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Egitto: vince il si

Una vittoria netta: al referendum sugli emendamenti costituzionali, il 77% degli egiziani ha detto si, contro il 23% dei no.

(22 Marzo 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

Egitto: vince il si

foto Al Jazeera

DI SILVIA MOLLICHI

Cairo 21 Marzo 2011, Nena News (foto Al Jazeera) - Fin dalla tarda mattinata di ieri, la maggioranza dei governatorati fuori la capitale davano il “si” in vantaggio. La circoscrizione di Alessandria è rimasta indecisa fino alla serata di ieri. Alle sette del pomeriggio, solo un terzo dei voti della città costiera era stato contato e il “no” stava vincendo con un solido 65%. Poco più tardi, sono arrivati i risultati ufficiali nazionali. Su 45 milioni di cittadini aventi diritto, 18 milioni e mezzo hanno votato. Il 77,2% di loro ha scelto di approvare gli emendamenti costituzionali presentati dalla Commissione di revisione istituita dall’Alto Consiglio delle Forze Armate. Per i risultati ufficiali, solo 4 milioni di egiziani, invece, ha votato “no”.

Sabato pomeriggio, i seggi dei quartieri di Garden City e Sayyida Zeinab al Cairo erano affollati di persone. Molti dichiaravano sorridenti di aver appena votato per la prima volta nella loro vita. Ragazzi e ragazze uscivano dai seggi e fotografavano le dita segnate dall’inchiostro indelebile rosa, segno di voto effettuato. Fino a poco tempo fa, andare alle urne era considerato un gesto inutile se non pericoloso, un modo per legittimare un regime repressivo. L’affluenza al voto del 19 marzo è un dato storico, un segno tangibile di un cambiamento in atto nella società egiziana. Se la stima di un 60% di partecipanti di ieri pomeriggio è stata ridimensionata nella serata ad un 41%, la percentuale finale è, comunque, un successo. Costituisce un notevole balzo in avanti rispetto al 5-6% dichiarato dai membri dell’Andalus Institute for Tolerance and anti-Violence Studies del Cairo come la media dell’affluenza alle precedenti tornate elettorali.

In festa anche i supervisori, incaricati di controllare la regolarità dei seggi. Alcuni di loro hanno dichiarato al quotidiano locale Al-Masry Al-Yowm di essere riusciti a lavorare dignitosamente per la prima volta in decenni. Hanno ricordato le precedenti elezioni e le irregolarità che erano costretti a rilevare nella più totale impotenza. Le modalità assurde con cui si trovavano a denunciare i casi di schede corrette, urne riempite prima dell’entrata degli elettori, votanti fermati all’entrata dai seggi, allo stesso Ministero degli Interni che truccava i risultati. Due esempi di irregolarità su tutti, proprio le ultime elezioni per il Majlis al-Shura e Majlis al-Sha’ab (camera alta e camera bassa del parlamento egiziano), tenutesi rispettivamente a giugno e novembre 2010.

Nonostante un generale ottimismo sulla regolarità del voto di sabato, comunque, alcuni cittadini e attivisti per i diritti umani hanno riportato casi di irregolarità e tensioni all’entrata dei seggi. A Kafr el-Sheikh, due membri del Partito Nazional Democratico (PND), ex-partito al governo, hanno cercato di ostacolare l’entrata al seggio di alcuni votanti intenzionati ad appoggiare il “no”. L’esercito è intervenuto per ristabilire l’ordine. Momenti di tensione e scontri sono stati registrati anche a Minya, Beni Souef e nel quartiere 6 Ottobre, alla periferia del Cairo. A questi si aggiunge l’attacco a Muhammad el-Baradei. L’ex presidente dell’Aiea, uno dei leader più noti dell’opposizione egiziana, e alcuni suoi supporter sono stati attaccati mentre stavano andando a votare presso il seggio di Muqattam al Cairo. Gli aggressori sono stati riconosciuti come uomini assoldati dal PND.

