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Israele: in arrivo nuove colonie

L’amministrazione civile israeliana autorizza 500 nuove unità abitative nella colonia di Shilo e la legalizzazione di un avamposto illegale. Un ulteriore colpo al processo di pace, nonostante il tentativo di rianimare i negoziati mediati da Amman.

(23 Febbraio 2012)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in nena-news.globalist.it

Israele: in arrivo nuove colonie

foto: nena-news.globalist.it

IKA DANO

(Nella foto: ripresa aerea di Ma'ale Adumim, più grande colonia israeliana)

Beit Sahour (Cisgiordania), 23 Febbraio 2012, Nena News - Da ieri c'è un nuovo ostacolo alla ripresa dei negoziati: l’autorità civile israeliana ha annunciato la costruzione di 500 nuove unità abitative a Shilo, una colonia di 2 000 persone a 30 km dalla città di Nablus (Nord della Cisgiordania), e la legalizzazione di un centinaio di case nell’avamposto di Shvut Rachel.

“Almeno, ora potremo cancellare il nome Shvut Rachel dalla lista degli outpost illegali”- ha comunicato il portavoce dell’amministrazione civile – organo militare facente capo al ministero della difesa - Guy Inbar all’agenzia AFP. Secondo il Middle East Online, Inbar avrebbe dichiarato che verrà legalizzato “per motivi umanitari”. Israele distingue infatti tra insediamenti illegali – costruiti senza permesso dell’amministrazione – e insediamenti pianificati dallo Stato, che sarebbero una riposta alla “crescita demografica naturale dello Stato israeliano”. Di altro avviso il diritto internazionale, che nell’articolo 49 della Convenzione di Ginevra afferma: “La Potenza occupante non potrà procedere alla deportazione o al trasferimento di una parte della sua propria popolazione civile nel territorio da essa occupato”.

I negoziati diretti erano stati sospesi a settembre del 2010 dal presidente palestinese Mahmoud Abbas, che aveva dichiarato la futilità del dialogo di fronte al rifiuto di Israele di bloccare la costruzione di nuove colonie in Cisigordania per un periodo di soli due mesi, quando la precondizione per la pace sarebbe dovuta essere lo smantellamento degli insediamenti. A gennaio di quest’anno, dopo il fallimento dell’ iniziativa di Ramallah per il riconoscimento dello Stato palestinese alle Nazioni Unite, la nuova apertura per negoziati mediati dalla Giordania. Ripresa annunciata con molta cautela da una parte palestinese non soddisfatta dalla proposta di Tel Aviv di escludere la questione delle colonie e dell’occupazione di Gerusalemme e della Valle del Giordano, e da un Netanyahu che lamenteva la scarsa attenzione palestinese per la questione della sicurezza dello Stato israeliano.

Immediata la reazione di Saeb Erekat, a capo della delegazione di negoziatori palestinesi: “Israele sarà ritenuto responsabile per il fallimento degli sforzi di pace” – ha dichiarato alla Palestine radio. Anche l’Alto rappresentante dell’Unione Europea Catherine Ashton ha dichiarato di essere “profondamente turbata”, come riporta l'agenzia palestinese Ma’an News. Per l’inviato speciale delle Nazioni Unite in Medio Oriente Robert Serry, la costruzione di nuove colonie sarebbe "deplorevole" e allontanerbbe ancora di più dall'obiettivo della soluzione dei due Stati.

Una soluzione che appare comunque poco realistica, se si guarda a una cartina. Un quarto dell’area totale della Cisgiordania - 1200 km² secondo uno studio pubblicato dal Centro Israeliano di Politica Economica - è occupata da colonie e dalle strade di collegamento ad uso dei coloni, cosiddette 'strade bypass'. La natura dell’infrastruttura israeliana sul territorio palestinese è riportata con precisione dallo studio: aree industriali e fabbriche, sinagoghe, scuole, supermercati. A cui si aggiungono le aree non costruite ma sotto completo controllo israeliano in virtù degli Accordi di Oslo del 1994: il 60% dell’area totale della Cisgiordania. Dal 1996 al 2007, l’espansione delle colonie è cresciuta del 85%.

Israele non hai dovuto temere serie consequenze per l’avanzamento del processo di colonizzazione, né le teme ora. L’annuncio di espandere Shilo arriva poco prima del prossimo incontro del primo ministro israeliano Netanyahu con il presidente americano Obama, previsto per il 5 marzo. Nel bel mezzo della corsa alle presidenziali di novembre, Obama sarà più preoccupato a non urtare l’elettorato e soprattutto le lobbies sioniste che a mostrare il pugno di ferro all’alleato mediorientale.

Anche dall'Europa arriva poca intransigenza: l’Unione europea sinora non ha nemmeno fatto uso dei mezzi legali a sua disposizione per condannare indirettamente le colonie, che definisce illegali ma da cui – in virtù degli Accordi mediterranei di associazione con Israele firmati nel 1995 e rinnovati con la politica di vicinato del 2004 - importa i prodotti esenti da tasse, proprio come se fossero provenienti dallo Stato di Israele. Nena News.

Nena News

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