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Libano: miqati minaccia le dimissioni per tsl

Il premier libanese minaccia le dimissioni se il finanziamento del Tribunale Speciale per il Libano non fosse approvato dal governo. Attesa per la risposta di Hassan Nasrallah, che parlerà questa sera alla nazione.

(26 Novembre 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Libano: miqati minaccia le dimissioni per tsl

foto: nena-news.globalist.it

GIORGIA GRIFONI

Roma, 26 novembre 2011, Nena News. Mai momento fu più sbagliato, a Beirut, per mettere ai voti il finanziamento del Tribunale Speciale per il Libano (Tsl). Come ha ripetutamente dimostrato sin dalla sua istituzione nel 2007, il Tsl rischia di far precipitare il paese dei Cedri nell’ennesima crisi politica. Il primo ministro libanese Najib Miqati ha annunciato ieri che si dimetterà nel caso in cui il suo gabinetto non approvi la sua quota annuale di finanziamento della corte, incaricata di indagare sull’assassinio dell’ex premier Rafiq Hariri e di altri omicidi politici tra il 2004 e il 2008. In risposta alle dichiarazioni del premier libanese, il leader del movimento sciita Hezbollah, Hassan Nasrallah –che si oppone da sempre al Tsl- apparirà in tv per un discorso in occasione del capodanno musulmano. E se di solito i suoi discorsi sono prevedibili, questa volta sembra non essere il caso.

Il pomo della discordia sono i 33 milioni di dollari, ovvero il 49% della quota totale, che il governo libanese dovrebbe versare ogni anno al Tsl: nessun problema, finché a governare era Saad Hariri, figlio ed erede politico dell’ex premier assassinato. Ma se il governo a gennaio 2011 diventa a trazione Hezbollah -quattro dei cui membri sono stati incriminati dal Tribunale lo scorso giugno- il problema c’è, eccome. A parte la legittimità del Tsl -che “viola la sovranità del Libano” a cui viene impedito di organizzare un processo interno senza intrusioni - il Partito di Dio punta da sempre il dito sulla faziosità del Tsl, manipolato -secondo il movimento- da Stati Uniti e Israele. Se da una parte il procuratore generale Daniel Bellamare ha accusato solo Hezbollah rifiutandosi di prendere in considerazione un possibile coinvolgimento di Israele, dall’altra rimane irrisolta la questione dei quattro alti ufficiali libanesi incarcerati per 4 anni e improvvisamente rilasciati nel 2009. L’uomo che li aveva fatti arrestare, l’ex ufficiale dei servizi segreti siriani Mohammed el-Saddiq, si era incontrato segretamente con Saad Hariri qualche tempo prima del loro rilascio. Hezbollah ha chiesto più volte al governo Hariri di far aprire un’inchiesta sull’accaduto, ma l’allora premier si era rifiutato.

E’ dal luglio scorso che la discussione e la votazione sulla sentenza del Tsl viene posticipata nell’agenda governativa. Ma martedì si è presentato a Beirut Sir David Baragwanath, il nuovo presidente del Tribunale: ufficialmente, per incontrare per la prima volta il nuovo governo libanese. Ma ufficiosamente, per dare l’ultimatum a Miqati: finanziare e accettare l’istituzione, oppure aspettarsi le sanzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. “Non riesco a immaginarmi primo ministro di un Libano che, sotto il mio mandato, non rispetta i suoi obblighi internazionali” ha dichiarato Miqati, in un’intervista alla televisione LBC giovedì scorso. Ma poi ha precisato che le sue dimissioni serviranno a “proteggere il Libano, nel caso in cui il finanziamento non fosse approvato”. Proteggerlo da una crisi politica già innescata dalla decisione del governo e del presidente Suleiman di votare contro l’espulsione della Siria dalla Lega Araba: segno, secondo alcuni, del diktat di Hezbollah al gabinetto libanese. Una posizione che aveva scatenato forti polemiche nel Paese dei Cedri tra il blocco del 14 marzo, antisiriano, e quello dell’8 marzo, fedele alleato di Assad.

In un contesto regionale esplosivo come quello degli ultimi mesi, i politici libanesi devono più che mai improvvisarsi equilibristi. Miqati si è esposto. E con lui anche il capo del Parlamento Nabih Berri che, secondo quanto riportato dal quotidiano as-Safir, sta cercando disperatamente di convincere Miqati e Suleiman a ritirare la “critica” questione Tsl dal prossimo incontro del gabinetto, previsto per mercoledì. Ora i riflettori sono puntati su Sayyid Hassan: finanziare, ed evitare i disastri economici e politici che si abbatterebbero su Beirut, o non finanziare e andare avanti con la propria linea? Nena news.

Nena News

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