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(10 Ottobre 2011) Enzo Apicella

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(Di lavoro si muore)

Sfruttamento, inquinamento e sostanze cancerogene: non esiste nessun limite accettabile o soglia di tolleranza

(23 Dicembre 2009)

La società in cui viviamo considera normale che degli esseri umani perdano la vita o subiscano gravi infortuni sul lavoro con invalidità permanenti, e si preoccupa solo di contenere le perdite entro limiti considerati “accettabili” per non urtare l’opinione pubblica. In nome del profitto e dello sfruttamento del lavoro salariato, gli operai, i lavoratori continuano a morire sul lavoro e di lavoro. Per anni datori di lavoro e dirigenti - pur sapendo che certe sostanze cancerogene avrebbero avuto conseguenze gravissime sulla salute dei lavoratori - nella ricerca del massimo profitto non si sono fatti scrupoli, risparmiando anche sui pochi spiccioli per la sicurezza. Le sostanze cancerogene fatte usare nei processi industriali, sui luoghi di lavoro, dagli operai senza alcuna protezione da dirigenti e datori di lavoro che, pur sapendo dei rischi, nascondevano ai lavoratori i pericoli mortali a cui andavano incontro (come nel caso dell’amianto), hanno provocato gravi danni umani, sociali, ambientali.
Ogni anno migliaia di vite umane vengono sacrificate in una guerra non dichiarata che vede morti e feriti solo da parte operaia, da chi al mattino esce di casa per guadagnarsi da vivere e – spesso - a sera non ritorna . Ecco in sintesi le cifre di questa guerra:
1.300 lavoratori in Italia ogni anno vengono assassinati sui posti di lavoro o perdono la vita a causa degli infortuni sul lavoro, a cui vanno aggiunti altre 4 mila vittime delle malattie professionali.
Secondo l’Ufficio Internazionale del Lavoro, sono oltre 120.000 i decessi causati ogni anno da tumori provocati dall’esposizione all’amianto. Anche i dati forniti dalla Conferenza Mondiale sull’Amianto, che si è tenuta in Giappone nel 2004, parlano di oltre 70.000 persone che muoiono per cancro polmonare e circa 44.000 per mesotelioma pleurico.
L’amianto come tutte le sostanze cancerogene modifica la molecola del DNA delle cellule dell’organismo umano causando rotture o mutazioni chimiche, provocando malfunzionamento che sono all’origine dei tumori. Quindi non esistono soglie di sicurezza o tolleranza alle sostanze cancerogene. Anche una sola fibra di amianto può generare il mesotelioma. Per gli inquinanti cancerogeni non basta predisporre dispositivi di protezione individuali o collettivi per la riduzione del rischio. Come movimento operaio e popolare noi siamo per il rischio zero e dobbiamo lottare per imporlo ai padroni. Non possiamo accettare sotto il ricatto del posto di lavoro di rimetterci la salute e la vita, e proprio per questo serve l’organizzazione.

Molti di noi sanno per propria esperienza, e per i segni che portano nel corpo, che l’amianto ha creato e continua a creare gravi danni dal punto di vista umano, sanitario e ambientale; tuttavia questa verità trova molte resistenze ad essere riconosciuta. Le lotte di operai, lavoratori e cittadini che in questi anni si sono auto organizzati in Comitati e Associazioni hanno contribuito a rompere il muro di omertà e complicità con i responsabili di questi assassinii, facendo pressione sulle istituzioni, “costringendoli” a perseguire i responsabili e ottenendo in alcuni, pochi casi, un briciolo di giustizia. Tuttavia ancora molto rimane da fare

Governi e istituzioni che riconoscono come legittimo il profitto, che arrivano a legalizzare punendo con una semplice ammenda gli omicidi e i morti sul lavoro e di lavoro, dimostrano la loro natura di classe e di essere al servizio solo di una parte ben precisa di cittadini: quella degli industriali responsabili di queste stragi operaie. Per troppi anni le istituzioni hanno tollerato e coperto questi omicidi.
Non si può subordinare la salute e la vita umana ai costi economici aziendali o ai bilanci dello stato. Senza rispetto per la vita umana, gli operai, i lavoratori continueranno a morire sul lavoro e di lavoro e le sostanze cancerogene presenti sul territorio, se non si eliminano bonificandolo, ad uccidere gli esseri umani e la natura.
Dobbiamo fare in modo che chi partecipa ai vari convegni delle associazioni - medici, ricercatori, tecnici, giudici, sindacalisti, politici o altro - prenda degli impegni ed esigere che vengano rispettati e non, come succede spesso, i dibattiti sull’argomento siano semplicemente una passerella.
Noi siamo contro la monetizzazione della salute e della vita umana e non possiamo accettare la “normalità” dei morti sul lavoro e di lavoro e che la nostra vita sia valutata da un tribunale dopo che ci siamo ammalati o morti.
Anche se non ci facciamo illusioni continuiamo a denunciare lo Stato Italiano che, non rispettando neanche la costituzione e spendendo miliardi di soldi pubblici per finanziare speculatori, banche, imprese a scapito della salute dei lavoratori e dei cittadini, è al servizio di una sola categoria di cittadini, quelli della classe borghese.
Il capitalismo, il sistema imperialista, nella ricerca del massimo profitto e dell’acuirsi della concorrenza commerciale, genera continuamente nuove guerre, armi di distruzione di massa e tecnologie che - inserite nel processi lavorativi e di produzione - portano nuove malattie e morte.
La crisi ha evidenziato una sostanziale identità di interessi fra i rappresentanti di “destra” e di “sinistra” del capitale nella difesa del sistema. Il capitalismo - anche quando rispetta e non trasgredisce le sue leggi, essendo basato sullo sfruttamento e sull’espropriazione dell’operaio, del lavoratore individuale e collettivo - rapina “normalmente” i proletari. Non abbiamo mai visto in Italia un padrone andare in galera per aver assassinato i lavoratori.

Pensare di eliminare i morti sul lavoro e di lavoro sulla base dell’attuale sistema di produzione è come pensare di essere liberi pur essendo in prigione. Noi non ci limitiamo a piangerli ma continuiamo a lottare. Gli omicidi dei lavoratori non sono altro che il prezzo pagato dagli sfruttati sull’altare del profitto. Essi sono il prodotto del capitalismo industriale, il capitalismo “buono” che viene spesso contrapposto a quello “cattivo” della finanza e delle banche. Tuttavia ci opporremo con forza a che si facciano nuove leggi che concedono ancor più l’impunità ai padroni assassini.

Anni di delega a partiti e sindacati che riconoscono la legittimità del profitto non hanno risolto i nostri problemi. La nostra esperienza ci dimostra che solo partecipando in prima persona, organizzandoci sui nostri interessi, la battaglia per la difesa della salute, contro lo sfruttamento degli esseri umani e la distruzione della natura può avere una prospettiva di vittoria.
Non basta che i diritti siano scritti sulla carta, non basta lottare per conquistarli: in questa società i diritti vanno difesi e riconquistati ogni giorno.

Articolo pubblicato sulla rivista Nuova Unità n. 7, dicembre 2009

Michele Michelino, Presidente del “Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio”

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