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Bahrein: armi americane e francesi per reprimere le proteste

Mentre nel paese è in vigore la legge marziale, una missione di Amnesty International, rende note le prove dell’uso eccessivo e sistematico della forza da parte di polizia e esercito. Identificate munizioni, lacrimogeni, manganelli, granate, usati per reprimere le proteste: vengono dagli USA e dalla Francia.

(26 Marzo 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

Bahrein: armi americane e francesi per reprimere le proteste

foto: www.nena-news.com

Roma, 26 Marzo 2011, Nena News - E’ uscito in questi giorni un nuovo documento redatto da Amnesty International: l’organizzazione per i diritti umani ha denunciato che a febbraio le forze di sicurezza hanno usato proiettili letali e attaccato con estrema violenza i manifestanti, senza alcun preavviso, per poi aggredire gli operatori sanitari e impedire loro di soccorrere le persone ferite.

Il rapporto, che si basa su testimonianze di prima mano raccolte da una missione di ricerca di Amnesty International in Bahrein, è stato diffuso mentre nel paese continuano le manifestazioni di protesta da parte degli attivisti pro-democrazia contro la monarchia assoluta di re Hamad al Khalifa, e mentre si fanno sempre più duri i mezzi di repressione delle forze di sicurezza bahrenite e dei soldati inviati dall’Arabia saudita e dagli Emirati.

Ancora ieri, nella “Giornata della Rabbia”, la polizia ha represso le proteste nella capitale Manama, con un masiccio uso di gas lacrimogeni, mentre sono stati dispiegati in tutta la città posti di blocco, e forze di sicurezza. Un uomo di 71 anni è morto per asfissia dopo che proprio i gas lacrimogeni erano stati lanciati nel villaggio di Mameer. Ma le vittime delle proteste nell’ultimo mese, sono almeno 20.

‘E’ allarmante vedere le autorità del Bahrein replicare la stessa tattica usata a febbraio ma in modo molto più intenso’ – ha dichiarato Malcolm Smart, direttore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. ‘Il governo sembra aver deciso che il modo di affrontare le proteste sia la repressione violenta, una posizione totalmente insostenibile e che da’ un inquietante esempio in una regione dove anche altri governi si trovano di fronte a richieste popolari di cambiamento’.

‘Le autorita’ devono esercitare il dovuto controllo sulle forze di sicurezza, difendere e proteggere i diritti alla liberta’ di espressione, associazione e assemblea, compreso il diritto di protestare pacificamente’.

Hani Mowafi, un medico statunitense che ha preso parte alla missione di ricerca di Amnesty International, ha potuto verificare come le forze di sicurezza durante le violenze di febbraio abbiano usato proiettili letali da corta distanza, mirando alla testa, al petto e all’addome dei manifestanti. Il 18 febbraio, hanno anche usato fucili caricati con proiettili di medio e grande calibro.

Il peggiore episodio di violenza finora ha avuto luogo la mattina del 17 febbraio, con l’uccisione di cinque persone. Testimoni hanno descritto ad Amnesty International scene, che potrebbero essersi ripetute il 16 marzo, in cui dopo che i carri armati avevano bloccato l’accesso a piazza della Perla, gli agenti di polizia hanno usato fucili, gas lacrimogeni, manganelli, proiettili di gomma per disperdere i manifestanti, molti dei quali erano accampati sul posto.

Un testimone ha riferito che il 17 febbraio gli agenti antisommossa sparavano da piu’ postazioni, compreso un ponte sopra la piazza, mentre i manifestanti cercavano disperatamente un riparo. Sono state ferite anche persone chiaramente identificabili come operatori sanitari, presi di mira mentre cercavano di prestare le prime cure ai feriti, in piazza della Perla o nelle immediate vicinanze.

Il 3 marzo, nel corso di una sua visita a Londra, il ministro dello Sviluppo sociale del Bahrein ha comunicato ad Amnesty International che il governo aveva avviato un’indagine sulle uccisioni, le cui conclusioni sarebbero state riferite direttamente al re e che due agenti delle forze di sicurezza erano stati arrestati. L’organizzazione per i diritti umani ha chiesto un’indagine indipendente, approfondita e trasparente.

‘Tutte le azioni delle forze di sicurezza contro i manifestanti poste in essere a partire da febbraio devono essere oggetto di indagini complete e indipendenti. Chi ha ordinato e usato la forza contro persone che protestavano pacificamente dev’essere identificato e chiamato a rispondere di cio’ che ha fatto. Non puo’ esservi impunita’ per le uccisioni illegali, le aggressioni e le altre violazioni dei diritti umani commesse contro i manifestanti e gli operatori sanitari’.

Amnesty International ha identificato alcune delle munizioni rinvenute dopo il raid del 17 febbraio a piazza della Perla, tra cui gas lacrimogeni e manganelli di gomma di 37 cm prodotti negli Usa, cosi’ come granate lacrimogene e granate da ‘dispersione’ di fabbricazione francese, queste ultime progettate per frammentarsi in 18 pezzi che producono un suono assordante.

L’organizzazione per i diritti umani ha chiesto ai governi che forniscono armi al Bahrein di sospendere immediatamente il trasferimento di armi, munizioni e altro equipaggiamento relativo che potrebbero essere usati per compiere ulteriori violazioni dei diritti umani. Agli stessi governi, Amnesty International ha chiesto anche di riesaminare urgentemente i programmi di addestramento per le forze di sicurezza, la polizia e l’esercito del Bahrein.L’uso eccessivo e senza preavviso della forza da parte delle forze di sicurezza del Bahrein ha spinto il governo del Regno Unito a revocare alcune licenze all’esportazione di armi mentre quello francese ha sospeso l’esportazione di equipaggiamento di sicurezza.

Nota bene: La missione di Amnesty International, composta da due ricercatori e da un medico statunitense specializzato in salute pubblica e cure d’emergenza, ha visitato il Bahrein dal 20 al 26 febbraio. Ha intervistato testimoni delle violenze di meta’ febbraio, persone ferite e loro parenti, personale in servizio negli ospedali e negli obitori cosi’ come rappresentanti del governo e attivisti per i diritti umani.

Nena News

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