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Clamori dalla Colombia! Bollettino di informazione n° 7/08

(3 Dicembre 2008)

INDIGENI MARCIANO NEL PAESE PER LA DIGNITA' E LA VITA

A partire dalla metà di settembre le organizzazioni indigene in Colombia hanno iniziato una lunga marcia attraverso il paese, la Gran Minga per la dignità e la vita.
Il termine Minga designa una riunione solidale per realizzare un lavoro comune e include la concezione della Madre Terra come parte integrante e organica degli esseri umani.
Le rivendicazioni degli indigeni sono state espresse in cinque punti:
Fine della violazione del diritto alla vita e dei diritti umani; fine dell'aggressione e dell'occupazione del territorio; adozione della dichiarazione dell'Onu sui popoli indigeni; modifica della legislazione di saccheggio che mette a rischio la sopravvivenza dei popoli; compimento degli accordi firmati con le organizzazioni e le mobilitazioni sociali.
Martedì 21 ottobre la polizia ha sparato sui pacifici manifestanti, causando due vittime e diversi feriti. Il presidente Uribe ha inizialmente negato che la polizia abbia usato armi contro gli indigeni, per poi essere smentito clamorosamente da un video mostrato dalla CNN.
Dopo una marcia attraverso l'intero paese, in cui hanno raccolto adesioni e solidarietà da parte di tutti i movimenti sociali e politici colombiani, gli indigeni sono giunti a Bogotà e hanno sfilato per le vie della capitale.
Purtroppo nel grande circo mediatico controllato dagli esponenti del governo è possibile affermare, senza contraddittorio, tutto e il contrario di tutto: al solito, lungi dal chiedere perdono per una rapina secolare ai danni delle popolazioni native, a favore del latifondo e delle multinazionali, il presidente Uribe accusa le diverse associazioni confluite nella Minga di essere uno strumento delle FARC; così come gli studenti, i professori, i sindacalisti, i giornalisti, e tutti gli oppositori sociali.

IN LIBERTA' EX CAPO DEL DIPARTIMENTO INFORMATICO DEL DAS

Rafael García, l'ex capo del dipartimento informatico del DAS, la polizia politica, è stato messo in libertà dopo essere stato condannato a 18 anni di reclusione per falsificazione di documenti, riciclaggio di denaro e arricchimento illecito. Ha ammesso di aver cancellato dalle banche dati, documenti che compromettevano paramilitari e narcotrafficanti. Dopo aver collaborato alle indagini con la magistratura, García ha ottenuto la libertà condizionata con il vincolo di non abbandonare il Paese e presentarsi alla Giustizia qualora interpellato.
Rafael García ha deciso di vuotare il sacco dopo essersi reso conto di essere solo un capro espiatorio; infatti il suo diretto superiore , e direttore del DAS, Jorge Noguera, non solo non era stato in alcun modo implicato (nonostante fosse quest'ultimo che dava istruzioni in merito a García), ma addirittura premiato con un incarico diplomatico: quello di console colombiano a Milano.
Uomo di fiducia di Uribe, Noguera aveva trovato "rifugio diplomatico" in Italia (dopo che il Canada lo aveva rifiutato), dopo essersi dimesso da capo dei servizi segreti. Questi paramilitari in giacca e cravatta, andrebbero trascinati davanti ad un tribunale internazionale per essere, finalmente, giudicati per crimini di lesa umanità.

ARRESTO "DOMICILIARE" PER GIORNALISTA AUSTRALIANO

Agenti della Polizia Federale Australiana (AFP) hanno perquisito l'abitazione del giornalista colombiano Luis Ernesto Almario, collaboratore delle agenzie stampa ANNCOL e ABP. Nell'operazione hanno partecipato il capo dell'Intelligence e il capo del Dipartimento di Monitoraggio, chiarendo che non appartenevano alla polizia politica, bensì all'unità federale antiterrorista. Poiché gli agenti non disponevano di alcun ordine di cattura, hanno fatto una visita "amichevole", rimanendo per tre ore nella casa, analizzando il computer di Almario e sottoponendolo ad un intenso interrogatorio.
Chiaramente è stato un atto mirato a coinvolgere in maniera tendenziosa, oltre allo stesso giornalista, le due agenzie stampa che quotidianamente denunciano i crimini compiuti dal governo Uribe e dai suoi politicanti mafiosi. Questo attacco contro la libertà di espressione deve essere denunciato con forza; quei Paesi che, definendosi democratici, vedono ogni anno morire migliaia di giovani per l'uso di sostanze stupefacenti, non possono cedere alle pressioni di uno Stato che vede buona parte dei suoi congressisti e deputati implicati nel narcotraffico e nel paramilitarismo.

