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La fabbrica della paura

La fabbrica della paura

(5 Gennaio 2010) Enzo Apicella

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Clamori dalla Colombia

(4 Luglio 2010)

20/06 - NUOVO SCANDALO IN COLOMBIA: SANTOS AZIONISTA DELL'IMPRESA CHE GESTISCE LA LOGISTICA ELETTORALE!

Diversi settori hanno denunciato pubblicamente che il candidato presidenziale del partito della U, ed ex ministro della guerra sotto Uribe, Juan Manuel Santos, è azionista della ditta incaricata della logistica alle elezioni colombiane, la Unión Temporal Disproel (UTD).
La UTD, che ha ottenuto dal Registro Nazionale dello Stato Civile (RNEC, l'istituzione organizzatrice delle elezioni in Colombia), l'appalto per la distribuzione di formulari e kit elettorali, e della gestione logistica delle schede, è formata da un consorzio di imprese, alcune delle quali direttamente relazionate a Santos.
La UTD prepara sia le schede di prova sia quelle che si utilizzano effettivamente nelle elezioni, i kit elettorali, trasporta il complesso delle schede ai diversi municipi e ai seggi elettorali, raccoglie i formulari nonché le schede stesse dopo le elezioni; controlla dunque la logistica dell'intero processo delle votazioni.
Stando ai documenti presentati a sostegno della denuncia, il guerrafondaio candidato uribista dal 2002 al 2006 ha addirittura preso parte al consiglio di amministrazione di quattro di tali imprese, in qualità di azionista.
Dunque il narco-stato colombiano, attraverso il RNEC, ha appaltato la gestione delle elezioni ad una impresa nella quale il candidato strafavorito alle stesse elezioni è stato parte della giunta direttiva!
Ciò si aggiunge a quanto manifestato dalla Missione di Monitoraggio Elettorale, che ha denunciato la compravendita di voti, le estorsioni ai danni della popolazione civile da parte dei gruppi paramilitari e svariate forme di ricatto, il tutto a vantaggio di Santos.
L'intero sistema elettorale è corrotto fino al midollo, e i risultati di tali elezioni sono totalmente delegittimati; si tratta di un processo farsa, i cui esiti sono stati decisi a Washington, nelle cui mani la Colombia , più che un fedele alleato, è un semplice burattino: a tutto vantaggio del Pentagono, delle multinazionali e dell'oligarchia compradora.

23/06 - MONCAYO: URIBE MI HA INSULTATO E UMILIATO QUANDO LAVORAVO PER LA LIBERAZIONE DI MIO FIGLIO

Il professor Gustavo Moncayo, padre del caporale Pablo Emilio Moncayo, recentemente liberato dalle FARC come gesto unilaterale per facilitare l'apertura di un negoziato per l'interscambio umanitario di prigionieri di guerra, ha dichiarato di essere stato pubblicamente umiliato da Uribe quando cercava soluzioni per poter liberare suo figlio.
Il professore, nel giugno del 2007, aveva iniziato una marcia di centinaia di chilometri, con destinazione Bogotá, per sensibilizzare l'opinione pubblica nazionale e internazionale sul tema.
“Ho marciato con l'illusione di arrivare a Bogotá e di sentirmi dire dal governo: bene, professore, facciamo un interscambio umanitario. Niente. Al contrario, sono stato umiliato proprio da Uribe in piazza Bolívar. Il mondo ne è stato testimone”.
Il 18 giugno scorso, lontano dai centri del potere da dove spesso è stato insultato dai narcogovernanti colombiani, primo fra tutti il mafioso Uribe, il professor Moncayo ha dichiarato:
“Nella campagna elettorale appena terminata non c'è stato un solo candidato impegnato per la pace in Colombia. Credo che nessuno di loro conosca da vicino il dramma degli sfollati, che nessuno abbia sentito sulla propria pelle il dolore dei familiari degli scomparsi, dei massacrati, di quelli che sono stati cacciati forzosamente dalle loro terre dai paramilitari per diventare cibo per coccodrilli”.
“Ora mio figlio è libero”, ha proseguito, “ma continuo ad insistere sull'urgenza non solo di un accordo con le organizzazioni armate, ma anche di soluzioni ai problemi di sanità, educazione, casa”.
“In questo iter”, ha concluso il professore, “ho conosciuto molte altre vittime, sfollati, familiari di desaparecidos, disoccupati. Senza essermelo proposto, mi sono trovato immerso in una problematica sociale molto più grande. Ci sono molti drammi che hanno toccato le mie fibre. Ora sono il risultato di tutto questo. Perciò sono convinto che occorre cercare l'uscita dal conflitto attraverso la negoziazione, non la guerra”.
La politica guerrafondaia di Uribe non ha prodotto alcun risultato, se non un aumento generalizzato del conflitto; d'altronde, senza rimuovere le cause sociali, politiche ed economiche che originano ed alimentano la guerra civile in Colombia, non sarà possibile ottenere una vera e duratura pace.
Se il successore di Uribe, come ampiamente prevedibile, non porrà le basi per un accordo umanitario, passaggio propedeutico indispensabile (benché non sufficiente) alla risoluzione del conflitto sociale ed armato, la pace resterà una chimera.

