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(18 Giugno 2023)
Vi porgiamo i nostri saluti da parte dei forti battaglioni di lavoratori del Sudafrica, rappresentati in piccole ma inflessibili frazioni dal General Industries Workers’ Union of South Africa [o GIWUSA].
Compagni, è passato più di un anno dall’inizio della guerra in Ucraina. Molto è stato detto e molto deve essere detto sulle basi imperialiste di questa guerra. Ciò è stato ottenuto grazie agli incontri che hanno preceduto questa conferenza, i cui risultati e prospettive hanno complessivamente preparato il terreno per l’azione e le mobilitazioni. Condividiamo le prospettive elaborate nei documenti che ci sono stati trasmessi su invito di questa assemblea.
Siamo onorati dell’invito rivoltoci in Sudafrica, ma non siamo affatto sorpresi dall’esemplare internazionalismo dimostrato con coerenza qui in Italia dal nostro gemello fraterno, il S.I Cobas. Quest’epoca di guerra e di disordine esorta la classe operaia ad allontanarsi dalla vanità delle nazioni e dal risorgente e comodo nazionalismo della borghesia mondiale. La corrente velenosa del fervore nazionalista sta nuovamente travolgendo il mondo portando con sé guerre e disastri che esercitano sulla razza umana ancora più sofferenze e conflitti. Dal momento in cui abbiamo ricevuto l’invito, siamo più che mai convinti che questa assemblea contenga un autentico tentativo di mobilitare gli strati combattivi della classe operaia e di unirli sotto la bandiera proletaria contro la guerra.
Le manifestazioni imperialiste della guerra in Ucraina significano automaticamente che la guerra coinvolge la classe operaia mondiale nella sua interezza. Naturalmente la nostra solidarietà senza riserve va alle masse ucraine che non hanno mai chiesto che le loro case venissero bombardate dai missili. I milioni di profughi ucraini che sono fuggiti dalle loro case dimostrano infatti che, sotto il capitalismo e come osservato dal Manifesto comunista, la classe operaia non ha patria.
Fin dall’inizio di questo conflitto, il GIWUSA ha mantenuto la sua fedeltà alle masse ucraine contro coloro che sostengono, anche all’interno del movimento operaio in Sudafrica, che in qualche modo l’invasione russa dell’Ucraina sia una risposta giustificata all’espansione imperialista della NATO. Naturalmente questo è ben lungi dal riflettere la situazione reale; tali prospettive sono radicate non solo in una nostalgia selettiva del passato, ma anche in geografie selettive. Si dimentica facilmente che le rivoluzioni anticoloniali del XX secolo erano anche antimperialiste, perché è stato proprio l’imperialismo a far nascere il colonialismo. Proprio come gli africani e altri popoli colonizzati altrove hanno rivendicato il diritto all’autodeterminazione, anche le masse dell’Ucraina posseggono questo diritto nella loro lotta per l’indipendenza dall’imperialismo statunitense e russo.
L’illusione che il regime russo di Putin, guidato da oligarchi, sia una vittima dell’imperialismo della NATO, impone un grave freno alla coscienza della classe operaia. Tuttavia, le manifestazioni più ampie della guerra imperialista, come il forte aumento del costo della vita, fanno sì che la classe operaia non abbia altra scelta che organizzarsi e lottare o morire di fame. La solidarietà con le masse ucraine significa necessariamente che dobbiamo rifiutare la falsa dicotomia di questa guerra o l’idea che dobbiamo in qualche modo scegliere tra i due mali minori. A nostro avviso, la principale contraddizione esistente è quella tra il regime di Zelensky e la classe operaia ucraina. Lo scontro permanente di interessi di classe tra questi due campi, che apparentemente combattono fianco a fianco, ci impone di prendere una posizione proletaria su chi e quando sostenere.
