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ALCUNE DOVEROSE OSSERVAZIONI

(15 Ottobre 2009)

Il livore con cui il “rotto comunista” esprime i suoi giudizi sulla lotta della INNSE è pari solo alla malignità delle sue insinuazioni. Alla INNSE in realtà non ci sarebbe stata nessuna lotta, ma una manfrina fra operai e Camozzi, fatta alle spalle del povero Genta per costringerlo a vendere la fabbrica al prezzo più basso possibile. Argomentazioni di stampo simile le abbiamo lette su Libero e su Panorama, senza che per altro questi giornali borghesi si siano spinti a sostenere quello che fra le righe afferma il “rotto comunista”. Diciassette mesi di presidio, vari sgomberi della polizia, con tanto di scontri, dieci giorni di fuoco ad agosto non hanno alcuna importanza per il “rotto comunista”, ciò che per lui conta è che l’accordo non sarebbe stato diffuso dagli operai. Ma di cosa parla? Se invece di pontificare sugli operai fosse stato al presidio, avrebbe saputo che i punti dell’accordo furono dettati dai quattro sul carroponte a Rinaldini e che di questi punti fu data lettura a tutto il presidio e che proprio questi punti sono stati sottoscritti poi in prefettura. Tra l’altro si è trattato solo di un accordo di massima, un protocollo d’intesa, pubblicizzato dettagliatamente da tutti i giornali, nazionali e locali. Ad esso hanno poi fatto seguito nelle settimane successive gli accordi veri e propri fra Genta e Camozzi, fra Camozzi e Aedes e fra Camozzi e l’RSU dell’INNSE. Anche tutti questi accordi successivi sono stati dettagliatamente riportati dalla stampa. Lo stesso giornale telematico Operai Contro (n. 610 del 2 ottobre 2009) ha riportato i punti più significativi per gli operai dell’accordo definitivo raggiunto. Ma allora di quale accordo tenuto segreto ciancia il “rotto comunista”? Ma crede forse plausibile la sua versione dell’accordo per cui tutti ci avrebbero guadagnato? E poi prima di sparare sciocchezze si informi bene, cosa altro avrebbe mai potuto vendere Genta se non i macchinari, essendo proprietario solo di quelli, mentre terreno e capannoni erano della Aedes? Vuole parlare di cose che non conosce e soprattutto non capisce.
Ammettiamo allora pure che Genta e la Aedes ci abbiano perso nell’accordo, magari non per quello che hanno in assoluto intascato, ma per i potenziali guadagni a cui hanno dovuto rinunciare, mentre Camozzi ci abbia guadagnato, acquistando la fabbrica ad un buon prezzo. E’ questo forse un motivo per essere contro un accordo che prevede l’assunzione di tutti gli operai già licenziati e in mobilità, con le identiche condizioni salariali e normative? Tornando all’esempio presente nell’articolo che ha suscitato questa querelle, secondo la logica del “rotto comunista”, i bolscevichi non avrebbero dovuto fare la rivoluzione del ’17, perché nella prima guerra mondiale oggettivamente essa favoriva la borghesia tedesca, oppure gli operai Fiat non dovrebbero imporre a Marchionne con la lotta aumenti salariali perché questo aumento dei costi della casa torinese favorirebbe la concorrenza della Renault e della Volkswagen. Ma non è proprio questa logica l’essenza della socialdemocrazia così aberrata a parole dal “rotto comunista”, ma da lui così organicamente praticata? La lotta dell’INNSE è una vittoria di tutti gli operai, non solo perché con essa gli operai della INNSE hanno sconfitto il proprio padrone, ma perché hanno così dimostrato a tutti gli operai che solo con la lotta dura, diretta in prima persona dagli operai stessi, si può vincere.
Ma il “rotto comunista” anche su questo non ha dubbi ed è pronto a sentenziare. Per lui se si è vinto non è perché gli operai hanno condotto una lotta esemplare, ma perché c’era l’acquirente, mentre all’ESAB si è perso solo perché mancava il compratore. Per quindici mesi ci hanno detto tutti che la INNSE era in perdita e andava chiusa ed ora che con la forza si è impedita la chiusura ecco che vengono i pierini di turno a dirci che si è vinto solo perché l’azienda era produttiva. Il gioco di costoro è palese: nutrendo completa sfiducia nella forza degli operai, si precipitano a denigrare l’esempio della INNSE, che già si sta generalizzando, dicendo agli operai che non si facciano illusioni, la loro resistenza nulla può contro i voleri del padrone, se la fabbrica non rende verrà irrimediabilmente chiusa. Non si rendono conto di essere in questa opera disfattista in compagnia con tanti altri, sindacalisti collaborazionisti, confindustria e partiti. Neanche il ragionamento fra operai sul perché all’ESAB si è perso va giù al nostro “rotto comunista”. La critica doverosa al sindacalismo collaborazionista, ancor più subdolo se espresso all’interno di un sindacato di base, diventa per costui un tentativo di contrapposizione fra gli operai.
