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(23 Agosto 2013) Enzo Apicella
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(12 Settembre 2009)

09/09 - IL GOVERNO COLOMBIANO CONTINUA AD OSTACOLARE LE LIBERAZIONI UNILATERALI DI PRIGIONIERI DI GUERRA!

L'arresto da parte dell'esercito colombiano di Ramiro Valbuena, che presumibilmente era il messaggero incaricato di portare a Piedad Córdoba le prove di vita di alcuni prigionieri di guerra in potere delle FARC, ha causato grande disappunto tra i familiari dei prigionieri stessi. In un'intervista rilasciata all'emittente Telesur José Uriel Pérez, zio del sergente Luis Alfonso Beltrán Franco, detenuto dalla guerriglia, ha affermato che "lo Stato non avrebbe dovuto mettersi di traverso nella consegna le FARC hanno dichiarato la volontà di consegnarli unilateralmente ed è lo Stato quello che si oppone, il governo, il capo dello Stato, mentre io credo che dovrebbe piuttosto dare tutte le garanzie affinché questi ragazzi tornino alla vita".

Uriel Pérez ha inoltre dichiarato che il Governo "non si è solo opposto alla consegna , ma ha ostacolato sistematicamente la liberazione dei nostri amati parenti", sottolinenado che anche i prigionieri sono servitori pubblici, e che l'esecutivo ha "il cinismo e la sfacciataggine di lasciarli vivere sui monti".

Ramiro Valbuena, che conservava in una memoria USB le prove di vita di 4 militari e sei poliziotti, è stato successivamente liberato per via delle gravi irregolarità dell'arresto: il suo avvocato riferisce che "non gli è stato manifestato il motivo della detenzione, non gli è stato garantito il diritto ad una telefonata, è stato interrogato tutta la notte in un hotel senza la presenza dell'avvocato difensore, sono stati violati i suoi diritti umani".

Nella sua personale partita mediatica il narcopresidente Uribe non ha minimamente a cuore la sorte dei prigionieri; questo cinico individuo si preoccupa solo del danno di immagine che gli provocherebbe una liberazione unilaterale da parte delle FARC, e per evitarlo ha già dimostrato di essere disposto a commettere qualunque tipo di crimine, persino bombardare le coordinate dei luoghi prescelti per le liberazioni.

08/09 - DENUNCIANO PARTECIPAZIONE DELL'ESERCITO COLOMBIANO NEL MASSACRO DEGLI INDIGENI AWÁ

Il portavoce degli indigeni Awá, Eder Burgos, ha segnalato che ci sono seri indizi sulla partecipazione dell'Esercito colombiano nell'omicidio di 12 membri di questa etnia, fra i quali 6 minorenni ed un bimbo di un anno, il 26 agosto scorso.

Per Burgos esistono oscuri interessi che intendono coprire i veri autori del massacro che ha commosso la società colombiana e l'opinione pubblica internazionale, perpetrato nella riserva Gran Rosario nel Tumaco, sud-ovest del paese.

Le dichiarazioni di Burgos sono state rilasciate quando si è venuti a conoscenza della detenzione dell'indigeno Airo Miguel Paí il quale, secondo le autorità, sarebbe il principale responsabile della mattanza.

A sua volta, Burgos ha chiarito che la detenzione di Paí è avvenuta in seguito alle accuse di estorsione che lo avevano colpito, e che era stato espulso dalla comunità per i suoi legami con i gruppi paramilitari.

La versione dei fatti per cui l'autore del massacro sia un indigeno non è condivisa dagli Awá. Membri di questa comunità indigena colombiana chiedono piuttosto che le indagini si concentrino sul particolare che i fatti sono avvenuti nella casa di Sixta Tulia García, una indigena di 35 anni che aveva denunciato in precedenza la morte di suo marito, Gonzalo Rodríguez, freddato dall'esercito.

A quanto hanno espresso i nativi colombiani, si intende sviare l'attenzione con questa detenzione e minimizzare la gravità della denuncia sulle responsabilità dell'Esercito in questo barbaro crimine.

