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60 anni di crimini di Israele

Nakba

(15 Maggio 2010) Enzo Apicella
62° anniversario della Nakba palestinese

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Palestina e crisi

(13 Gennaio 2009)

Da prima di natale stiamo osservando con gli occhi della disinformazione l’ennesimo crimine perpetrato da uno stato criminale nei confronti di una popolazione già ridotta allo stremo da coloro che oggi la bombardano.

Un leit motiv ricorrente quando si parla del conflitto israelo-palestinese è che se i palestinesi avessero accettato la spartizione della Palestina nel 1948 così come sancito dall'Onu, oggi non ci troveremmo in questa situazione. Vediamo cosa non hanno accettato i Palestinesi: l'1/1/1948 l'Onu decreta che il 52% della terra palestinese andasse ai coloni ebrei e che la parte rimanente andasse ai nativi palestinesi. E perché i palestinesi dissero di no a tale spartizione? Forse perché la popolazione ebraica rappresentava soltanto il 5,6% della popolazione complessiva ed era proprietaria soltanto del 6% della terra? Forse perché la popolazione ebraica era composta da coloni la maggior parte dei quali giunti da pochi anni o addirittura solo da pochi mesi? Forse perché era quello l'unico territorio sotto protettorato britannico che era stato attribuito senza tener conto della composizione etnica? Forse perché la democrazia in Palestina non poteva essere attuata in quanto i palestinesi ed il mondo arabo dovevano pagare per gli infami crimini commessi dalla Germania e dall'Italia nazifasciste nei confronti degli ebrei?

Ma di tutto questo non trapela una parola dai massmedia. Solo menzogne. Proviamo a pensare cosa succederebbe se gli immigrati che vivono in Italia, ai quali vengono riservati solo calci nel di dietro, chiedessero all'Onu di avere il 52% del territorio italiano per fondare uno stato e l'Onu approvasse. Nessuno ci dice che lo stato israeliano non ha adempiuto ad alcuna delle risoluzioni dell’Onu (che comunque è il primo responsabile di quanto sta accadendo) che prevedono il suo ritiro dai territori occupati, che ha continuato ad espandere le proprie colonie anche nei periodi di tregua espellendo con la violenza dalle proprie case i palestinesi, che si è appropriato di tutte le risorse idriche e delle terre più fertili, che quotidianamente effettua da decenni incursioni omicide nei campi palestinesi, che detiene e tortura nelle proprie carceri decine di migliaia di palestinesi (anche donne e minorenni) senza alcun processo, che non ha mai rispettato alcun accordo benché minimo, che ha ammucchiato il popolo palestinese in ghetti circondati dai muri o nella più grande prigione a cielo aperto che è Gaza. Nessuno ci dice che Israele non consente l’arrivo di alimenti e medicine nei territori occupati, che bombarda anche gli ospedali e le ambulanze, che terrorizza la popolazione con migliaia di telefonate notturne in cui minaccia la morte, che gli stessi osservatori Onu nel corso degli anni hanno denunciato i suoi crimini. Nessuno ci dice che Israele è uno stato razzista che non riconosce pari diritti ai cittadini arabi che vivono nel suo territorio, che i palestinesi non hanno armi per difendersi dalla straripante forza militare israeliana e che quindi il conflitto non è alla pari ma c’è un aggressore e un aggredito.

Ma criminale non è solo chi bombarda, lo è anche chi consente che ciò avvenga, chi appoggia politicamente ed economicamente lo stato israeliano per perseguire i propri interessi in tutto il Medio Oriente, gli Usa e l’Europa in primo luogo. Si consente e si appoggia lo sterminio, la detenzione illegale, il razzismo, l’apartheid da parte di uno stato che si dice ipocritamente portabandiera delle sofferenze di un popolo che in passato ha patito le stesse pene che ora vengono inflitte ai palestinesi. Questo non è un conflitto tra israeliani e palestinesi, questa è la sistematica distruzione di un popolo effettuata da uno stato criminale e appoggiata da altri stati criminali: e in uno di questi stati noi ci siamo nati e ci viviamo. I conflitti si stanno estendendo e aumentano di intensità: Irak, Afghanistan,Ossezia, Kossovo, Pakistan, Somalia, Congo e dietro a ognuno di essi ci sono sempre le stesse mani sporche di sangue. La crisi economica porterà ad un utilizzo maggiore delle armi e non è un caso che le spese militari da qualche anno aumentino vertiginosamente.

Quanto vogliamo aspettare per cominciare ad aprire gli occhi, quanto siamo ancora disposti a dare fiducia a coloro che dicendo di rappresentare gli interessi di tutti rappresentano gli interessi di pochi seminando disuguaglianze e distruzione all’interno e all’esterno del Paese in cui viviamo? C'è un comune denominatore tra le continue aggressioni militari e ingerenze da parte dei paesi ricchi nei confronti dei paesi poveri e l'accentuarsi degli attacchi ai salari, alle pensioni e ai diritti dei Lavoratori in tutto il mondo: è l'esigenza, per coloro che già detengono il potere ed i privilegi, di mantenerli in questa fase di forte crisi economica. A questi signori non importa se per tutelare i propri interessi il risultato sarà un aumento ulteriore delle disuguaglianze o l’inizio di altre guerre. D’altronde a cosa servono quest’ultime se non a conquistare spazi per "fare affari"? A cosa servono la diminuzione dei salari e l'aumento dei prezzi dei beni, in particolare quelli di prima necessità, se non a mantenere i propri succosi profitti? E i licenziamenti continui quale altro scopo hanno se non quello di preservare i guadagni del “povero imprenditore”? Ed il costo sociale di tutto ciò lo accollano impunemente alla collettività come è avvenuto per esempio con i salvataggi delle banche e con Alitalia. Quest’ultima svenduta a pirati che incasseranno laute plusvalenze e tutti i Lavoratori, di Alitalia e non, a pagare i debiti: i primi con i licenziamenti e con il taglio dei salari, i secondi con le tasse. Così pure i Lavoratori di tutto il mondo pagheranno, e salato, le migliaia di miliardi regalati dagli stati ai grandi azionisti ed ai grandi manager delle banche che, come parassiti, già hanno divorato fiumi di ricchezza.

Queste ultime vicende ci mostrano chiaramente che lo Stato non è un organo neutrale, non è di tutti: per pochi i soldi e gli aiuti ci sono sempre, per tanti mai. Per qualcuno la giustizia viene modellata su misura, per tutti gli altri la giustizia o è assente o è una mannaia impietosa. E’ la democrazia dei forti che, in quanto tali, decidono cosa è bene per tutti. E laddove ci sono persone, gruppi o popoli che provano ad alzare la testa per far valere i propri diritti o per denunciare la dittatura di questa minoranza ecco lo stato che interviene per zittirli, con le buone o con le cattive. Se si accetta di morire di fame o di sopravvivere miseramente o di essere sfruttati ogni giorno della propria vita senza lamentarsi se non al bar o con gli amici bene, altrimenti arrivano le manganellate intelligenti. Come è avvenuto, ad esempio, con chi denunciava il G8, con gli operai della Fiat di Melfi, con chi si è opposto alla Tav. Nei casi peggiori invece si usano le bombe umanitarie, come avviene da sessanta anni con il popolo palestinese.

Per questi motivi invitiamo tutti e tutte a partecipare alla manifestazione nazionale di solidarietà con il popolo palestinese di sabato 17 gennaio a roma (appuntamento alle ore 15,30 a piazza Vittorio Emanuele)

Rete 28 Aprile Fisac - Nazionale nella Cgil per l’indipendenza e la democrazia sindacale

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