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(14 Marzo 2006)
Tre anni di brutale occupazione militare, decine di migliaia di morti, la distruzione di intere città come Falluja, detenzioni arbitrarie e torture raccapriccianti, non hanno piegato la volontà di resistenza del popolo iracheno. Anzi, con il passare del tempo la resistenza si rafforza e si sviluppano forme di coordinamento tra i diversi gruppi che la compongono.
Ma perché quelli che, secondo la propaganda degli occupanti, avrebbero dovuto essere i beneficiari della 'liberazione', non ci stanno a farsi governare dai 'liberatori' e dai loro governi-fantoccio?
Il motivo è semplice e non ha nulla a che fare con le religioni: il popolo iracheno ha ben chiaro che l'Iraq disegnato e desiderato dagli occupanti, italiani compresi, è un Iraq le cui risorse economiche sono svendute e rapinate dalle compagnie multinazionali occidentali (comprese quelle degli 'oppositori dell'intervento', tipo Francia, Germania e Russia, che stanno partecipando al banchetto), un Iraq dove le uniche leggi del periodo di Saddam rimaste in piedi, sono quelle che vietano lo sciopero e l'organizzazione dei lavoratori. Le masse popolari irachene hanno ben chiaro che l'occupazione è finalizzata a rinsaldare e approfondire il giogo dell'imperialismo: questa consapevolezza si traduce in una resistenza diffusa, forte e popolare, la cui legittimità può essere messa in dubbio solo da chi è complice dell'imperialismo.
Ma l'occupazione dell'Iraq è contraria anche agli interessi dei proletari dei paesi occupanti, non solo perché costa svariate centinaia di milioni di euro all'anno, soldi che sono sottratti alla spesa sociale e di sostegno ai salari, ma anche perché il dominio imperialista sul popolo iracheno accresce la forza e l'arroganza dei loro aguzzini: i padroni e i governi che quotidianamente li sfruttano e li reprimono, nelle fabbriche, per le strade, nelle scuole e nelle università. Bombardati e intossicati da una campagna mediatica quanto mai aggressiva, forzatamente arruolati nella guerra al 'terrorismo', i proletari dei paesi aggressori si vedono restringere gli spazi di agibilità politica e di organizzazione autonoma. Gli unici beneficiari dell'occupazione delle truppe italiane sono i padroni italiani, ENI in testa, che partecipano alla spoliazione e spartizione imperialistica delle risorse irachene, facendo pagare i costi dell'occupazione ai lavoratori.
I proletari, dunque, non possono che schierarsi al fianco della resistenza del popolo iracheno e delle masse popolari che in tutto il Medio Oriente resistono all'imperialismo. Il proletariato ha il diritto e il dovere di schierarsi contro l'imperialismo del 'proprio paese' e di esigere l'immediato ritiro delle truppe italiane di occupazione dall'Iraq, dall'Afganistan, ecc., avendo ben presente che anche un ipotetico governo dell'unione prodiana proseguirà l'occupazione.
MERCOLEDI' 15 MARZO - ORE 15,30
Università Orientale - Palazzo Giusso - aula 3.1
PROIEZIONE VIDEO E ASSEMBLEA-DIBATTITO:
IMPERIALISMO E RESISTENZA IN IRAQ
SABATO 18 MARZO
MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA
PER IL RITIRO IMMEDIATO DELLE TRUPPE DALL'IRAQ
AL FIANCO DELLA RESISTENZA DEI POPOLI IRACHENO E PALESTINESE
(appuntamento da Napoli: Stazione Centrale ore 9,30)
Interfacoltà (Coordinamento dei Collettivi Universitari Napoletani) - AMR 'Progetto Comunista' - Area Antagonista Napoletana - Area Programmatica 'Progetto Comunista' - Centro sociale occupato autogestito Terra Terra - Collettivo internazionalista di Napoli - Confederazione COBAS (Campania).
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