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(16 Febbraio 2015)
La situazione sta precipitando in Libia, in preda da anni ad una guerra civile e per bande.
L’aviazione egiziana è intervenuta colpendo alcune postazioni dell’Isis in risposta alla barbara uccisione di 21 lavoratori egiziani, colpevoli solo di professare la religione copta. Il presidente francese Hollande ha richiesto la convocazione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per adottare nuove misure di intervento. Da giorni vari esponenti del governo italiano si dicono pronti all’intervento armato. Il ministro degli esteri Gentiloni – che da tempo ha abbandonato il pacifismo (è stato uno dei redattori della rivista “Pace e guerra”) per diversi lidi – ha dichiarato che “l’Italia è pronta a combattere…. non possiamo accettare che a poche ore di navigazione dall’Italia ci sia una minaccia terroristica attiva”. La ministra Pinotti ha rincarato la dose, annunciando che 5.000 soldati sono pronti a salpare. Secondo il ministro della difesa “occorre fare come in Iraq”. Sono frasi avventate, irresponsabili ed ignoranti di persone che non sanno di che cosa parlano e che giocano con la guerra; le loro dichiarazioni ed azioni rischiano di far morire altri innocenti.
In seguito è intervenuto Renzi, da sempre più prudente, evidentemente consigliato da Prodi secondo cui occorrerebbe almeno una missione esplorativa dell’Onu per avere un quadro degli schieramenti possibili, per ascoltare i rifugiati libici in Egitto o in Tunisia che non si riconoscono negli schieramenti attuali.
Il nostro giudizio nei confronti dell’Isis forza reazionaria ed oscurantista, nemica della democrazie e degli interessi delle popolazioni da entrambi le parti del Mediterraneo è inappellabile; è una delle terribili barbarie che dobbiamo combattere.
L’Isis infatti mira in primo luogo a reprimere con la brutale violenza i movimenti sociali che si battono per la democrazia e la giustizia sociale.
Dall’altra parte c’è l’altra barbarie, quella degli interventi imperialisti occidentali che hanno a loro volto oppresso e massacrato le popolazioni dell’Africa e del Medio Oriente per difendere i loro interessi. La loro azione ha solo reso più drammatiche e caotiche e forse insolubili situazioni difficilissime, così come è avvenuto proprio in Iraq; hanno seminato a piene mani vento ed oggi tutti i popoli patiscono le tempeste che si raccolgono.
Siamo contro un nuovo intervento armato che non può risolvere nulla del concatenarsi dei molteplici conflitti e guerre, ma può solo aggravarli ancora; per di più si tratterebbe di un intervento armato che ha come fine quello di difendere glii interessi economici delle aziende italiane. Ricordiamo che l’Eni è ancora il primo operatore internazionale nell’estrazione di gas e petrolio, ma l’Italia ha anche forte interesse nell’ambito delle infrastrutture.
Un intervento italiano, cioè della feroce potenza coloniale di un tempo verrebbe d’altro canto percepito come un nuovo tentativo di invasione. Il retaggio coloniale è ancora presente nella memoria di gran parte della popolazione, in particolare in Tripolitania, dove la forte resistenza al colonialismo fu sedata violentemente con armi di distruzione di massa, in particolare attraverso l’uso di gas asfissianti.
Il pugno duro, inoltre, non servirebbe nemmeno per l’infame scopo secondario che è nella testa di Salvini, della Pinotti e di tutta la combriccola, quello del blocco violento dei flussi migratori attraverso il canale di Sicilia. Il rischio è, anzi, di incrementare la strage che imperversa a largo delle nostre coste. La risposta all’immane tragedia non può essere il controllo militare sempre più rafforzato delle frontiere interne e esterne all’Unione Europea, così come invoca Renzi.
In queste ore drammatiche Sinistra Anticapitalista invita a mobilitarsi contro l’intervento in Libia, a imporre che vengano perseguite altre strade, in primo luogo il coinvolgimento delle popolazioni e delle forze che sono oggi colpite dalla barbarie dell’ISIS. A pagare a caro prezzo l’intervento bellico occidentale sarebbero infatti solo altre vittime innocenti. Occorre, invece, costruire le condizioni perché la popolazione libica riprenda in mano il proprio destino contro ogni ingerenza esterna, sia da quella Occidentale sia dall’Isis.
Esecutivo nazionale di Sinistra Anticapitalista
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