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Diliberto semprevergine e l’unità dei comunisti

(28 Aprile 2008)

Sono usciti dal socialismo per la porta principale, votando i finanziamenti delle spedizioni militari, così come i socialdemocratici nel 1914 votarono i crediti di guerra. Dopo il crollo elettorale, si sono abbandonati alla più assurda confusione: “Subito dopo la sconfitta le ipotesi emerse nel gruppo dirigente dell'Arcobaleno sono state le più varie, da chi ha detto entriamo nel PD a chi ha detto unità dei socialisti, da chi ha detto costituente di sinistra a chi ha lanciato la costituente comunista.”(1) Ferrero - bontà sua! – ammette la sua parte di colpa, Bertinotti si eclissa, Giordano, abbandonato dal padre padrone, piange. Immune da queste debolezze umane, Diliberto transita con aristocratico distacco e mirabolante camaleontismo attraverso le responsabilità politiche e le sconfitte, che segnano pesantemente gli altri dirigenti, restando sempre integro, semprevergine. In un’intervista, riportata anche sul sito dell’Ernesto, dichiara nientemeno di voler ricostruire una Rifondazione comunista come era prima della scissione, e che la segreteria nazionale del partito è pronta per la riunificazione: “…c'è da ricostruire ripartendo da falce e martello… Con quel simbolo 2 anni fa abbiamo preso 3 milioni e 700 mila voti. Con il simbolo dell'arcobaleno solo un milione”. E aderisce all’appello di “Comunisti Uniti” per l’unificazione del Prc e Pdci e a di “tutte le comuniste/i ovunque collocati in Italia”.(2)

Un lettore dell’Ernesto commenta: “Ma allora forse ho capito male io. Mi pareva che Diliberto fosse uno dei fondatori della sinistra arlecchino, anzi uno dei quattro segretari delle quattro forze convergenti. Mi pareva anche che avesse votato il rifinanziamento della missione in Afghanistan, l'allargamento della base di Vicenza, il protocollo sul Welfare che riproponeva la legge 30 e la controriforma pensionistica, la detassazione degli straordinari e molto altro... E questo per parlare solo degli ultimi due anni.”(3)

Falce e martello, per Diliberto, non è il richiamo alle lotte del passato, ma è un marchio, un logo che porta voti. Il crollo elettorale, però, non è dovuto al simbolo cambiato: due anni fa i lavoratori credevano che le sinistre volessero andare al governo per difendere i loro interessi e si sono ribellati quando hanno visto i “loro rappresentanti” votare le leggi e i decreti antiproletari di Prodi.

Per Diliberto, i partiti si possono scindere o fondere secondo le convenienze elettorali o di partecipazione ai governi. Ma un vero partito comunista non è una pellicola che si può far girare in senso inverso, è un organismo, che deve trovare la sua unità nelle radici profonde della classe, e non può essere scomposto o ricomposto come un puzzle, o ricostruito con organi di derivazione diversa alla Frankenstein.

Alla Camera Diliberto, a nome del suo partito, ha detto del governo Prodi: “È il nostro Governo e in esso ci riconosciamo.”(4) Poiché si è identificato totalmente con quel governo, deve portare in pieno il peso della sua sconfitta e della sua meritata impopolarità tra i lavoratori. Occorre prenderne atto, e mandarlo a casa.

Condizione preliminare, per ogni discussione su quale partito sia necessario per i lavoratori, è rimuovere l’intero gruppo dirigente di Rifondazione e del Pdci, comprese le appendici locali.(5) (Come vedremo in seguito, neppure questo basta, perché non si risolve niente senza un programma politico veramente radicale). Tali dirigenti sono stati la cinghia di trasmissione di un programma capitalistico in seno alla classe operaia. Si badi bene: non si tratta di semplice opportunismo, cioè sacrificare le lotte future e la coerenza politica a vantaggi immediati per i lavoratori, ma di una politica apertamente antioperaia. I lavoratori lo hanno capito e hanno dato loro l’ostracismo.

Se le colpe dei dirigenti non sono emendabili, tuttavia la base dei due partiti non ha fatto una vera resistenza. Troppo spesso chiusa in questioni locali, con la paura di essere emarginata nelle amministrazioni comunali o provinciali, ha tollerato l’intollerabile, accettando le sofistiche spiegazioni dei dirigenti, e isolando i compagni più critici, che sono usciti in gruppi o individualmente. Su tutti questi problemi non si può passare con un colpo di spugna, se non li si affronta, si riprodurranno tali e quali in futuro.