Secondo le ricostruzioni un gruppo armato, incappucciato e vestito con indumenti militari, la mattina di mercoledì 26 agosto ha sterminato 12 persone. Dopo il massacro il presidente della Unità Indigena del Popolo Awá, Gabriel Bisbiscus, ha denunciato che questi atti di violenza mostrano uno sterminio del suo popolo da parte di forze oscure, con la complicità di organismi di sicurezza dello Stato; e che questo gruppo indigeno è stato spiato, perseguitato e costantemente minacciato.

Come sempre, il messaggio è chiaro: chi in Colombia denuncia le malefatte dell'Esercito -e dei poteri forti- subisce la violenza mafiosa, che si esprime in massacri disumani o assassinii mirati. E, al solito, le conseguenze sono il fumo negli occhi e i depistaggi, orchestrati dai media di regime.

06/09 - PIEDAD CÓRDOBA PRESENTA NUOVE PROVE DI VITA DI PRIGIONIERI DELLE FARC

La parlamentare colombiana Piedad Córdoba ha presentato alla fine di agosto nuove prove di vita di prigioniori delle FARC, che saranno consegnate ai loro faimiliari.

In una conferenza stampa da Bogotá, ha inviato un messaggio a tutti i colombiani affinché si "mobilitino a favore di queste persone" e si facciano sentire le "voci della pace" per avere nuove liberazioni.

Ha inoltre annunciato che nei prossimi giorni potrebbero giungere nuove prove di vita, che con quelle già presentate "sommerebbero 13 soldati e 6 poliziotti", smentendo le voci che affermano che gli ufficiali prigionieri siano incatenati ed in condizioni inumane; "Nessuno è incatenato, come potete vedere", ha sottolineato la parlamentare; rispetto alle condizioni di salute dei prigionieri, ha risposto ai giornalisti di non essere la persona giusta per analizzarle, e che i più adatti sono senz'altro i loro familiari.

Nel video compare il capitano Libio José Martínez, che fa parte di un gruppo che sarebbe stato liberato unilateralmente dalle FARC insieme a Pablo Emilio Moncayo, e la cui liberazione non si è concretizzata in seguito agli ostacoli imposti dal governo colombiano; nel salutare i suoi familiari l'ufficiale ha assicurato che "presto tornerà da loro".

Appare anche il sergente Arbey Delgado, che dopo aver salutato la sua famiglia ha chiesto al presidente Uribe di permettere lo scambio umanitario di prigionieri, così come annunciato prima della liberazione di Ingrid Betancourt.

Delgado lamenta che dopo la cosiddetta operazione Jaque siano rimasti "alcuni servitori della Colombia" che non hanno ricevuto da parte dello Stato "la lealtà che gli era stata giurata".

"Cosa succede ora con noi? Non siamo esseri umani? Siamo forse animali? ho passato 23 anni al servizio dello stato e gli ho giurato fedeltà, però lo stato non ha risposto", ha aggiunto Delgado.

Fra gli altri, il maggiore Enrique Molina Sánchez ha rilasciato una dichiarazione che la dice lunga sulla fiducia verso le istituzioni colombiane, chiedendo alla sua famiglia di non preoccuparsi perché la sua vita dipende "dalle FARC e non tanto dal governo"!

Il narcopresidente Uribe si è sempre opposto in tutti i modi alle liberazioni, giocando sulla pelle dei prigionieri la sua personale e personalistica partita mediatica. Ha cercato di screditare in tutti i modi quanti si sono offerti, nel corso degli ultimi anni, nel difficile ruolo di mediatore; dal presidente Chávez fino a Piedad Córdoba, affannandosi a rilanciare il riscatto a sangue e fuoco, senza esitare, per raggiungere i suoi obiettivi, ad utilizzare il logo della Croce Rossa - atto che rappresenta un crimine di guerra - o addirittura a bombardare le coordinate dei luoghi prescelti per le liberazioni. I prigionieri ed i loro familiari lo sanno benissimo, come si evince dalle loro dichiarazioni contro il governo; ma i media dell'oligarchia continuano a diffondere le veline del governo, che rimbalzano anche sui giornali nostrani.

La veritá inoppugnabile é che, nel quadro del conflitto interno colombiano che vede contrapposte due parti belligeranti, una, l´insorgenza delle FARC, ha giá dimostrato volontá politica e disponibilitá umanitaria ai fini della liberazione dei prigionieri di guerra, mentre l´altra, lo Stato (capeggiato dal governo Uribe), ha mostrato soltanto disprezzo e disinteresse per la vita dei prigionieri stessi.