PRESSIONI DI BUSH PER FIRMARE IL TLC CON LA COLOMBIA

"Non dobbiamo voltare le spalle ad Uribe, è un buon amico", così il presidente USA George Bush ha dichiarato in una riunione con gli imprenditori durante le attività del Foro per la Collaborazione Economica Asia Pacifico (APEC). Uribe è l'unico presidente di un paese non membro dell'APEC ad essere stato invitato al vertice, che si realizza nella capitale peruviana. Anche il direttore del Consiglio Nazionale di Sicurezza per l'America Latina, Dan Fisk, ha affermato che "l' approvazione del TLC con la Colombia è imprescindibile affinché il paese continui con successo la strada intrapresa, di una politica di sicurezza democratica". La maggioranza democratica del Congresso statunitense non è però propensa a siglare un trattato di libero commercio con Uribe, fino a quando non vi saranno concrete garanzie di salvaguardia per i sindacalisti e i difensori dei Diritti Umani.
Non stupisce che Bush consideri Uribe un "buon amico", perché così è. Il narco-presidente colombiano è totalmente allineato alle politiche neoliberali di Washington, e in questi anni ha favorito le grandi multinazionali a stelle e strisce e difeso i loro interessi attraverso l'imposizione del paramilitarismo. Imprese come la Coca Cola e la Chiquita Brands devono ringraziarlo per gli utili da capogiro realizzati grazie all'eliminazione sistematica dei leader sindacali, che reclamavano giusti salari e migliori condizioni di lavoro. I "vendepatria" come Uribe saranno sempre considerati buoni amici dalle transnazionali e dai loro rappresentanti politici.

EX CAPO PARAMILITARE ACCUSA VERTICI DELL'ESERCITO

L'ex capo delle AUC, Salvatore Mancuso, ha rivelato, durante un udienza a Washington, i nessi tra gli squadroni della morte e l'Esercito ufficiale colombiano. I fatti a cui fa riferimento risalgono al periodo compreso tra l'11 giugno 1996 e il 12 novembre 1997, e sono conosciuti come i massacri de "El Aro" e "La Granja", in cui i gruppi paramilitari assassinarono decine di contadini e rubarono 1.200 capi di bestiame. Mancuso ha dichiarato che gli ordini li impartirono i fratelli Castaño in persona e che fu proprio il comandante delle AUC, Carlos Castaño, che gli disse che avrebbero avuto il supporto logistico della IV Brigata dell'Esercito, comandata dal generale Ospina. Nelle dichiarazioni, Mancuso, ha riaffermato i suoi vincoli con il generale Alfonso Manosalva (che fu anche comandante della IV Brigata).
Fuori dall'edificio della Corte Suprema di Giustizia della capitale USA, si è riunito un gruppo di vittime del paramilitarismo per protestare contro l'impossibilità di assistere alla sessione. In un momento in cui la pressione repubblicana per approvare il TLC con Bogotà è l'ultimo colpo di coda del governo Bush, e l'opposizione di molti congressisti democratici potrebbe metterlo a rischio, si cerca di far passare sotto tono le confessioni di questi criminali che sono i testimoni diretti del paramilitarismo di Stato.

FIGLIO DI URIBE IN AFFARI CON UNO DEI "GENI DELLE PIRAMIDI"

Uno dei figli del Presidente Álvaro Uribe, Jerònimo, risulta essere "amico" di David Murcia, uno dei cosiddetti "geni delle Piramidi", le gigantesche truffe ai danni di piccoli risparmiatori che hanno promesso interessi in misura variabile fra il 40% ed il 70% fino alla fuga dei titolari con le valigie piene di soldi (cfr. anche Clamores n. 6/2008).
E' stato lo stesso David Murcia, in un'intervento pubblico, a rivendicare quest'amicizia ed i rapporti d'affari connessi, dal momento che il governo è stato costretto a sganciarsi da questa banda di truffatori, dopo averla utilizzata per il riciclaggio del denaro proveniente dal narcotrafico.
Jerònimo Uribe detiene il monopolio dell'artigianato delle regioni di Còrdoba e Sucre, acquistando i manufatti a prezzi irrisori e rivendendoli in esclusiva nelle grandi boutiques. Jerònimo e suo fratello Tomàs ammettono di aver avuto intenzione di realizzare un progetto televisivo con DMG, la società di Murcia, ma negano di aver "fatturato" denaro con questa società.
Oggi il Presidente versa le solite lacrime di coccodrillo e scarica i suoi ex complici; ma, benché questa storia sia nota da diverso tempo, nessun giornalista colombiano dei grandi media ha mai pensato di descriverla; forse perché i principali gruppi editoriali colombiani sono di proprietà della famiglia del vicepresidente Santos? E chi renderà i soldi ai risparmiatori truffati?
L'unica cosa certa, è che il presidente può andare orgoglioso del comportamento dei suoi figli: buon sangue non mente!

