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(5 Gennaio 2012) Enzo Apicella

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(Imperialismo e guerra)

Colombia: intervista a Pablo Cruz, avvocato e difensore dei diritti umani

(19 Aprile 2005)

ANC: Nell’ambito della strategia imperialista degli USA in America Latina, che ruolo gioca Álvaro Uribe Vélez?

P.C: Devo iniziare ricordando che l’agire nordamericano in America Latina si basa sull’ingerenza politica e sul saccheggio economico. Con tali nefasti propositi, gli USA ricorrono a tutto: pressione politica e diplomatica, debito estero, ricatto economico ed uso servile delle élites governanti, traditrici dei loro stessi popoli.

In questo contesto Álvaro Uribe Vélez non costituisce un’eccezione alla sottomissione dell’oligarchia ai dettami dell’impero.

Inoltre, il caso di Uribe è tanto singolare quanto vergognoso. Uribe è volutamente diventato la punta della lancia degli USA nella loro campagna di destabilizzazione del processo bolivariano del presidente Chávez in Venezuela, giocando il ruolo di provocatore e di cassa di risonanza dell’oligarchia di Caracas. Uribe è stato anche un agente di destrutturazione di processi d’integrazione latinoamericana, oltre che, naturalmente, portavoce della politica guerrafondaia di Bush nel continente, a tal punto che la Colombia è stata l’unico paese del Sud America a dichiarare guerra all’Iraq, paese lontano con il quale non esistevano nemmeno relazioni diplomatiche!

ANC: Che cos’è il “Plan Colombia” e quali sono i suoi risultati?

P.C: Presentato inizialmente come una campagna contro le droghe, il cosiddetto “Plan Colombia” è stato elaborato da Washington e costituisce di fatto la strategia controinsorgente dei gringos per la Colombia. Il suo obiettivo politico è sconfiggere militarmente la guerriglia, in particolar modo le FARC.

A tal fine gli USA hanno investito fino ad ora la somma di 3 miliardi di dollari in materiale bellico e nella triplicazione degli effettivi dell’esercito colombiano.

I suoi risultati non potrebbero essere più desolanti: crescente intromissione militare statunitense nelle questioni interne, intensificazione del conflitto sociale ed armato, militarizzazione della vita colombiana, misure repressive e riduzione delle libertà dei cittadini.

In sintesi, il “Plan Colombia” è un perverso progetto gringo per incendiare la Colombia, mettendo fine alla poca democrazia formale esistente e liquidando le organizzazioni di carattere popolare.

ANC: Uribe ha imposto la “sicurezza democratica” come modello di governo. Ci puoi spiegare in che consiste e quali sono gli ingredienti principali di tale politica?

P.C: La “Sicurezza Democratica” è la politica di guerra di Uribe contro il popolo e le sue organizzazioni. E’ un modello di governo autoritario e di militarizzazione della vita colombiana. Con essa Uribe scommette sulla soluzione militare del conflitto sociale ed armato esistente in Colombia ed il suo scopo è annientare la guerriglia delle FARC. Sul versante economico impone nuove tasse ed imposte, che tutti i colombiani devono pagare e che fomentano la guerra. Sul fronte giuridico colpisce le garanzie e le libertà di cittadinanza; per esempio, il cosiddetto “statuto antiterrorista” consente di arrestare qualunque cittadino, assaltare il suo domicilio ed intercettare le sue comunicazioni senza previa autorizzazione di un giudice. E, come se non bastasse, conferisce facoltà e funzioni di polizia giudiziaria ai militari, cosa che li abilita a raccogliere prove che verranno poi usate per processare le persone che essi stessi hanno imprigionato.

Parallelamente, la crisi sociale continua ad essere irrisolta. Attualmente, il 30% della popolazione colombiana vive nella miseria, mentre il 70% si dimena nella povertà.

Per porre rimedio a una simile situazione, né il “Plan Colombia” né la “Sicurezza Democratica” offrono soluzione alcuna.

ANC: Sappiamo che in Colombia ci sono prigionieri politici rinchiusi nelle carceri dello Stato, e che in potere della guerriglia delle FARC ci sono numerosi militari. Esiste la possibilità di un interscambio di prigionieri? E’ possibile uno scambio di combattenti?

P.C: In effetti, in Colombia vi sono centinaia di prigionieri politici a causa del conflitto sociale ed armato che vive il paese. Anche in potere delle FARC si trova un gruppo numeroso di ufficiali e sottufficiali dell’esercito e della polizia, catturati in combattimento. Per gli uni e per gli altri le condizioni di prigionia sono difficili e, anche per questo motivo, le FARC hanno offerto al Governo un accordo di scambio di prigionieri di guerra. La risposta di Uribe è stata quella di negare la possibilità di un interscambio e di annunciare che la sua strategia si basa sulla liberazione, mediante il ricorso alla forza ed a operativi militari, dei soldati e politici in potere dell’insorgenza, senza la minima preoccupazione per i rischi e la vita dei prigionieri. Naturalmente, i familiari dei prigionieri sono angosciati dall’insensibilità di Uribe Vélez.

In poche parole, Uribe non accetta di applicare i protocolli di Ginevra che regolano lo scambio di persone imprigionate nell’ambito di un conflitto interno, come nel caso di quello colombiano.

ANC: continuando a parlare di prigionieri politici colombiani, qual è la loro situazione nelle carceri? Come esprimono la loro resistenza?

P.C: Tra i prigionieri politici colombiani non vi sono solo guerriglieri, ma anche sindacalisti, dirigenti del magistero, contadini, studenti, difensori dei diritti umani, leaders della gioventù, ecc. Molti di questi sono stati reclusi in carceri di massima sicurezza e le punizioni sono estreme. I loro diritti di persone private della libertà sono negati, e spesso i loro familiari non possono nemmeno andare a fargli visita per il timore di subire rappresaglie una volta tornati a casa.

Nel caso dei guerriglieri, la loro decisione è stata ed è quella di rivendicare, di fronte ai propri carcerieri ed ai giudici, la condizione di ribelli sollevatisi in armi contro il regime politico, e di rifiutare le accuse o imputazioni per delitti diversi da quello di ribellione. Nella misura in cui il Governo vuole presentare i guerriglieri come delinquenti comuni, questi resistono ed issano il loro carattere di combattenti politici e sociali.

ANC: in conclusione, cosa diresti ai popoli europei?

P.C: in primo luogo, voglio ringraziare tutti gli europei per le diverse espressioni di solidarietà di fronte alla tragedia e con la lotta del popolo colombiano. L’appoggio europeo è decisivo per affrontare la guerra imposta dal “Plan Colombia” di Bush ed Uribe contro il popolo e le sue organizzazioni.

Inoltre, i cittadini europei potrebbero darci una mano esigendo ai rispettivi governi che le loro tasse non vadano a finanziare progetti di guerra in Colombia. E’ un assurdo che l’Europa finanzi “componenti sociali” di una strategia di guerra qual è il “Plan Colombia”.

E’ anche urgente diffondere informazioni sulla situazione delle migliaia di prigionieri politici che marciscono nelle prigioni colombiane, ed esigere la concretizzazione dell’accordo umanitario o scambio dei prigionieri di guerra.

Allo stesso modo, è vitale la solidarietà per raggiungere una soluzione politica del conflitto sociale ed armato che vive la Colombia, smascherando il carattere antidemocratico del governo di Uribe Vélez.

A cura dell’Associazione nazionale Nuova Colombia

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