriano, costantemente tenuto d'occhio dalle autorità turche allarmate dal possibile rafforzamento dell'autonomismo curdo. I furiosi combattimenti nel resto del Paese hanno fatto sì che le forze governative decidessero di concentrare lo sforzo nelle aree cruciali, lasciando un forte vuoto di potere nelle regioni a maggioranza curda.

Tali circostanze hanno consentito al Partito di Unione Democratica (PYD) - ideologicamente affine al PKK - di imporre la propria autorità nell'area a partire da luglio scorso. Il gruppo ha saputo fare leva su un ampio consenso popolare, arrivando anche ad amministrare alcune città. Al predominio del PYD si è contrapposto il KNC (Consiglio Nazionale Curdo), una federazione di piccoli partiti vicina al KDP di Massoud Barzani, presidente del Kurdistan iracheno. Le politiche dei due movimenti si muovono in direzioni contrapposte: il PYD è pronto allo scontro armato per portare avanti le proprie istanze autonomiste, mentre il KNC si ispira alla diplomazia di Barzani ed è più propenso alla trattativa con Ankara.

All'inizio dello scorso novembre, Ras al-Ayn è stata teatro di sanguinosi scontri tra i soldati siriani presenti nella città e le forze ribelli islamiste del Fronte al-Nusra e di Ghuraba al-Sham. Allontanati i militari, è iniziato il conflitto tra i miliziani curdi del YPG (Unità di Difesa Popolare) e le brigate ribelli. Un fitto lancio di razzi continua a colpire la città, spingendo gran parte degli abitanti del villaggio a riparare in Turchia. Il desiderio delle milizie di mantenere il controllo della città ha generato l'ostilità reciproca, aggravata poi da una lunga coda di accuse: i curdi sostengono di essere vittima di un attacco di estremisti islamici aizzati da Ankara; i ribelli accusano le milizie curde di opportunismo e disinteresse verso la guerra contro Assad. Il risultato è una battaglia non necessaria, priva di prospettive e destinata ad alzare dubbi sulla possibilità di pacificare la Siria dopo un'eventuale caduta del regime.

Il rapporto tra il regime baathista e i curdi siriani è stato altalenante nel corso degli anni. Nel corso della crisi tra Siria e Turchia del 1998, Assad ha stretto alleanze sottobanco con il PKK per condurre la sua guerra sotterranea contro il vicino; il suo governo ha inoltre mostrato una maggiore tolleranza dell'attivismo curdo rispetto ad Ankara. Nel corso degli anni neppure in Siria sono però mancate politiche di repressione ed emarginazione nei confronti della minoranza curda, ed ogni trattativa su una possibile decentralizzazione del potere è stata rifiutata dal governo. I militanti del PYD respingono con forza ogni accusa di vicinanza alle forze del regime, ricordando come già negli anni passati abbiano imbracciato le armi contro Assad.

L'attendismo del Nord-Est curdo nasce dalla preoccupazione per l'avvenire, che sia con o senza Assad. L'assenza di garanzie sul futuro e il timore verso l'avvento di un regime islamista spaventano i capi della comunità, spingendoli a conservare uno spazio di manovra per il compromesso e a non prendere posizioni nette che possano poi ripercuotersi contro l'intero popolo. Non c'è interesse per la costruzione di uno Stato esterno alla Siria, quanto piuttosto per una maggiore autonomia da Damasco. La maggioranza dei curdi siriani quindi non parteggia per Assad, bensì lotta per proteggere se stessa e mantenere la percentuale di controllo sui propri territori accumulata in questi ultimi mesi.

Nena News

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