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(21 Luglio 2023)

Editoriale del n. 127 di Alternativa di Classe

stoltenberg zekensky

La Conferenza stampa congiunta del 10 u. s. di J. Stoltenberg, Segretario Generale della NATO, e di G. Nauseda, Presidente della Lituania, aveva anticipato i contenuti del Vertice NATO di Vilnius, la capitale lituana, che si sarebbe poi tenuto fino a Mercoledì 12.
Oltre ai 31 Paesi membri, ed alla Svezia, il cui ingresso era all'ordine del giorno, erano presenti anche delegazioni degli “alleati esterni”, e cioè Australia, Corea del Sud, Giappone e Nuova Zelanda, dato che uno degli argomenti, cui gli USA tengono dippiù sono i rapporti con la Cina, in termini di “sicurezza globale”. Non poteva mancare poi, ovviamente, l'Ucraina, con la sua urgenza di essere riconosciuta come nuovo membro della NATO, visto che i combattimenti col nemico avvengono sul suo territorio.
E' evidente che V. Zelenskij non si poteva attendere una formale adesione immediata, che sarebbe equivalsa ad una dichiarazione ufficiale di guerra alla Russia, ma, come ha riconosciuto il Ministro A. Tajani, adesione “di fatto c'è”, dato anche che il Vertice ha dato il via al nuovo “Consiglio NATO-Ucraina”. Seguendo il modello di rapporti che gli USA stabiliscono all'interno della NATO stessa, anche l'Ucraina dovrà essere armata in modo “interoperabile” con la NATO, in modo da risultare complementare ad essa.
Naturalmente, l'adesione formale è stata posposta alla “fine della guerra”, di cui ancora nemmeno si intravedono le avvisaglie, visto, ad esempio, il risultato negativo del tentativo di un percorso proposto dall'Unione Africana (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno XI n. 126 a pag. 2), praticamente messa alla porta da Zelenskij il 16 Giugno scorso.
Mentre è stato definito un “programma pluriennale di assistenza” militare da parte della NATO, la questione delle armi a dispersione (le famose “bombe a grappolo”), che gli USA hanno promesso all'Ucraina, è stata tenuta fuori dai temi, dato che, a differenza di molte potenze UE, né gli USA, né l'Ucraina, e nemmeno la Russia, avevano firmato il Trattato di Oslo, che ne esclude l'uso. Finora ne sono state usate da entrambi i fronti, ma ora l'Ucraina ne avrà a disposizione di più, con maggiori problemi futuri di ordigni inesplosi sul proprio territorio, dato che “si è impegnata” a non utilizzarne verso la Russia...
Per quanto riguarda l'ingresso nella NATO della Svezia, tradizionalmente neutrale, è stato ora ufficializzato, dato il sostanziale parere favorevole, dopo il precedente veto, della Turchia di Erdogan, che, per ora, ha ottenuto, in cambio, la fine dell'asilo svedese a militanti del PKK curdo, oltre ad una opzione di appoggio della NATO e della stessa Svezia al proprio ingresso nella UE, nonché lo sblocco di forniture militari dalla Svezia e la successiva disponibilità di Biden a fornire aerei caccia F16 alla Turchia. Un vincitore “morale” il dittatore turco!...
L'altro grosso risultato del vertice è stata la decisione di aumentare le spese militari degli Stati membri “per rafforzare deterrenza e difesa”. E' stato deciso un aumento di spesa di 1260 miliardi di dollari, pari ad un incremento complessivo dell'8,3% rispetto al 2022; con la Polonia, che ha superato gli stessi USA in percentuale del PIL (3,9%, contro il 3,5% americano), non sono davvero più “ammissibili” le percentuali di Francia, Germania e Italia, ancora inferiori al 2%!... Così la NATO ha raggiunto una spesa militare totale, che è più di quattro volte quella di Russia e Cina messe insieme...
E nella UE, come sappiamo (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno XI n. 126 a pag. 2), è stato approvato il regolamento del Piano ASAP, che prevede, fra l'altro, l'utilizzo per finanziare l'industria bellica privata, europea, ma anche americana, in partenariato col settore pubblico, di sempre nuovi fondi, anche dirottati dal Next Generation EU (art. 5). La UE deve ricostituire le proprie riserve di munizioni, già fornite all'Ucraina, oltre a garantirle anche quelle nuove! Del resto, sono diversi mesi, ormai, che il Commissario UE per il mercato interno, il francese T. Breton, ripete apertamente che “Bisogna accelerare il passaggio a un'economia di guerra”!...
La presenza dei quattro alleati strategici del Pacifico, gli “AP4”, è servita, oltre che per allargare la “interoperabilità” militare anche a quelle aree, in funzione anti-Cina, a testimoniarne il rafforzamento economico e militare. E, dal “rivale sistemico”, i Paesi NATO si sono impegnati a ridurre le “dipendenze critiche”, come ha fatto la Germania. Mentre J. Stoltenberg, il cui incarico è stato insolitamente prorogato di un anno, ha ribadito la proposta dell'Ufficio di collegamento NATO da aprire in Giappone (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno XI n. 126 a pag. 2), l'opposizione della Francia è servita a congelarne l'attuazione.
