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Ricordando Stefano Chiarini

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(6 Febbraio 2007) Enzo Apicella
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LA REPUBBLICA SOVIETICA D'UNGHERIA DEL 1919

(29 Marzo 2024)

Pubblichiamo integralmente questo contributo, già apparso - con qualche lieve taglio - sul n. 135 di "Alternativa di Classe"

Bela Kun

Bela Kun

L'Ungheria già nel 1848, durante la lotta per affermare il loro diritto di esistere come nazione, aveva subito una cruenta repressione, che aveva visto ammazzati circa 9000 ungheresi; ma la borghesia si era dimostrata debole e incapace di liberarla dall'oppressione degli asburgici. Il giro di vite che ne seguì, portò alla soppressione dei giornali ungheresi, alla gestione austriaca della scuola e le proprietà dei ribelli assegnate agli aristocratici viennesi.
Questo era avvenuto in una situazione di estrema arretratezza, dove il 35% delle terre appartenevano ai nobili o al clero. Il contadino difficilmente riusciva a comprare un appezzamento e a prezzo salato, se qualche feudatario, oberato dai debiti, era costretto a vendere. Le entrate del contadino erano assorbite dalle tasse, perchè il sistema fiscale gravava sulle sue spalle. Non avendo denaro, non poteva comprare gli attrezzi agricoli e spesso cadeva nelle grinfie dei KulaKi o degli usurai.
Tre quarti della popolazione nelle campagne erano composti da contadini poveri o braccianti, che spesso vivevano in baracche condivise da più famiglie, dove la promiscuità e la mancanza di igiene portavano alla morte sei bambini su dieci, e la tubercolosi dovuta alla denutrizione era una cosa normale. Per il contadino a quel punto rimaneva l'emigrazione, specialmente in America.
Ma l'emigrazione ridusse di molto la manodopera, e i feudatari fecero emanare una legge che impediva di emigrare in altri Paesi, nonché misure poliziesche, che proibivano loro di spostarsi liberamente. I contadini cercarono di sottrarsi al giogo dei grandi feudatari, formando alleanze segrete e facendo anche delle dure lotte, ma furono sempre sconfitti.
Con la nascita del Partito Socialdemocratico il 7 Dicembre 1890, i contadini iniziarono ad organizzarsi e, nonostante che il governo cercasse di boicottarli, riuscirono nel loro scopo. L'industria, oltre al settore estrattivo, comprendeva la metallurgica e meccanica, che era concentrata praticamente a Budapest.
Prima della guerra l'industria incideva sul reddito nazionale per il 28%, contro il 65% dell'agricoltura, restando ancora lontana dai livelli dei Paesi industrializzati dell'Europa Occidentale, anche se era entrata nel processo di sviluppo capitalistico, e questo legò in maniera più stretta la borghesia ungherese al dominio dell'imperialsmo austro-tedesco. La forza operaia impegnata, sempre prima della guerra, era di circa 1 milione e 400mila lavoratori.
I primi sindacati comparvero nel 1860, e già nacque uno scontro tra i lassalliani (il proletariato migliora le sue condizioni attraverso il suffragio universale maschile) e i fautori delle società di mutuo soccorso. Solo nel 1872 il potere riconobbe il diritto di associazione e di sciopero, mentre l'incitamento ad esso era punito. Anche se con difficoltà, il movimento cresceva, alla fine dello '800 erano iscritti alle unioni sindacali il 3%, e nel 1913 il 10-15% della forza-lavoro occupata nell'industria.
Il problema sociale, già teso, fu aggravato dal problema della presenza delle minoranze nazionali all'interno del Paese. Nel 1910, su 21 milioni di persone residenti in Ungheria solo 10 milioni erano ungheresi, e gli altri erano di altre nazionalità, come croati e sloveni (2,5 milioni), rumeni (3 milioni), tedeschi (2 milioni), e, a seguire, in numero nettamente inferiore, serbi, ucraini e altre minoranze più piccole. La discriminazione verso di loro era evidente, dall'alfabetizzazione piu bassa dei non magiari, ai salari il cui importo era inferiore del 30%.