27/06 - GIUDICE MINACCIATA DI MORTE PER AVER EMESSO UNA SENTENZA CONTRO COLONNELLO

Con la prima sentenza a distanza di 25 anni dai fatti, la giudice Maria Stella Jara ha condannato a 30 anni di reclusione il colonnello Alfonso Plazas Vega, che nel 1985 aveva diretto il blitz militare contro la guerriglia del M-19 (Movimento 19 aprile) nel Palazzo della Corte Suprema di Giustizia a Bogotá, e che è stato riconosciuto come il responsabile della ‘sparizione forzata e aggravata’ di 11 persone.
A tutt'oggi, infatti, si ignora la sorte degli 11 guerriglieri sopravvissuti all'attacco (costato la vita anche ai sequestrati ed ai lavoratori della Corte) e visti uscire vivi dal Palazzo da alcuni testimoni.
Un caso emblematico per la storia giuridica del paese, che vede tra gli indagati l’intera cupola militare e della polizia di allora.
Nel corso degli anni la funzionaria è stata osteggiata nel suo lavoro dagli stessi apparati del regime colombiano. Dopo la pubblica lettura della sentenza le intimidazioni, arrivatele a partire dallo scorso anno ed intensificatesi all’inizio del 2010, hanno lasciato il posto a vere e proprie minacce di morte; la giudice ha infatti rivelato di aver ricevuto due biglietti in cui vengono espresse le condoglianze per la scomparsa sua e della sua famiglia.
Maria Stella Jara, madre di un figlio, ha sottolineato che la stessa polizia ammette che ci sono rischi elevati di un attentato: ha inoltre denunciato la latitanza dell'esecutivo rispetto alla sua situazione, e per questo motivo ha dovuto rivolgersi alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH), che lo scorso giovedì 10 giugno ha sollecitato il governo colombiano affinché “adotti tutte le misure necessarie a garantire la vita e l’integrità personale” della giudice.
In occasione del pronunciamento contro il congedato colonnello Plazas, il narcopresidente Uribe, accompagnato dal ministro della Difesa Gabriel Silva e dagli alti comandi militari, ha dichiarato che la sentenza “genera profondo dolore e mancanza di stimoli alle reclute delle Forze Armate che hanno il compito di dare sicurezza ai colombiani”.
A quale sicurezza si riferisce il narco-presidente uscente? Certo non a quella dei milioni di sfollati o disoccupati, o dei sindacalisti, dei leader popolari, indigeni, studenteschi o contadini sterminati dai paramilitari e dalle stesse Forze Armate che oggi fanno quadrato intorno a Plazas Vega.
Uribe difende pubblicamente i suoi complici, salvo scaricarli quando diventano pericolosi per la sua impunità. Ma si avvicina il giorno in cui dovrà pagare per i suoi crimini di lesa umanità.

01/07 - PROSEGUE L'INGIUSTA DETENZIONE DELL'ATTIVISTA CARMELO AGÁMEZ BERRIO

Dopo l'ingiusto arresto del 15 novembre 2008 Carmelo Agámez Berrio, segretario del MOVICE (Movimento Vittime dei Crimini di Stato) rimane in carcere nonostante non esistano prove concrete a suo carico.
Carmelo Agámez Berrio è uno dei pochi sopravvissuti al genocidio perpetrato nei confronti della Unión Patriótica, il movimento politico di opposizione sterminato da esercito e narco-paramilitari tra gli anni’80 e ‘90.
Nel corso della sua vita ha subito minacce e detenzioni, che lo hanno portato a dover vivere in esilio per diversi anni; nel 2006 la Commissione Interamericana per i Diritti Umani (CIDH) ha sancito nei suoi confronti alcune misure di protezione personale, per via delle costanti minacce di cui è stato vittima.
Il 13 novembre del 2008, in piena notte, cinque uomini in borghese, qualificatisi come poliziotti, sono entrati violentemente nell'abitazione dell'attivista senza nessun mandato della magistratura; i sedicenti poliziotti hanno effettuato una perquisizione senza riscontrare nulla e senza rinvenire Carmelo, che si trovava fuori casa.
Due giorni dopo Agámez si presentò alla procura di Sincelejo accompagnato dal suo avvocato; un magistrato lo interrogò per alcune ore e ne dispose l’arresto, nonostante si fosse presentato spontaneamente alla procura.
Attualmente, il difensore dei diritti umani si trova in carcere con l' accusa assurda di appartenenza a gruppi paramilitari, ovvero quei gruppi che lui ha costantemente denunciato e dai quali è stato dichiarato obiettivo militare.
Nei primi di giugno alcuni integranti del MOVICE sono riusciti ad avere l'autorizzazione per fargli visita in carcere e constatare la sua reale situazione, che ha dichiarato che la magistratura ancora non ha preso in considerazione il ricorso contro la carcerazione presentato dal suo avvocato oltre un anno fa; ha inoltre denunciato le costanti difficoltà che incontra per accedere alle cure mediche, a causa del duro regime carcerario cui è sottoposto.
Alla domanda su quale sia la situazione in cui vivono attualmente gli integranti del MOVICE, Agámez ha risposto testualmente “Ci restano principalmente tre possibilità: o ci uccidono, o ci arrestano, o ci sfollano”.
Ha inoltre chiarito la strategia del regime, che punta a limitare il lavoro di ricerca della verità e denuncia del MOVICE con l'obiettivo di confondere le acque e criminalizzare le vittime. Infine, l'attivista ha ricordato che con questo sistema è stato ucciso lo scorso 18 maggio un altro difensore dei diritti umani, Rogelio Martínez Mercado, che era stato descritto come un integrante del paramilitarismo.
Il quadro descritto da Agámez è chiarissimo: il narcoregime colombiano porta avanti la sua azione sistematica per zittire le voci di denuncia degli attivisti delle organizzazioni popolari e di difesa dei diritti umani; e quando non arriva la violenza istituzionale, ci pensano le squadracce paramilitari a finire il lavoro.

Associazione nazionale Nuova Colombia

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