Vale la pena ricordare che, sebbene siano le masse ucraine e la gioventù russa a pagare la vita per questa guerra, è la classe operaia mondiale a pagare il conto della guerra. Qui, nel mondo capitalistico avanzato, la classe operaia sta pagando attraverso le pile di armi che vengono riversate in Ucraina e il rapido riarmo degli eserciti europei. Nel resto del mondo la classe operaia sta pagando con il forte aumento del costo della vita per i bisogni primari di sopravvivenza, come il cibo, indotto dalla carenza di grano ucraino e dagli shock inflazionistici dell’economia mondiale.
Gli alti tassi di interesse hanno fatto sì che molti governi africani, come Ghana, Zambia e Kenya, non siano in grado di pagare i loro debiti e si siano rivolti al FMI per ottenere prestiti. Ciò fa seguito non solo alla recessione economica indotta dalla pandemia di Covid-19, ma anche agli alti tassi di interesse che hanno seguito gli shock inflazionistici energetici della guerra. La classe operaia di questi Paesi dovrà pagare questi prestiti con conseguenze catastrofiche, come l’austerità dilagante e i tagli salariali, ma come abbiamo visto nel recente passato, ciò sarà accolto con resistenza e rivolta.
Il Sudafrica, che è l’economia più avanzata dell’Africa, non è stato risparmiato dalla crisi indotta dalla guerra in Ucraina. Anzi, la crisi ha preso una piega particolarmente acuta negli ultimi mesi. Come già sappiamo, le forze dell’imperialismo si stanno raggruppando in due campi, uno dietro gli Stati Uniti e l’altro dietro la Cina, incarnata dall’organizzazione BRICS. Come membro dei BRICS, il Sudafrica si trova sempre più invischiato in questo conflitto. I flirt del governo dell’ANC con il regime di Putin non hanno fatto altro che esporre la sua già fragile economia alle sanzioni degli imperialisti statunitensi e si stanno già rivelando molto costosi. La classe operaia sudafricana non è stata risparmiata dai selvaggi aumenti dei tassi d’interesse volti a mantenere a galla la valuta, ma questo non ha fatto altro che azzerare i salari dei lavoratori, far lievitare i prezzi dei beni di prima necessità e approfondire le disuguaglianze, la povertà e la disoccupazione di massa.
Compagni, tutto ciò indica un periodo di intensificazione degli attacchi alle classi lavoratrici in diverse parti del pianeta. I padroni, i loro governi e i loro eserciti stanno intensificando non solo una guerra imperialista, ma anche una guerra di classe. La classe operaia deve reagire e lo farà. Questo può iniziare costruendo un movimento proletario contro la guerra, radicato e fondato nelle tradizioni della classe operaia, zAle tradizioni dell’internazionalismo, della solidarietà e del socialismo. A tal fine, il GIWUSA è pronto a lavorare con tutte le forze della classe operaia del mondo per costruire e difendere un autentico movimento di massa contro la guerra e per farlo vivere consapevolmente nelle mobilitazioni dei prossimi mesi.
Amandla!
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We extend our comradely greetings from the heavy battalions of workers in South Africa represented in small but unyielding fraction by the General Industries Workers’ Union of South Africa or GIWUSA.
Comrades over a year has now lapsed since the war in Ukraine begun. Much has been said and indeed much must be said about the Imperialist foundations of this war. This has been achieved here by the meetings preceeding this conference whose outcomes and perspectives have altogether prepared the ground for action and mobilisations. We agree with the perspectives elaborated in the documents shared to us upon invitation to this assembly.
We are honoured for the invitation extended to us in South Africa, but we are not at all surprised by the exemplary internationalism consistently shown here in Italy by our fraternal twin the S.I Cobas. This epoch of war and disorder calls upon the working class to turn away from the vanity of nations and the resurgent and convenient nationalism of the world’s bourgeoisie. The poisonous current of nationalist fervour is once again sweeping the world bringing along it war and disaster exerting upon the human race even more suffering and strife. From the moment we received the invitation we are convinced more than ever that this assembly contains within it a genuine attempt to mobilising the fighting layers of the working class and to unite them under the proletarian anti-war banner.