La situazione politica di lavoratori e contadini non era certamente delle migliori, il 90% di loro non aveva il diritto al voto e il Parlamento difendeva solo gli interessi dei grandi feudatari e dell'alta borghesia, di cui il Partito Liberale era la sua espressione politica. Due i fattori che diedero slancio al movimento rivoluzionario ungherese, la rivoluzione russa del 1917 e il crollo dell'impero austro-ungarico dopo la Prima Guerra Mondiale.
All'inizio della guerra la classe lavoratrice si fece prendere dalla foga patriottica e, come in molti altri Paesi, i dirigenti socialdemocratici salirono sul carro dei guerrafondai, ammainando la bandiera rossa davanti a quella nazionale, e vollero impiegare le organizzazioni del proletariato allo scopo di organizzare il capitalismo.
Col passare del tempo, la vita pessima al fronte, la morte di migliai di soldati, cominciarono a svegliare la coscienza dei soldati, e cominciarono gli ammutinamenti e il rifiuto di andare a combattere. Anche nelle fabbriche negli anni del '15 e del '16 ci fu un aumento sensibile di scioperi, e, sullo slancio della Rivoluzione russa, il Primo Maggio del 1917 ci fu una grande ondata di scioperi e manifestazioni, che portarono alla caduta del governo reazionario di Tisza.
Fu allora sostituito da un governo allargato a gruppi borghesi, guidato dal Conte Esterhazy, che ricevette anche l'appoggio esterno del Partito Socialista. La rivendicazione di una "pace senza annessioni ed indennità" trovò un'eco nelle fabbriche, nei villaggi e nelle trincee, e tale fermento portò ad uno sciopero generale, il 18 maggio del 1918, contro la guerra a Budapest, cui seguirono una serie di assemblee di massa, alle quali parteciparono anche i soldati. E fu proprio il risveglio dei settori più arretrati e passivi delle classi oppresse il vero motore dell'ascesa rivoluzionaria.
Furono particolarmente le lavoratrici ad avere un ruolo importante in questi eventi, marciando in fila con i loro bambini, e scontrandosi con le "forze d'ordine". Come sempre quando la borghesia è presa dal terrore di poter perdere il potere, è disposta a cedere qualcosa, così anche il governo ungherese si affrettò ad estendere il diritto di voto. Il 20 giugno del 1918, a seguito di sparatorie contro i lavoratori, scoppiò un nuovo sciopero, vennero istituiti i soviet o consigli operai, che chiedevano la pace, il suffragio universale, il potere ai soviet.
Appreso entusiasticamente dalla rivoluzione bolscevica, aggiunsero la proposta di pace a tutti i popoli, la distribuzione delle terre ai contadini e del pane a tutti, e il riconoscimento alle nazionalità del diritto all'autodeterminazione. Il 28 Ottobre vi fu una grande manifestazione per l'indipendenza ungherese, il 29 Ottobre fu proclamata la repubblica, ed ancora il 30 seguirono grandi manifestazioni di operai, studenti e soldati.
Il ruolo del Partito Socialista non accompagnò, non spinse e non diresse questo movimento verso un fragore rivoluzionario, ma cercò di salvare il salvabile del presente, chiedendo un'Ungheria indipendente, federativa e democratica. Niente esercito popolare, niente internazionalismo proletario, niente laicizzazione della scuola, niente attacchi alle grosse proprietà, niente, per ora, orario di otto ore giornaliere di lavoro; insomma il partito non poteva e non voleva rappresentare gli interessi del proletariato, ma era il partito di tutti, si rivolgeva a tutti.
Era un partito di fatto espressione del potere politico della borghesia, dove i lavoratori avranno qualche pezzo di pane, se non oseranno rompere gli argini fissati dalla borghesia stessa. Le lotte spinsero al potere i politicanti liberalborghesi, e alcuni dirigenti della destra del movimento operaio, perchè la borghesia aveva ben capito che la sottomissione del movimento proletario si poteva mantenere soltanto sotto le sembianze democratiche, evitando la forza militare, sapendo che la socialdemocrazia era bendisposta a mantenere e difendere l'ordine borghese.