L’appello dei “Comunisti Uniti” sembra non tener conto del carattere irreversibile della frattura, e si rivolge a tutti i comunisti. Ma non tutti quelli che si ritengono tali possono indiscriminatamente essere raccolti in un’unica organizzazione.

Nei commenti allegati all’appello, ci sono le posizioni più diverse e incompatibili. Chi propone un’assemblea costituente per realizzare “una Sinistra unita di lotta e di governo e non necessariamente radicale e di opposizione movimentista”. Chi è anarchico, ma pensa che aderirà lo stesso. Chi trova illogica l’abolizione della proprietà privata. Chi gli risponde, giustamente: “… Marx parlava di proprietà privata “dei mezzi di produzione” (le fabbriche, per fare un esempio), non di tutto …cerchiamo di non andare oltre Marx.” Un altro scrive: “Diliberto e Bertinotti hanno tradito i movimenti. La sinistra può rinascere solo azzerando la dirigenza dei partiti dell’arcobaleno”. C’è chi invece canta le lodi di Diliberto e lo propone come leader di questo nuovo partito comunista. Questi commenti mostrano che non c’è unità sulle prospettive – eccetto forse le rivendicazioni più immediate.

E’ una buona regola non credere sulla parola a ciò che ogni gruppo o persona dice e immagina di se stesso, ma sottoporlo a critica. Il termine comunismo non ha mai avuto un significato univoco, molte correnti hanno portato questo nome, più volte si è posto il problema dell’incompatibilità, basti pensare alla frattura tra stalinismo e l’opposizione internazionalista, il cui massimo esponente fu Trotsky.

Ma, per rimanere all’oggi, due linee fondamentali, pur con mille sfumature interne, rivendicano di essere comuniste. La prima tendenza si identifica con lo slogan “partito di lotta e di governo”, vede nelle elezioni lo strumento fondamentale per la trasformazione della società, e pensa che il mutamento possa avvenire attraverso la partecipazione a governi, locali e nazionali, alleandosi con la sinistra borghese, attraverso riforme di struttura che cerca d’imporre, anche con pressioni sindacali o di piazza. Di fronte ai fallimenti di questi governi, o incolpa la borghesia che non ha voluto raccogliere la mano tesa dei lavoratori, oppure dà la colpa a gravi errori dei dirigenti, che si sono lasciati imbrogliare o corrompere, ma non mette mai in discussione, neppure quando è costretta a lunghi periodi di opposizione, la possibilità di una collaborazione governativa con partiti borghesi o piccolo borghesi. Considera la costituzione repubblicana come una conquista storica definitiva e pensa che si possa avanzare verso il socialismo rimanendo all’interno della legalità costituzionale.

La seconda tendenza, dominante nei partiti comunisti di tutto il mondo negli anni ’20, ma assolutamente minoritaria nell’Italia del secondo dopoguerra, afferma che la classe si costituisce in partito, contrapposto a tutte le formazioni partitiche delle classi possidenti, e mira all’emancipazione del proletariato attraverso il superamento della forma salariale. Respinge la soluzione della partecipazione governativa con partiti borghesi. Pur difendendo la costituzione contro gli attacchi fascisti, considera impossibile il passaggio al socialismo rimanendo all’interno della attuali istituzioni borghesi repubblicane, e non cessa, nella sua propaganda, di rivendicare la repubblica dei consigli, pur sapendo che non è un traguardo vicino. E’ convinta che la lotta per le riforme sia necessaria, ma non dimentica che esse sono un sottoprodotto della lotta di classe rivoluzionaria. Lotta per la difesa dell’ambiente, per la liberazione della donna, per il riconoscimento dei diritti degli immigrati, per l’autodeterminazione dei popoli, ma con la consapevolezza che, finché rimarrà il capitalismo, si ricreeranno sempre, in questi e in altri campi, nuovi disastri e nuove sopraffazioni. Poiché l’imperialismo è l’età senile del capitalismo, considera la borghesia, compresa quella di sinistra, troppo corrotta e reazionaria per poter portare avanti piani comuni, e osteggia tutti i governi borghesi, in quanto controparti alle quali strappare con la lotta i miglioramenti e le riforme necessarie per la sopravvivenza dei lavoratori e per l’agibilità politica. Se partecipa alle elezioni, si attiene a posizione di netta contrapposizione ai partiti borghesi, sia a livello nazionale, sia locale, rifiutando accordi elettorali e compartecipazioni al potere.