2007: SITUAZIONE SINDACALISMO

La Confederazione Sindacale Internazionale (CSI) ha reso noto un documento riguardante le violazioni dei diritti sindacali di 138 paesi. Da questo emerge che, nel 2007, dei 91 sindacalisti assassinati in tutto il mondo 39 erano colombiani. Dal documento emerge una situazione preoccupante per quanto riguarda il Guatemala, dove 4 militanti sindacali sono stati uccisi sempre nell'anno in questione.
Da sei anni la Colombia mantiene il macabro primato per lo sterminio sistematico di coloro che difendo i diritti dei lavoratori. Nel 2008 sono già oltre 40 le vittime sindacali del terrorismo di Stato, diretto e orchestrato dall'oligarchia al potere capeggiata da Álvaro Uribe Vélez. In un paese in cui più del 60% della popolazione è costretta a vivere nella povertà e nella miseria e dove la macchina della Giustizia è stata rottamata da tempo e l'impunità regna sovrana, è indispensabile agire prontamente a livello internazionale, prendendo seri provvedimenti contro questo governo illegittimo ed illegale.

ARRESTATO IL GIORNALISTA JOSÈ MANUEL ARANGO

Il giornalista colombiano Josè Manuel Arango, editore della Rete Indipendente di Comunicazione Alternativa (Clarin), è stato arrestato il 18 novembre dalla polizia nazionale con l'accusa di ribellione. Si stava occupando della frode delle piramidi finanziarie.
A questo proposito, Juan Carlos Tanus, coordinatore dell'organizzazione "Colombiani in Venezuela" ha segnalato che "il governo del presidente Álvaro Uribe mantiene questo atteggiamento perché vuole impedire che la comunità internazionale conosca la realtà del popolo colombiano [...] Con questa decisione si evidenzia l'effettiva possibilità del potere dello Stato di esercitare pressioni sugli apparati repressivi per far tacere i comunicatori sociali". Lo stesso Tanus ha dichiarato che diverse organizzazioni stanno portando avanti le pratiche per la sua pronta liberazione.
Il presidente Uribe, in evidente difficoltà per le sue relazioni coi narcotrafficanti e con i truffatori della piramidi finanziarie, affronta la situazione con la solita tecnica: incarcerando i giornalisti che denunciano le sue malefatte!

URIBE PERSONA NON GRADITA IN MESSICO

L'associazione dei genitori e dei familiari dei giovani studenti messicani assassinati a Sucumbios, in Ecuador, manifesta il proprio ripudio alla visita che il presidente della Colombia Álvaro Uribe ha effettuato in Messico (7-11 novembre) in quanto reo confesso di quest'atto di terrorismo internazionale, con il complice silenzio del governo messicano, che non ha condannato l'assassinio né tantomeno ha attivato le opportune vie legali contro il governo colombiano.
Il comandante in capo delle Forze Armate Colombiane, il presidente Uribe, ha infatti autorizzato il bombardamento dell'accampamento del capo della commissione internazionale delle FARC, Raul Reyes, in Ecuador, approntato per il favorire la liberazione di prigionieri dell'insorgenza colombiana; causando per altro la rottura delle relazioni diplomatiche con Quito.
In palese violazione delle convenzioni internazionali, alcuni dei feriti dal bombardamento sono stati barbaramente "finiti" con colpi di arma da fuoco dalle truppe dell'esercito che hanno illegalmente attraversato il confine fra Colombia ed Ecuador.
Uribe non conta solo sull'appoggio del governo messicano di Felipe Calderón, ma si è alleato anche con gruppi dell'estrema destra, come l'organizzazione clandestina "El Yunque" (L'Incudine), che ha usato tutti i mezzi a propria disposizione con l'intento di diffamare gli studenti messicani, in visita all'accampamento delle FARC per la realizzazione di alcuni studi universitari sulla guerriglia, con l'inversosimile accusa di far parte sia delle stesse FARC, che dell'EPR (Ejército Popular Revolucionario, il più grande movimento armato messicano) e di progettare non meglio precisati "atti di terrorismo".
Il presidente Uribe, fedele alleato di Washington, compie un lavoro di integrazione delle forze della estrema destra nel continente, connesse col narcotraffico internazionale e con la violenza politica contro militanti e dirigenti di sinistra; fino a quando la comunità internazionale ignorerà lo scandalo di una presidenza corrotta, stragista, vincolata con i gruppi paramilitari a livello nazionale e internazionale?

Associazione Nuova Colombia

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