Ma le lotte continuavano, le fabbriche subivano l'influsso dei gruppi rivoluzionari che si vennero a costituire all'interno di esse, e una parte di essi sosteneva la fondazione di un nuovo partito. In questo contesto, il 24 Novembre 1918 nacque il Partito Comunista Ungherese, guidato da Bela Kun, che, come altri compagni ungheresi, era stato fatto prigioniero dai Russi nel 1916 e si era avvicinato all'organizzazione del Partito Comunista, diventandone poi membro.
A Pietrobrurgo aveva conosciuto Lenin e potuto approfondire il marxismo e capire la rivoluzione bolscevica. Kun e altri compagni prigionieri avevano formato il giornale "Nemeztkozi Socialista", che invitava i soldati al fronte a volgere le armi contro i loro oppressori, e i contadini e gli operai ad occupare le terre e le fabbriche. L'effetto della propaganda era notevole non solo tra i prigionieri, ma sulle masse operaie e contadine dell'Ungheria.
Nel 1918 erano cominciati a rientrare gli ex prigionieri di guerra e, sapendo il ruolo che il bolscevismo aveva avuto nella loro coscienza di classe, ci era stato da parte delle autorità militari uno stretto controllo, per segnalare quelli che avevano fatto parte dell'Armata Rossa, così da internarli nel campo di concentramento di Kenyermezo per essere interrogati e costituire un "blocco sanitario" per una energica azione di depurazione dalle idee bolsceviche.
Lo stesso Kun, su direttiva del Ministro degli interni ungherese e su pressione anche dei dispacci dell'Intesa, doveva essere eliminato. Ma Kun e altri compagni arrivarono di nascosto a Budapest nel novembre del 1918, e l'attivizzazione del Partito fu incessante, con l'agitazione nelle fabbriche e la propaganda tra le truppe, in modo di attrarre i soldati nel campo rivoluzionario, fatto indispensabile per una rivoluzione.
Intanto la situazione nel Paese stava precipitando; oltre agli immensi debiti di guerra da pagare, che certamente non potevano essere pagati tutti dal proletariato, c'era il rientro dei soldati dal fronte, che richiedevano salari adeguati, e i proletari, contadini e nullatenenti gli uni volevano la terra, gli altri il lavoro, le vedove dei sussidi per mantenere i loro figli.
Il governo non aveva la forza militare per stroncare le mobilitazioni sia dei contadini, che rifiutavano di pagare le tasse e attaccavano le dimore dei feudatari, occupando le terre, sia la classe operaia, che occupava le fabbriche. I dirigenti socialdemocratici, per cercare di fermare le lotte, esclusero i comunisti dai sindacati e dal Consiglio dei deputati operai di Budapest.
Accusando i comunisti di aver provocato, durante una manifestazione davanti alla sede del loro giornale, degli incidenti in cui furono uccisi alcuni poliziotti, fecero arrestare il 21 febbraio del 1919 tutti i membri del CC centrale del Partito Comunista. Ma la protesta operaia contro questo provvedimento fu generale in tutto il Paese.
Gli stessi tipografi si rifiutarono di stampare il giornale socialista Nepsava, e il giorno dopo lo sciopero dei tipografi si trasformò in sciopero generale, chiedendo la liberazione dei dirigenti comunisti e il trasferimento del potere alla classe operaia. Molti Consigli di deputati operai ruppero con i social-riformisti, ponendosi alla guida della città.
Il 20 Marzo le potenze dell'Intesa, vincitrici della Guerra, presentarono al governo magiaro l'ultimatum per una nuova linea di demarcazione dei confini, che assogettava diversi distretti del Paese all'occupazione straniera. Certamente era una proposta umiliante, visto che l'Ungheria, solo pochi mesi prima, aveva perso una consistente fetta di territorio. La borghesia ungherese si trovò cosi tra due fuochi: l'ultimatum dell'Intesa e il movimento dei proletari per il potere.
