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Arabia saudita: donne in affari vogliono piena indipendenza

Le imprenditrici di Jeddah cercano di liberarsi dal «guardiano» maschile. Timidi segnali di cambiamento sociale aprono la strada alle donne lavoratrici

(2 Novembre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

DI ELENA ARANTES

Roma, 02 novembre 2010 (foto dal sito www.ameinfo.com), Nena News - Dal paese dei wahabiti ultraconservatori ma fedeli alleati degli Stati Uniti e degli interessi occidentali nel Vicino Oriente, dalla monarchia assoluta forte delle sue severe leggi tribali, non arrivano spesso notizie riguardanti le donne «in carriera». E ciò non sorprende più di tanto in un paese dove sono innumerevoli i diritti fondamentali negati alla popolazione femminile.

Sorprendente perciò è l'esenzione ottenuta da due donne saudite trentacinquenni di Jeddah, Dania Nassif e Dania al-Hamrani, per poter registrare la loro nuova società di produzione dei documentari televisivi alla locale Camera di Commercio senza dover nominare come direttore un «prestanome» maschio, come previsto dal regolamento.

Le due imprenditrici, infatti, sono riuscite a convincere il Ministro del Commercio e dell'Industria a non applicare la legge saudita che obbliga una donna ad avere un «mahram», un guardiano (in genere il parente maschile più stretto), per concederle il permesso a fare qualsiasi cosa, perfino nel mondo degli affari.

Così le due donne hanno sfidato l'intera struttura sociale saudita per mettere in piedi il loro progetto, a partire dalla mentalità delle loro famiglie. «Abbiamo affrontato delle obiezioni iniziali dalle nostre famiglie e dai nostri parenti», ha detto Nassif all’agenzia di stampa france Afp, «che consideravano il campo della produzione televisiva un campo prettamente maschile. Ma adesso ci appoggiano»,

«All'inizio abbiamo affrontato ostacoli per poter ottenere i visti ed i permessi, ma»,continua Nassif «siamo riuscite a superare anche questi. Siamo riuscite a infrangere un tabù convincendo il ministero del commercio a non obbligarci a nominare un direttore maschile per la nostra società privata».

Nassif ha spiegato la semplice motivazione dietro tutti gli sforzi suoi e della sua collega: «Non vogliamo che un uomo interferisca nel nostro progetto».

Per la legge saudita, il marito di una donna sposata le fa automaticamente da guardiano; mentre per una donna non sposata, il guardiano può essere suo padre, o perfino un suo fratello (anche minorenne) o suo figlio.

«Quello di cui abbiamo bisogno oggi è il diritto di prendere decisioni da sole senza dover rincorrere al consenso di un guardiano maschile», ha ribadito, ancora alla Apf, Rania al-Sulaimani, proprietaria di un centro di estetica anche esso nella città saudita sulle sponde del Mar rosso.

Al-Sulaimani, laureata in scienze informatiche negli Stati uniti, sostiene di avvertire qualche cambiamento in corso nel regno: «L'atteggiamento della società nei nostri confronti è cambiato e cominciamo a vedere le donne incoraggiate ad avviare le proprie attività economiche», ha affermato.

A Jeddah, città considerata fra le più aperte nel regno, le donne d'affari sono rappresentate nel consiglio della Camera di Commercio. L'anno scorso il re Abdullah ha anche nominato una donna vice ministro, la posizione pubblica più di rilievo mai assegnata sino ad oggi ad una donna in Arabia saudita.

Se l'Arabia saudita è da un lato un paese noto per le sue rigide tradizioni e per il peso enorme delle gerarchie religiose wahabite (una corrente islamica oltremodo rigida, peraltro non osservata dalla maggioranza dei musulmani nel mondo), dall’altro è anche un paese tecnologicamente molto avanzato, dalle enormi riserve petrolifere e pienamente inserito nel sistema finanziario internazionale.

Potrebbero essere proprio le leggi dell’economia globalizzata a rendere più malleabile le restrizioni al sesso femminile nel regno? E’ difficile dirlo quando solo il 14% delle saudite lavora e quasi la totalità di questa percentuale sono insegnanti. Le donne saudite, a cui è vietato perfino guidare, continuano ad affrontare difficoltà enorme nell'ottenimento dei permessi e a causa di una mancanza di finanziamenti per progetti imprenditoriali femminili.

«Nuovi campi al di là di quello dell'insegnamento dovrebbero aprirsi alle donne», afferma Bassma Umair, direttrice del centro delle donne Khadija bint Khweiled alla Camera di Commercio di Jeddah. «Speriamo che la procedura necessaria per ottenere i permessi si faciliti...Molte donne dipendono da loro stesse e dalle loro famiglie per finanziare [i loro progetti imprenditoriali]”, aggiunge. Ma nonostante questi ostacoli anche Umair vede un cambiamento: “C'è un chiaro miglioramento nell'atteggiamento della società per quanto riguarda il lavoro per le donne. Siamo ottimiste per il futuro».

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