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Tra noi e l'Ulivo c'è un abisso

Intervista de "Il Manifesto" a Marco Ferrando

(27 Luglio 2003)

Ferrando, Rutelli ha rilanciato nuovamente la proposta di accordo programmatico tra Ulivo e Prc. La minoranza di Rifondazione è contraria. Perché?

Perché un simile accordo non avrebbe il minimo fondamernto programmatico di classe. Che le trattative in questa direzione siano state avviate proprio nel corso di una campagna referendaria nella quale i liberal dell'Ulivo erano tutti schierati sulla posizone opposta a quella del Prc, con Berlusconi e con la Confindustria è sconcertante.

Secondo voi non ci sono i presupposti neppure per verificare la possibilità di un accordo programmatico?

No. L'ipotesi di Bertinotti, secondo cui l'Ulivo sarebbe cambiato, si scontra con la realtà quotidiana. Le proposte di Rutelli in politica estera dopo l'incontro con Blair sono in merito un esempio eloquente. Un'altra tesi della maggioranza è che l'Ulivo stia cambiando in virtù delle sue contraddizioni. Ma questo era vero anche nella fase segnata dal dissenso di Cofferati, ma allora la leadership del Prc adoperava il caso Cofferati proprio per dimostrare che l'Ulivo era irriformabile.

Tuttavia quelle contraddizioni interne all'Ulivo esistono davvero...

Certamente, ma bisogna saperci entrare da un versante di classe. Ad esempio separando quel popolo di 11 milioni di persone che ha votato a favore del referendum sull'art.18 dal centro liberal. Noi invece ci stiamo entrando dal versante opposto. Con una proposta di governo comune. La pretesa di incastrare i movimenti dentro questa prospettiva è la cosa più preoccupante. Noi, al contrario, dovremmo fare il possibile per rendere i movimenti autonomi dai liberal.

Non è un bel po' pregiudiziale un giudizio simile quando i tentativi di trovare un accordo sono appena iniziati?

La vera posizione pregiudiziale è quella del segretario. Prescinde non solo da quel che è successo negli ultimi 10 anni, ma anche dall'oggi. Se così non fosse non si potrebbe fare a meno di concludere che un accordo programmatico è impossibile, che le condizioni per aprire un confronto programmatico non ci sono. Diritti, politica estera, pensioni: non c'è un solo punto in cui questo non sia confermato dall'esperienza quotidiana. Se il confronto viene aperto lo stesso è proprio perché c'è una volontà pregiudiziale di raggiungerlo comunque.

Bertinotti afferma, a ragione, che c'è una pressione della base in nome della necessità di cacciare Berlusconi...

Ma se proprio la minoranza, nel documento congressuale affermava la centralità di questo problema, e allora ci dicevano che eravamo politicisti e intempestivi. Il problema non è cacciare Berlusconi, ma chi lo caccia per cosa.

In concreto non si vede però come questa linea risponda all'esigenza di impedire una nuova vittoria della destra...

Noi non siamo contrari ad accordi tecnici-elettorali in funzione anti berlusconi, solo nei collegi a rischio e con candidati provenienti dal fronte referendario. Si possono studiare accordi simili, ma un'intesa programmatica per governare insieme è tutt'altra cosa.

Come vi muoverete nel partito?

Siamo impegnati nella battaglia più importante della nostra storia, perché deciderà non delle sorti della minoranza ma dello stesso Prc. L'accordo di governo sarebbe la distruzione delle ragioni di esistenza di Rifondazione sul piano politico e sociale. Abbiamo avviato una campagna estiva con una petizione, firmata anche da militanti della maggioranza, che chiede di non imboccare questo sentiero e di convocare un congresso straordinario. Anche perché questa svolta non ha alcun fondamento democratico. L'ultimo congresso aveva deciso tutt'altra linea.

E quando dovrebbe svolgersi, secondo voi, il congresso straordinario?

In tempi brevi. Certo non a fatto compiuto, e neppure alla vigilia del fatto compiuto o a metà strada.

A. CO. (Il Manifesto di sabato 26 luglio)

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