Sgombriamo subito il campo da alcune obiezioni: c’è chi vede in questa contrapposizione un confronto tra realisti e nostalgici. Realisti e nostalgici esistono in tutti i partiti, e non sempre per questione di età anagrafica. C’è poi, chi dice che bisogna guardare al “qui e ora” e non riproporre soluzioni che hanno le loro radici nel comunismo ottocentesco. Chi non studia le esperienze del passato e degli altri paesi troppo spesso interpreta come nuovi fenomeni che si sono già verificati più volte, in forma analoga, in altri paesi o in altre epoche. I dirigenti di Pcdi e Prc hanno presentato l’alleanza con Prodi come un fatto storicamente nuovo. In realtà, fin dai primi anni del Novecento, gli esempi di fallimentari collaborazioni governative con la borghesia si sprecano. La regola è sempre quella: i partiti borghesi impongono ai socialisti e comunisti scelte impopolari, e, quando li hanno screditati agli occhi delle masse e per questo non servono più, li cacciano. In molti casi il partito di sinistra subisce una trasformazione radicale, e diventa un partito borghese in tutto e per tutto. Ogni tanto qualche politico emergente, si chiami Nenni, Occhetto, Bertinotti o Diliberto, ci propina un’esperienza “nuova” che sa di naftalina.

Rifondazione, soprattutto agli inizi, ha cercato di far convivere le due tendenze, riformista e rivoluzionaria – e con esse c’erano anche molti chiacchieroni - riuscendoci finché il partito era all’opposizione. La rinuncia ad ogni analisi storica seria, sulla Russia, ma soprattutto sul periodo successivo alla guerra in Italia, non era casuale, non era dovuta a incapacità. Essa avrebbe messo in luce divergenze incolmabili, e avrebbe reso inevitabile la scissione. Alla fine, tutto ciò si è tradotto nell’esodo di singoli e di gruppi, ispirati, più o meno correttamente, alla seconda posizione. Non è il caso di ripetere ancora una volta la stessa esperienza, visti i risultati. Nonostante ciò l’appello vuole coinvolgere tutti. Non si è capito che le due tendenze sono alla lunga incompatibili, e nel breve e medio termine s’intralciano a vicenda, rendendo il partito che le ospita un campo di battaglia, incapace sia di un’azione riformista, sia di una lotta di classe radicale, proprio come è avvenuto con Rifondazione.

Fino ad oggi, gli eventi internazionali, l’offensiva borghese sul piano salariale, politico, culturale sono stati, nella maggior parte dei paesi, contrari ad ogni sviluppo della sinistra: Sembra di muoversi su un treno ad alta velocità diretto in direzione opposta a quella sperata. Da qualche tempo, però, la crisi economica, la brusca frenata dell’economia, l’impoverimento delle masse, le crescenti difficoltà del rifornimento alimentare stanno creando le condizioni per una ripresa della lotta, come si vede dalle agitazioni in molti paesi del mondo, a cominciare dagli scioperi egiziani. Però guai ad arrivare a questo appuntamento con un partito che riproduca le debolezze di Rifondazione, con un contenitore delle tendenze più eterogenee. In altre parole, rivoluzionari e riformisti non possono stare assieme, pena la reciproca neutralizzazione.