La “lunga durata” della guerra ucraina risponde anche alle “necessità” di impiego continuato e consumo degli armamenti in produzione dal complesso militare industriale dell'Occidente, ma la principale mira USA rimane il versante del Pacifico, col Mare Cinese Meridionale e la spina nel fianco cinese di Taiwan. In tal senso va la recente approvazione di possibili forniture americane alla isola di munizionamento, destinate a migliorare la “interoperabilità” militare. Che va ad integrare l'interesse economico del rapporto con Taiwan a livello geostrategico, nella competizione sistemica con la Cina.
Non c'è dubbio che gli interessi prevalenti in Occidente siano quelli USA, e che gli altri alleati imperialisti stiano conformando i propri su tale primato. Il diverso comportamento della Cina, più “multilaterale” e dialettico, risulta semplicemente più rispondente a come è venuto storicamente a dimensionarsi il suo ruolo imperialista nel mondo. Ma non cambia assolutamente niente sulle necessità internazionaliste della indipendenza di classe, che deve perseguire l'unità degli sfruttati di tutto il mondo.
Salutiamo, pertanto, con favore tutte le mobilitazioni dei proletari nel mondo, contro il proprio sistema dominante, a ovest come a est, a partire dal livello sindacale, e senza illusioni di alleanze interclassiste. In questo senso, sono molto positivi gli scioperi di categorie, ed anche di massa, che si sono avuti in diversi Paesi, Europa compresa, ma tali mobilitazioni non sono riuscite ad individuare i legami delle proprie rivendicazioni con la tendenza alla guerra, che oggettivamente si sta manifestando ovunque come denominatore comune delle scelte economiche e politiche degli imperialismi.
Oltre che l'allargamento a est, la UE sta cercando di implementare per la NATO quello verso sud, cioè verso l'Africa, a partire dai Paesi mediterranei. Così, dopo gli approcci con Libia e Turchia, molto curati da G. Meloni, Domenica 16 è stato firmato a Cartagine, vicino a Tunisi, un accordo di partenariato strategico e globale con la Tunisia. L'obiettivo è quello di esternalizzare la frontiera UE, affidando agli “uomini forti” nordafricani la gestione delle partenze di migranti verso l'Europa, e l'Italia in particolare. Come ha detto con compiacimento il Ministro M. Piantedosi: “E' l'equivalente di un blocco navale!”...
Il Memorandum d'intesa, firmato da U. Von der Leyen, da G. Meloni, dal popolare olandese M. Rutte e dal Presidente tunisino K. Saied, prevede cinque punti, con i quali è inaugurata una collaborazione con le scuole tunisine, cui arriveranno 65 milioni, poi altri 900 milioni (questi in prestito) di finanziamenti UE, visti i problemi di Tunisi col FMI, altri 150 milioni per il turismo e l'agricoltura, poi 300 milioni per ricevere da lì energie “rinnovabili”, ed infine altri 105 milioni di euro per il contrasto “ai trafficanti di uomini”, cioè per impedire con ogni mezzo le partenze dei migranti verso Lampedusa.
Questo accordo, enfatizzato soprattutto dal Governo italiano, dovrebbe rappresentare un modello per la Conferenza internazionale sulla Migrazione, che si terrà Domenica 23 a Roma, con la presenza dei leaders nordafricani e della stessa UE. Le direttrici dovrebbero essere la creazione dell'hub energetico mediterraneo, su cui punta il Governo, insieme ad una repressione “pulita” dei migranti, e gli “scambi culturali”, legati al meccanismo degli “aiuti”, che creano maggiore dipendenza. Il “capolavoro” italiano per una svolta a destra dopo le prossime elezioni europee...
In effetti in Italia la maggioranza di destra è salda, e non è incalzata dall'opposizione, forse perchè la sua conduzione, visti gli interessi dell'imperialismo italiano, non si discosterebbe troppo da quella del Governo Meloni. L'unico punto su cui vi è stata una convergenza di tutta l'opposizione è stato il Progetto di legge Conte sul salario minimo. Un testo moderato, che prevedeva 9 euro lordi orari, ma agganciati ai contratti, e che interessava ben tre milioni e mezzo di operai dal “lavoro povero”. La stessa associazione dei Consulenti aziendali ha stimato che, sui 63 principali contratti, ben 22 prevedono cifre inferiori (comprese 13°, 14° e quota Tfr)!...
Politicanti sempre lontanissimi dalle esigenze operaie non hanno curato di creare mobilitazione sull'obiettivo, né sono risultati credibili CGIL e UIL (la CISL era contraria...), che, mentre appoggiavano l'istituzione del salario minimo (peraltro legandolo ancora una volta alla richiesta della legge sulla rappresentanza), hanno continuato a presentare piattaforme sindacali unitarie, che non includevano tale obiettivo, continuando a rivendicare paghe al di sotto dei 9 euro... Il Governo, così, ha avuto buon gioco a presentare un emendamento soppressivo del PdL...