Qualcosa deve pur proporre il “rotto comunista” altrimenti la sua adesione alla linea dei padroni sarebbe fin troppo esplicita. Non ha però il coraggio di dircelo direttamente e ci invita a leggere la sua posizione in merito sul suo sito. Ebbene cosa scopriamo da questa lettura? Che oltre ad una serie di sciocchezze sulla gratitudine e ingratitudine interclassista (?), l’unica proposta del nostro “rotto” è che gli operai dovrebbero accettare indifferenti i licenziamenti, pretendendo gli ammortizzatori sociali, che dovrebbero garantire la continuità del reddito (ma che significa? perché non dire apertamente che la cassa integrazione dovrebbe coprire il 100% del salario?). Ma per essere davvero “cattivi” e “duri” la proposta si accompagna ad un’altra ancora più “radicale”: nessun aiuto va dato dallo stato ad imprese e banche! Il cerchio si chiude. Gli ammortizzatori sociali servono ai padroni per socializzare i costi dei licenziamenti e dei cali di produzione. Essi servono anche a rendere più facile l’espulsione degli operai. Il “rotto comunista” vuole generalizzare questo fatto. Per lui la lotta degli operai contro il proprio padrone è inutile e dannosa. Vadano contenti a casa con la lettera di licenziamento in tasca, da domani, dimentichi della loro ex fabbrica, ma pronti a premere su prefettura e regione per avere una integrazione o una proroga al reddito. I padroni ringraziano.
E della fabbrica come unico vero centro di aggregazione e di forza degli operai? Ma cosa volete che gli importi al “rotto comunista”! I padroni facciano quello che vogliono dei loro impianti. Resta però da spiegare come gli operai, che non avrebbero la forza per dettare condizioni al loro padrone, avrebbero la forza di farlo allo stato, cioè allo strumento collettivo di tutti i padroni. Una forza tale da impedire alla macchina di dominio dei capitalisti di aiutare gli stessi capitalisti, distribuendo loro la quota di profitto di cui si appropria. Una evidente fantasia che serve solo a colorare di “sinistra” il discorso comune a tutti gli opportunisti.
Nel suo sdegnato rifiuto della difesa del posto di lavoro c’è l’incomprensione del fatto che per gli operai in questa società l’unica vera possibilità di sopravvivere sta nel farsi sfruttare. Certo questo non è valido per le altre classi, il cui reddito deriva per tutte dal pluslavoro degli operai. Un membro di queste classi, come è il nostro “rotto comunista”, può allora credere di poter estendere il proprio ristretto punto di vista a tutta la società e illudersi che sia possibile per gli operai vivere di sussidi, come l’antica plebe romana.
Finisco qui con alcune ultime precisazioni. Molti sanno che AsLO è l’Associazione per la Liberazione degli Operai, il cui giornale è Operai Contro, come mai una persona così informata come il “rotto comunista”, che avrebbe addirittura notizie di accordi segreti, non conosce questo fatto?
L’AsLo, poi, per partito preso, in generale non dialoga con le formazioni della piccola borghesia “rivoluzionaria”. Non ha da perdere tempo con tale fuffa.
Pur essendo un membro della sezione AsLO di Napoli, ho voluto però rispondere a titolo personale agli appunti mossi dal “rotto comunista”, allo scopo di precisare meglio alcune questioni. Spero che per gli eventuali lettori questo mio sforzo sia servito, mentre per il livello delle osservazioni fatte dal “rotto comunista” devo convenire che la scelta dei miei compagni è più che confermata. Non ho più intenzione perciò di discutere su queste autentiche sciocchezze.

Franco

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