Una considerazione finale. Stiamo per entrare nell’occhio del ciclone di una crisi internazionale di portata storica. Sappiamo che, se la sinistra delude, le masse operaie si spostano a destra. Negli anni trenta, la politica superopportunista della socialdemocrazia tedesca e quella del partito comunista stalinizzato che, sulla base dell’assurda teoria del socialfascismo, pensava più a combattere i socialisti che Hitler, portarono a una catastrofe terribile. Oggi in Italia non siamo ancora a quel punto, ma dobbiamo sapere che i grandi periodi di crisi non ammettono soluzioni intermedie. O c’è una chiara risposta delle masse proletarie, oppure passa una soluzione autoritaria, che può avere aspetti esteriori assai diversi da quelli del fascismo e nazismo, ma ha in comune con essi la completa neutralizzazione delle lotte operaie. Non con l’apporto dell’opportunismo, ormai screditato, ma con la proibizione anche legale degli scioperi e l’intervento repressivo dello stato. Di fronte a questa prospettiva, occorre un partito che possa guidare le masse alla lotta, che si contrapponga ad ogni provvedimento restrittivo dello stato, e che non consideri quest’ultimo come un terreno neutrale da conquistare con i voti, ma come l’antagonista principe contro cui lottare. Che ridia la giusta importanza a forme di lotta, apprezzate da Lenin e dalla Luxemburg, come lo sciopero politico di massa. Per questo è necessario che questo partito raccolga solo militanti fieramente avversi ad ogni accordo con la borghesia, anche con quella sedicente progressista, rifiuti con essa ogni accordo governativo o locale.

Quelli che, nonostante tutte le esperienze negative, continuano a sognare un partito che governi con la “borghesia progressista”, col PD in particolare, facciano pure, ma sappiano che ripeteranno inevitabilmente l’esperienza del Pdci, di Rifondazione e della sinistra arlecchina.

NOTE

1) Micaela Bongi, Andrea Fabozzi, “Il Prc c'è, per la sinistra tempi lunghi”, Ferrero: dolorosa ma inevitabile la rottura in Rifondazione. Ora congresso a tesi senza schieramenti. Giordano non mi ha mai proposto di uscire dal governo. Non chiedo la testa del direttore di Liberazione. E in futuro potrei anche dissentire da Grassi”, il manifesto 24 Aprile 2008.

2) Appello “Comuniste e comunisti: cominciamo da noi”, nel sito http://www.comunistiuniti.it/ .

3) Dal sito dell’Ernesto : Diliberto: “Bisogna ricostruire la sinistra, iniziando dai comunisti”. Su la Rinascita della Sinistra del 18/04/2008. Altri commenti di lettori: “Diliberto se ne deve andare, come Bertinotti, Giordano, Migliore & C”. Un altro: “Continuiamo a consentire a personaggi impresentabili come Diliberto di rifarsi una verginità dopo aver teorizzato e praticato per quasi un decennio la strategia che ci ha annientati, e il nuovo partito comunista ce lo sogniamo! E' incredibile che questo individuo pretenda di uscire pulito e ancora in sella dopo lunedì scorso…”.

4) “Ai nostri occhi questo Governo rappresenta oggi l'equilibrio politico più avanzato possibile, il positivo terreno di incontro tra le culture e i programmi della sinistra e quelli dei moderati. È il nostro Governo e in esso ci riconosciamo. Lo sosteniamo e lo sosterremo lealmente, anche quando, magari, vorremmo facesse di più e di meglio, proprio perché, a partire da esso, insieme ad esso, è solo nell'ambito di questa maggioranza che si potranno ottenere dei risultati e la sinistra potrà contare, far sentire la propria voce ed avere peso politico.” ( Diliberto, seduta n. 118, del 2 marzo 2007)

5) In “Appello Comunisti Uniti: Il nemico marcia ancora alla nostra testa”, Germano Monti scrive: “… mi sembra che sia già in atto un’operazione politica di riciclaggio, tesa a speculare sul comprensibile sgomento delle migliaia di attivisti dei partiti e dei movimenti, improvvisamente e brutalmente messi di fronte ad una realtà da incubo, quella che vede, per la prima volta nella storia parlamentare italiana (eccetto, ovviamente, la parentesi fascista), l’assenza di partiti socialisti o comunisti nel Parlamento nazionale. Facendo leva su questo sgomento, si lancia un appello all’unità dei comunisti “ovunque collocati”, ma a partire dai militanti e dai dirigenti del PRC e del PdCI, e non passa che qualche ora dal lancio di quell’appello che arriva l’adesione della Segreteria del PdCI, cioè di uno dei gruppi dirigenti compromesso fino agli occhi nella catastrofe della sinistra parlamentare. Il nemico si appresta nuovamente a marciare alla nostra testa.” L’articolo è presente sul nostro sito.


26 aprile 2008

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