05/09 - D'ESCOTO CRITICA OBAMA PER LE BASI USA IN COLOMBIA

Il Presidente dell'Assemblea Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), il nicaraguense Miguel D'Escoto, ha criticato il presidente statunitense Barack Obama per l'accordo che permette l'istallazione di sette basi militari USA in Colombia, e per non essersi impegnato per una soluzione della crisi in Honduras.

"Questo è un passo indietro", ha affermato, aggiungendo che "non è qualcosa che incombe solo ed esclusivamente sulla Colombia. Abbiamo il diritto di formulare critiche, perché [l´accordo] costituisce una minaccia per la pace nella nostra regione", in una dichiarazione rilasciata il 1° settembre alla stampa nella sede dell'Istituto Cubano di Amicizia con i Popoli (ICAP).

D'Escoto ha concluso dicendo che Obama non rappresenta "il cambio credibile che stavamo aspettando" negli Stati Uniti.

L'instabilità regionale dovuta alle basi Usa in Colombia diviene sempre più evidente; la pressione militare dell'imperialismo, fra IV flotta e basi aeree si dispiega sui governi progressisti dell'area, minacciando i paesi che conoscono un rinnovamento politico e sociale in un'ottica bolivariana di integrazione latinoamericana; e la Colombia è il garante, per gli Stati Uniti, di questa minaccia, grazie al narcopresidente Uribe, che non esita a calpestare la costituzione e svendere la sovranità territoriale ad una potenza straniera per garantirsi la rielezione e l'impunità per i suoi crimini.

03/09 - ALTRI QUATTRO SENATORI INQUISITI IN COLOMBIA!

Martedì 1° settembre la Corte Suprema di Giustizia della Colombia ha spiccato un mandato di cattura per tre senatori, a causa dei loro legami con i gruppi paramilitari del paese.

Edgar Eulises Torres e Odín Sánchez del Partito della U, il partito di riferimento di Uribe, e Juan Pablo Sánchez del Partito Liberale, sono stati arrestati dalla magistratura colombiana a seguito delle svariate prove a loro carico relative ad accordi con paramilitari per ottenere benefici politici.

La Corte indaga inoltre sulle accuse di associazione a delinquere per i legami con i blocchi paramilitari "Elmer Cárdenas", "Nordeste Antioqueño", "Bajo Cauca" e "Magdalena Medio".

Torres e Juan Pablo Sánchez sono stati catturati dalle autorità colombiane, mentre Odín Sánchez si è consegnato quando è stato messo sotto accusa per l'alleanza con questi gruppi di estrema destra.

Il giorno successivo, il senatore colombiano Alirio Villamizar si è consegnato alla magistratura in seguito al mandato di cattura spiccato sempre dalla Corte Suprema, per aver ricevuto alcuni "regali" in cambio di un voto favorevole alla prima rielezione di Uribe, nel 2006; la Corte sta analizzando la possibilità di allargare l'inchiesta ad altri politici che avevano appoggiato il progetto di modifica costituzionale, che ha consentito la rielezione del presidente narco-paramilitare.

Ad oggi sono decine i congressisti in arresto o sotto inchiesta per legami con i paramilitari, nell'ambito dello scandalo della cosiddetta "parapolitica", o per aver fornito "aiuti" al presidente ed alla sua cricca per favorirne un secondo mandato consecutivo, o ancora perché legati al traffico di stupefacenti; la stragrande maggioranza di questi parlamentari appartiene alla coalizione di governo, e spesso é composta da amici personali del fascista Uribe Vélez.

Ciononostante, forte dell'appoggio dell'imperalismo yankee, egli manovra per ottenere un ulteriore strappo alla costituzione ed aggiudicarsi un terzo mandato, nel complice silenzio della cosiddetta "comunità internazionale". E perseguita la Corte Suprema, formata da giuristi non allineati all´uribismo, isolandola nell´ambito del potere giudiziario attraverso la blindatura -con suoi uomini di fiducia- di altri organi come la Fiscalia e la Procura, e screditandola attraverso i media oligarchici sempre pronti a patrocinare l´impunitá.

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Associazione nazionale Nuova Colombia

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