The imperialist manifestations of the war in Ukraine automatically means that the war implicates the world’s working class in its entirety. Of course our unreserved solidarity fully extends to the masses of Ukraine who have never asked for their homes to be rained down by missiles. The millions of Ukrainian refugees that have fled their homes indeed demonstrates that under capitalism and as observed by the Communist Manifesto, the working class possesses no fatherland.
From the very onset of this conflict GIWUSA has maintained its fidelity to the masses of Ukraine against those who argue even within the worker’s movement in South Africa that somehow Russia’s invasion of Ukraine is justified response to NATO’s imperialist expansion. This of course far from a reflection of the real situation, such perspectives are rooted not only in selective nostalgia about the past, but also selective geographies. They easily forget that the anti-colonial revolutions of the 20th century were also anti imperialist for it was imperialism that gave birth to colonialism in the first place. Just as Africans and other colonised peoples elsewhere have claimed the right to self determine, the masses of Ukraine also possesses this right in their struggle for independence from both US and Russian imperialism.
This illusion that the oligarch led Putin regime in Russia is a victim of NATO imperialism imposes a severe drag on working class consciousness. However the broader manifestations of the imperialist war such as the sharp rise in the cost of living mean that the working class has no choice but to organise and fight or starve. Solidarity with the masses of Ukraine necessarily means that we must reject the false dichotomy of this war or the notion that we must somehow pick between the lesser of the 2 evils. In our minds the major contradictions that exists is between the Zelensky regime and the Ukrainian working class. The permanent clash of class interests between these two camps who are seemingly fighting side by side must necessitate that we take a proletarian position on who and when to support.
It bears worth mentioning that though it is the Ukrainian masses and the Russian youth that are paying for this war their lives, it is the world’s working class that is footing the bill for the war. Here in the advanced capitalist world the working class is paying through the piles of arms being flooded into Ukraine and the rapid rearmament of the European armies. In the rest of the world the working class is paying through the sharp rise in the cost of living in basic needs of survival such as food induced by shortages of Ukrainian grain and the inflationary shocks in the world economy.
High interest rates have left many governments in Africa, such as Ghana, Zambia and Kenya unable to pay their debts as well as rushing to the IMF for quick loans. This follows not only the economic downturn induced by the Covid-19 Pandemic but the high interest rates that have followed the energy inflationary shocks of the war. The working class in these countries will have to pay for these loans with catastrophic consequences such as rampant austerity and wage cuts, but as we have seen from the recent past, this will be met with resistance and revolt.
South Africa which is Africa’s most advanced economy has not been spared from the crisis induced by the war in Ukraine. In fact the crisis has taken a particularly sharp turn in the recent months. As we are already aware the forces of imperialism are gathering into particularly 2 camps, one behind the US and the other behind China embodied in the BRICS organisation. As a member of BRICS South Africa finds itself increasingly entangled in this conflict. The flirtations of the ANC government with the Putin regime have only exposed its already fragile economy to sanctions from the US Imperialists and is already proving very costly. The working class in South Africa has not been spared from the savage interest rate hikes aimed at keeping the currency afloat, but this has only wiped workers wages, spiked the prices of basic goods and deepened inequality, poverty and mass unemployment.
Comrades all the above point to a period of intensified attacks on the working classes in different parts of the planet. The bosses and their governments and their armies are escalating not only an imperialist war but a class war. The working class must fight back and it will. This can begin by building a proletarian anti-war movement rooted and grounded in the traditions of the working class, in the traditions of internationalism, of solidarity and of socialism. Towards this end, GIWUSA is prepared to work with all the working class forces in the world to building and defending a genuine anti-war mass movement and to bring it consciously to life in the mobilisations of the coming months.
Amandla!
Il pungolo rosso
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