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Giordania: urne aperte, scontato esito voto

Due milioni e mezzo di elettori sono chiamati a rinnovare la Camera bassa. La legge elettorale favorisce la circoscrizioni fedeli alla monarchia a danno di quelle popolate da giordani di origine palestinese. Gli islamisti boicottano il voto.

(9 Novembre 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

Giordania: urne aperte, scontato esito voto

foto: www.nena-news.com

Amman, 09 novembre 2010, Nena News – Urne aperte da stamattina alle 7 in Giordania. Circa 2,5 milioni di elettori sono chiamati a scegliere 120 seggi della Camera tra i 763 i candidati, tra i quali 134 donne in competizione per i dieci posti della «quota rosa». I seggi si chiuderanno ufficialmente alle 19 e i primi risultati sono attesi in serata.

Le elezioni giungono un anno dopo lo scioglimento dell’assemblea da parte di re Abdullah in seguito alle denunce di brogli avvenuti durante le precedenti consultazioni. In Giordania il Parlamento è diviso in due camere, quella bassa eletta a suffragio universale e quella alta, il Senato, di nomina regia che tutela gli interessi vitali della monarchia (lo Statuto prevedere l’approvazione dei 55 membri del Senato di ogni iniziativa legislativa).

Il voto in questo regno arabo alleato di ferro degli Stati Uniti e dell’Occidente, non riserverà sorprese di rilievo, proprio come avvenuto nelle consultazioni passate. La nuova legge elettorale infatti continua a mantenere elevate le rappresentanze nelle zone rurali, poco popolate e dove vivono soprattutto i beduini fedeli alla monarchia hashemita, e a penalizzare la capitale Amman e le città più grandi, come Irbid e Zarqa, dove si concentrano i giordani di origine palestinese (circa il 60% della popolazione secondo dati non ufficiali) e si registra un largo sostegno al Fronte di Azione Islamica (Fai), principale partito di opposizione e braccio politico del movimento dei Fratelli Musulmani.

Non sorprende perciò che dal voto sia assente l’opposizione, a cominciare proprio dal Fai.«Queste elezioni saranno una farsa, tutto è stato organizzato per sfavorire i partiti politici, partecipare vorrebbe dire prestarsi ad un gioco che è inaccettabile», ha spiegato Hamzah Mansour del Fai invitando i giordani a boicottare i seggi elettorali. Nei giorni scorsi il partito islamico ha espulso cinque membri che avevano proclamato l’intenzione di partecipare alle consultazioni.

Sebbene l’esito del voto sia scontato e il re abbia la certezza di potersi confrontare nelle prossime settimane con un Parlamento «addomesticato», la campagna elettorale, tra censure e limitazioni di alcune libertà fondamentali, ha toccato alcuni temi di grande attualità in Giordania. A cominciare dalla situazione economica. Gli aiuti internazionali e i 600 milioni di dollari donati dagli Stati Uniti nell’ultimo anno, non hanno aiutato l’economia giordana (cresciuta quasi del 7% nel 2007 ma solo del 2,9% nel 2009). Il deficit di bilancio ha raggiunto i 2 miliardi di dollari e la disoccupazione tocca il 13% secondo i dati ufficiali (in realtà sfiorerebbe il 30%). Per tamponare il deficit l’esecutivo ha perciò tagliato sussidi e pensioni e attuato un programma di privatizzazioni che ha colpito la classe media, formata in prevalenza da dipendenti pubblici. Una scelta che ha generato malumore e proteste nella maggioranza della popolazione che fa i conti con un costo della vita mediamente più alto rispetto ad altri paesi arabi della regione.

Ma al centro del dibattito nazionale c’è sempre anche la questione palestinese. I giordani «originali» premono sul regime affinché vengano tenuti ai margini i giordani di origine palestinese. I nazionalisti, molto forti nelle fila dell’esercito, pongono la questione «etnica» e «denunciano» che circa 2 milioni di palestinesi hanno la cittadinanza giordana, 850 mila avrebbero una cittadinanza «illegale» mentre altri 950 mila palestinesi della Cisgiordania e 300 mila di Gaza vivrebbero stabilmente nel paese grazie ai permessi forniti dal ministero dell’interno. Aggiungono che esisterebbe un piano segreto di Israele (e non solo) per il «trasferimento silenzioso» per fare della Giordania il futuro Stato di Palestina.

Il pugno di ferro del regime, di fronte al malessere sociale, si è fatto più pesante negli ultimi mesi. A fine agosto è stata approvata una legge volta a regolamentare il sistema dell’informazione ma che in realtà colpisce la libertà di espressione in internet (sono stati chiusi 50 siti) e Human Rights Watch ha denunciato, l’ultima volta lo scorso 20 ottobre, la violazioni di diritti fondamentali e fermi di oppositori: a settembre sono stati arrestati attivisti del Partito di unità popolare che protestavano contro la nuova legge elettorale e il 9 ottobre sono finiti in manette una quarantina di giovani che avevano manifestato contro le politiche di governo e monarchia.

Dal voto uscirà un Parlamento ancora più fedele a re Abdallah e dominato dalle tribu' sostenitrici della monarchia hashemita. Gli analisti intanto prevedono un calo della percentuale dei votanti sintomo della disaffezione per la politica e le istituzioni che attraversa la società giordana. Nena News

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Nena News

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