Tra altre novità approvate, gli emendamenti introducono una riforma del mandato presidenziale, ridotto a quattro anni per un massimo di due mandati consecutivi. Cambiano le regole per la candidatura, che sarà aperta, di fatto, anche agli indipendenti. E, in generale, viene ridimensionato il potere della prima carica della repubblica con nuove restrizioni sullo stato di emergenza in vigore dal 1981.

La riforma che solleva più perplessità è quella che riguarda l’articolo 75. I candidati alla presidenza devono essere cittadini egiziani; né il candidato né i suoi genitori possono avere o aver detenuto in passato altra cittadinanza che quella egiziana; e i candidati non possono essere sposati a persona non egiziana. Come hanno fatto notare alcuni giovani attivisti, con l’articolo 75, molti veterani della scena politica egiziana, che hanno sfidato il regime negli ultimi anni, non potranno correre per la presidenza.

Riforme in ogni caso insufficienti, secondo i sostenitori del “no”, che chiedevano una riscrittura completa della Carta Costituzionale del 1971 (basata sulla Costituzione francese) prima di procedere con le elezioni presidenziali e parlamentari. Il timore dei contrari agli emendamenti è che le nuove entità politiche, nate durante la protesta degli ultimi mesi, non abbiano il tempo per organizzarsi. Gli unici due partiti a raccogliere il vantaggio in una corsa che rischia di essere impari sarebbero la Fratellanza Musulmana e il suo nuovo partito, Giustizia e Libertà, e il PND -le due forze politiche che di più hanno spinto la campagna per il “si”. Nelle ultime settimane, molti attivisti della coalizione dei Giovani della Rivoluzione del 25 Gennaio hanno sollevato proprio il problema della tempistica delle elezioni, non solo parlamentari e presidenziali previste per i prossimi mesi, ma dello stesso referendum. Il sospetto è che, se si fosse aspettato, la campagna per il “no” avrebbe potuto organizzarsi meglio e raggiungere un più largo numero di votanti. Correndo al voto, probabilmente, chi aveva strutture di consenso già pronte è riuscito a costruire una campagna più efficace.

In ogni caso, ad emendamenti approvati, si aprono gli scenari del dopo. Se non esisteva praticamente alcuna time-table fissata dall’Alto Consiglio delle Forze Armate del generale Tantawi, in caso di voto negativo, con la vittoria del “si”, i prossimi passi previsti sono le elezioni parlamentari e presidenziali, in quest’ordine.

Come dichiarato dal giudice Ahamd Mekki, anzitutto si attende una dichiarazione costituzionale, con funzione operativa durante i mesi di transizione, da parte del Consiglio delle Forze Armate. Poi, scrive su The Guardian Tarek al-Bishry -presidente della Commissione che ha stilato gli emendamenti votati- l’Alto Consiglio militare sarà obbligato a seguire la strada proposta che comincia proprio dalle elezioni parlamentari, da convocare per i prossimi due o tre mesi. I deputati eletti selezioneranno una commissione di 100 membri che lavorerà alla riscrittura della Costituzione sotto garanzia del nuovo presidente della repubblica a cui Tantawi passerà ogni potere e responsabilità. La nuova Carta dovrà essere presentata agli egiziani entro un anno e sottoposta a referendum.

Fin da prima di sabato, i leader dei partiti sostenitori del “no” e la guida suprema della Fratellanza Musulmana, Muhammad al-Badie, avevano dichiarato che avrebbero rispettato il risultato del voto qualunque esso fosse. Questo sembra anche l’atteggiamento generale dei cyber-attivisti, come indicano i loro messaggi pubblicati sui vari social forum. Il messaggio twitter di Wael Ghonim, uno devi volti più discussi della protesta egiziana, sabato scorso recitava: “I voted "No" but if the majority voted "Yes", I'll respect the decision of the majority. We are now experiencing Democracy 101”, ad indicare il nuovissimo corso democratico che si apre di fronte al paese. I prossimi mesi diranno quanto questo processo sia veramente democratico e plurale, di sicuro, da domani cominciano i lavori per preparare le future campagne elettorali.Nena News

Nena News

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