Lo sciopero dei ferrovieri di Giovedì 13, indetto dai sindacati confederali, ha subito l'intervento del Ministro dei Trasporti M. Salvini, che lo ha dimezzato, utilizzando la precettazione. Le stesse motivazioni pretestuose degli anni in cui gli scioperi non erano un'eccezione: il diritto alla mobilità degli altri lavoratori, e finanche degli stessi turisti. Fingendo di non sapere che siamo il Paese europeo nel quale è più difficile indire uno sciopero nei servizi, ostacolato, com'è, da leggi e leggine!... La risposta dei sindacati confederali è stato il solo ricorso al TAR, che è risultato poi perdente.
Ma non basta. Il CODACONS, la famosa e influente associazione di “consumatori” (quelli che lo fanno senza produrre...), ha presentato un esposto a 104 Procure contro gli scioperi nei trasporti (Sabato 15 era indetto sciopero del personale aeroportuale) ed ha lanciato l'idea di un vero e proprio divieto per tali scioperi nel periodo estivo. La borghesia richiama al suo ordine!... E in questo contesto, gli esponenti del Governo parlano, presupponendo apertamente il primato degli interessi delle aziende...
Le condizioni concrete dei lavoratori, e dei proletari in genere, continuano a peggiorare, anche se i media si affannano a riportare che gli aumenti dei generi di prima necessità sono minori degli aumenti dei mesi precedenti!.... In un simile stato di bisogno, rischia di trovare consensi (e i partiti lo esprimono di già, da Fratelli d'Italia al PD!...) perfino il PdL di “iniziativa popolare” della CISL per la contrattazione della partecipazione agli utili aziendali! Mentre la carta da 380 euro, concessa dal Governo ai meno abbienti, una elemosina di 1 euro al giorno, per soli 23 generi alimentari, viene vista come un “buon aiuto” per arrangiarsi!...
In alcune situazioni le lotte stanno continuando, ed è significativo quanto avvenuto Sabato 15 a Settimo Torinese, dove un picchetto di 40 lavoratori in appalto a Mondo Convenienza, driver e magazzinieri di “Veneta Logistic”, organizzati dal SI Cobas, nell'ambito di una vertenza sindacale, è stato sgomberato dalle forze dell'ordine, che hanno portato via di peso i manifestanti, per fare passare i camion. E' l'ennesimo episodio di repressione brutale contro chi lotta, ma è incoraggiante leggere, una volta tanto, un tempestivo comunicato dei sindacati confederali contro lo sgombero, a sostenere che “Le vertenze non si risolvono con l'ordine pubblico”...
Non sappiamo se si tratta di un embrione di presa di coscienza, oppure se questa presa di posizione discende semplicemente dal fatto che ora a governare c'è la destra... Il dato di fatto è che senza dubbio stiamo assistendo ad un intensificarsi dei livelli di repressione. Questo sta avvenendo dappertutto e in ogni modo, ed anche senza un livello ascendente delle mobilitazioni e delle lotte. Non si tratta semplicemente della vocazione dei governi di destra! L'intensificarsi della repressione deriva dalle necessarie scelte di irregimentazione sociale che la tendenza alla guerra alimenta.
Il passaggio ad una economia di guerra non è un dato istantaneo, ma è chiaro che i rapporti sociali si vanno dimensionando in quel senso. Non possiamo che salutare con favore il Piano operaio di reindustrializzazione ecologica che il Collettivo di Fabbrica della ex-GKN sta riuscendo a praticare, e non solo perché può riuscire a salvare il salario dei lavoratori, ma anche perché è oggettivamente in controtendenza rispetto alle scelte del capitale. Non possiamo, però, farci illusioni sul fatto che uno “sviluppo ecologico dal basso” possa rappresentare la alternativa alle dinamiche imperialiste.
Intanto la famosa “transizione ecologica”, che dovrebbe contrastare il cambiamento climatico, è tutta interna alle dinamiche economico-finanziarie del capitale, ma, soprattutto, già soltanto i livelli enormi di riarmo e militarizzazione, che stanno passando nel mondo, rendono sempre meno controllabili le possibili escalation, aumentando i rischi di una guerra generalizzata come sbocco alla crisi del capitale. Ma se il capitale è in crisi, e lo è, le condizioni oggettive sono più favorevoli alla lotta di classe.
Milioni di persone in tutto il mondo vedono ridursi le proprie prospettive di vita, mentre dei frutti del lavoro umano sono sempre più in pochi a poterne godere, ed in un modo sempre più disumano, con ricchezze inimmaginabili... La lotta di classe diviene sempre più una necessità vitale: va praticata da proletari che non si rassegnano, dato, poi, che è l'unica strada che può dare una prospettiva al genere umano, impedendo, come successe nel 1917 in Russia, la guerra, oltre che la catastrofe ambientale.
Non soccombere, allora, alla coercizione e alla repressione, per difendere la propria vita, significa rifiutare il futuro di povertà e di guerra che il sistema capitalistico offre ai proletari del XXI° secolo, l'unica prospettiva che gli resta. E grosse responsabilità pesano oggi su chi ha coscienza del livello dello scontro in atto.

Alternativa di Classe

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