">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Imperialismo e guerra    (Visualizza la Mappa del sito )

Luz Perly Córdoba: “non sono mai stata sola!”

intervista alla dirigente contadina e sindacale colombiana dopo la scarcerazione il 16 marzo scorso.

(15 Aprile 2005)

PR: come si é arrivati alla libertà condizionale?

LP: nel corso del processo erano state denunciate violazioni al giusto processo ed al diritto alla difesa, fatti flagranti che lo Stato colombiano, con la Magistratura in testa, non ha mai riconosciuto nonostante l’enorme pressione nazionale ed internazionale.

Quando é arrivata la fase del primo grado, la giudice si é resa conto, prima ancora di aver realizzato qualunque udienza, delle evidenti irregolarità. Per esempio ha decretato, in merito alle assurde accuse di narcotraffico, il non luogo a procedere rispetto a questo capo d’imputazione. Con ciò si é riusciti a passare dalla giustizia speciale a quella ordinaria, e questa nuova situazione mi dava diritto alla libertà nella misura in cui tutti i termini della detenzione per il presunto delitto di ‘ribellione’ erano scaduti.

PR: é stato necessario pagare una cauzione?

LP: si, 24 milioni di pesos (8000 euro circa). Lo Stato colombiano ha stabilito una cauzione troppo onerosa per due contadini senza reddito, affinché non riuscissimo a raccogliere una tale somma. Questo denaro é stato raccolto grazie alla solidarietà di organizzazioni sociali e di persone come Humanidad Vigente, Fensuagro, Fenacoa, Corpeis, Sintradin e, naturalmente, l’Associazione Contadina d’Arauca.

PR: cosa ha rappresentato per te restare illegalmente imprigionata per tutto questo tempo?

LP: é la situazione più difficile che ho vissuto nella mia vita. Sono stati 13 mesi di reclusione, durante i quali sono stati gravemente danneggiati il mio nucleo familiare e la nostra organizzazione contadina. Sono riusciti ad interrompere temporaneamente il normale flusso affettivo con tutti i nostri compagni ed amici.

Una delle cose più dure è il sentimento d’insicurezza giuridica quando sei detenuta. Sai quando ti arrestano ma non puoi pronosticare quando uscirai, dato che si tratta di montature giudiziarie. Il ruolo del sistema della Giustizia é di totale manipolazione e strumentalizzazione delle politiche repressive dello Stato. Nel mio caso é un castigo politico premeditato e pianificato dall’inizio del processo e durante il corso dello stesso. Per loro l’importante é tenerti rinchiusa il più a lungo possibile.

PR: come hai percepito la solidarietà?

LP: in alcuni momenti mi sentivo in imbarazzo per la tanta solidarietà ricevuta, visto che nella mia situazione si trovano migliaia di uomini e donne detenuti arbitrariamente nel nostro paese. Fortunatamente, attraverso il mio caso é stato possibile dare visibilità alla situazione di queste migliaia di colombiani anonimi. In alcuni casi i prigionieri politici subiscono una reclusione illegale da tre anni.

Ogni volta che arrivava un messaggio, una chiamata, una lettera o una visita, mi sentivo accompagnata da tutti, sapendo che il nostro lavoro di difesa dei contadini è giusto e che non siamo soli. Durante la reclusione, la solidarietà é la linfa vitale. Non sono mai stata sola, ho sempre sentito l’accompagnamento di tutti.

PR: qual é adesso la tua situazione giuridica?

LP: siamo ancora sotto processo con l’accusa di ‘ribellione’. Il processo sarà spostato nell’Arauca, dove non ci sono garanzie per esercitare la difesa poiché é un dipartimento totalmente militarizzato e paramilitarizzato, e dalle cui istituzioni sono state orchestrate la criminalizzazione e la persecuzione nei nostri confronti.

PR: i dirigenti di ACA saranno assolti?

LP: certo, la difesa continua e confermeremo la nostra innocenza; sarà chiaro di fronte al mondo che ci processano perchè siamo attivisti sociali, e che il nostro caso -come quello di migliaia di prigionieri colombiani- é un caso politico.

PR: com’é stato il saluto con le donne che sono rimaste in carcere?

LP: é stato una miscela di allegria e tristezza. Recuperare la libertà é una grande allegria, ma anche una profonda tristezza per via di coloro che continuano ad essere recluse. Queste donne sono, in gran parte, persone di regioni emarginate del paese, senza avvocati e parenti che le visitino, con un futuro totalmente incerto e senza sapere cosa ne sarà delle loro vite. I processi a loro carico sono difficili, il 70% è in attesa di una sentenza definitiva, molte di loro sono in carcere da due anni e mezzo senza che la loro situazione giuridica venga definita, e nella maggioranza dei casi il loro delitto é stato quello di vivere in zone rurali in cui si sviluppa la guerra in Colombia o di dare un bicchier d’acqua a un guerrigliero che bussava alla loro porta. Vivono immerse in un’incertezza totale, subendo un castigo politico che non meritano e senza sapere quando si apriranno le sbarre anche per loro.

PR: cosa succederà da qui in avanti?

LP: continueremo il nostro lavoro, con gli stessi obiettivi e lottando per la nostra terra, per i nostri contadini.

PR: vuoi dire qualcosa a quelli che dall’estero ti hanno aiutata a superare la prigionia?

LP: certamente, un ringraziamento veramente molto speciale per assolutamente tutti i gesti nei miei confronti e verso ACA in questi duri mesi. Queste espressioni di solidarietà internazionalista sono le nostre più grandi fortezze.

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Notizie sullo stesso argomento

Ultime notizie del dossier «Un'altra Colombia è possibile»

Ultime notizie dell'autore «Associazione nazionale Nuova Colombia»

6176