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L’Ulivo vince se apre a Rifondazione, ma occorre anche una vera politica riformista

Intervista a Fausto Bertinotti sul Messaggero del 27 maggio 2003

(30 Maggio 2003)

ROMA— «Il no alla guerra e l’attenzione al lavoro e ai bisogni della gente. E’ questa la formula magica che ha fatto volare il centrosinistra allargato a Rifondazione». Fausto Bertinotti commenta a caldo i primi dati delle amministrative e sorride perchè, ancora una volta, ha funzionato quello che lui chiama «il laboratorio Roma». Con un di più rispetto alle passate elezioni politiche. «Questa volta abbiamo fatto una campagna elettorale forte in cui sono entrati prepotentemente i temi della difesa della pace e profonde connotazioni riformiste. A Roma Enrico Gasbarra è stato un candidato ideale».

Eppure, onorevole Bertinotti, Gasbarra è un ex democristiano. Niente di più lontano da Rifondazione.

«Non è vero. Il nuovo presidente della Provincia di Roma è stato molto attento ad allargare la coalizione di centrosinistra e non l’ha fatto strumentalmente, ma assumendo come sue le nostre battaglie, a partire da quella sulla pace, per la quale ha subito associato il suo nome alla bandiera arcobaleno».
Operazione che è stata però criticata dai movimenti.
«E sbagliavano perchè saltava agli occhi l’adesione reale, sincera, a questi temi. Essere uniti è fondamentale per vincere, ma non basta».

Non è quindi sufficiente allargare l’Ulivo?

«Serve ovviamente, ma occorre anche una svolta nei programmi che vanno condivisi».

I risultati di Roma e della Sicilia hanno premiato il suo partito, e anche i Ds, i Verdi e i Comunisti italiani, ma hanno penalizzato la Margherita. Sembra che la coalizione ulivista stia pendendo decisamente a sinistra. Cosa che le farà piacere, Bertinotti.

«E invece no. Intendiamoci. Sono felice del nostro risultato e faccio notare che l’Ulivo perde smalto laddove ha creduto di essere autosufficiente, come a Brescia. Ma sarebbe sbagliato leggere in modo univoco il risultato della Margherita, la cui presenza è fondamentale nella coalizione. Del resto, Gasbarra è della Margherita. Proprio ora non dobbiamo essere manichei».
L’entusiasmo per questa vittoria la sta tirando verso il centro, Bertinotti?
«Ma no. Dico solo che occorre prestare attenzione a tutte le componenti dell’opposizione che, in questi mesi, hanno dato il loro contributo decisivo alla vittoria. Per esempio, non dobbiamo trascurare il ruolo che hanno avuto i cattolici nella battaglia per la pace».

Sta facendo un invito all’Ulivo che verrà, Bertinotti?

«La mia è una pura e semplice constatazione. Vorrei ricordare che anche alle elezioni provinciali di cinque anni fa eravamo uniti, eppure abbiamo perso. Ora invece qualcosa si muove anche in Sicilia».

Che cosa vi occorre, dunque, per tornare a vincere?

«Bisogna dare un segno di svolta e di rinnovamento. Intanto, ricomporre la coalizione è già un segnale di cambiamento. Ma non basterebbe se non si fosse data un’anima a questa alleanza, che si è riconosciuta nella forte mobilitazione contro la guerra e nella promozione dei diritti dei più deboli, ponendosi come vera alternativa alla destra. Infine, in questo voto c’è anche una avversione crescente a questo governo. In Italia sta spirando lo stesso vento che soffia in Europa, a partire dalla Spagna, dove è in crisi la destra di Aznar, pure più presentabile della nostra».

Lei parla di programmi condivisi e festeggia insieme ai partiti dell’Ulivo. Ma questa unità finirà già il 15 giugno al referendum sull’articolo 18.

«Direi che questo risultato può essere il primo passo verso un percorso diverso. Approfittiamone per spostare i rapporti politici del Pese, partendo dalla grande questione dei diritti dei lavoratori. Questa per il centrosinistra è l’occasione per ripensare la sua posizione anche di fronte al disvelamento di Berlusconi che ha individuato il referendum come il principale avversario».

di CLAUDIA TERRACINA

Fonte

  • fonte: Il Messaggero del 27 maggio 2003

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