Il Presidente M. Karolyi, cercò di prendere tempo, avanzando la poposta di un referendum, che l'Intesa respinse seccamente volendo una risposta veloce. Karolyi, a questo punto, rassegnò le dimissioni e la palla passò ai social-riformisti, che non avevano nessuna intenzione di portare avanti la rivoluzione, ritenendola, come i menscevichi in Russia, prematura in un Paese ancora arretrato. Tutto questo quando l'influenza dei socialdemocratici si stava rapidamente riducendo, mentre il Partito Comunista ingrossava ogni giorno le proprie fila e la presenza in qualsiasi situazione di lotta.
Ai socialisti non rimaneva a questo punto che rivolgersi ai comunisti, chiedendo loro un appoggio esterno, che fu subito respinto. Allora proposero ai dirigenti comunisti, che erano ancora in carcere, l'unificazione dei due partiti, al fine di togliere ad essi la possibilità di un'azione autonoma.
Bela Kun e altri dirigenti accettarono la proposta, ponendo comunque fondamentali condizioni: proclamazione della repubblica "sovietica" ungherese, col potere in mano a operai, soldati e contadini poveri, autodeterminazione delle minoranze interne, il disarmo della borghesia e la formazione dell'Esercito Rosso e della milizia popolare, nazionalizzazione delle imprese con più di 20 operai, confisca delle terre con più di 100 holds (1 Hold = 0,57 ha) e loro collettivizzazione, separazione tra Stato e chiesa, e una scuola laica.
I socialisti, esclusi gli elementi più apertamente controrivoluzionari, accettarono tali condizioni, e tra quelli che vi aderirono c'erano sia elementi veramente di sinistra, che persone corrotte e/o riformiste, il cui loro vero obiettivo era di continuare a difendere gli interessi della borghesia. Lenin aveva molti dubbi su questo accordo, ma Kun gli rispose con argomenti rassicuranti che comunque non convinsero Lenin. Nacque cosi il Partito Socialista Ungherese, quando di fatto il potere era già nelle mani della classe operaia armata.
Il 21 Marzo 1919, esattamente 105 anni fa, il Consiglio Governativo Rivoluzionario dichiarava istituita la Repubblica Socialista Federativa dei Consigli d'Ungheria. La rivoluzione proletaria aveva vinto senza versare sangue. Al posto dei ministri del governo precedente vennero nominati i Commissari del popolo, ma i rapporti di forza fra i due partiti erano nettamente a favore dei socialdemocratici, che potevano contare su 700/800 mila iscritti contro i 40mila dei comunisti.
Nel Consiglio Rivoluzionario di Governo ai comunisti andarono solo due commissari (Bela Kun agli esteri), mentre ai socialisti undici con la presidenza (Garbai). Uno Stato comunista con i comunisti in minoranza! Le condizioni dei proletari migliorarono nettamente, aumentando le paghe del 25%, la giornata lavorativa fu di otto ore, le assicurazioni sociali a carico dello Stato, le ferie pagate, l'assistenza sanitaria gratuita, alle donne pari condizioni rispetto agli uomini, il voto universale a 18 anni, l'abrogazione delle leggi dello Stato borghese, ed altro.
I giovani comunisti ungheresi erano giovani, e certamente non potevano avere l'esperienza dei bolscevichi, e per questo furono criticati per aver commesso, presi dalla frenesia di costruire il "socialismo subito", errori che facilitarono successivamente la controrivoluzione. Se avessero mantenuto un'identità indipendente e avessero fatta una campagna tra i lavoratori socialdemocatici sulla correttezza del loro programma, li avrebbero senz'altro convinti, si sarebbero enormemente rafforzati, e avrebbero realizzato l'unità dal basso, e non dall'alto.
La questione agraria era stata affrontata in senso solo "economico”, non comprendendo il rapporto dialettico tra proletariato e contadini, e non erano convinti della politica dei bolscevichi di distruibire la terra ai contadini, per cui le aziende agrarie superiori ai 55 ettari furono trasformate in aziende statali o cooperative di produzione. Un milione di contadini senza terra (i braccianti) speravano di diventare dei piccoli coltivatori, e gli stessi mezzadri avrebbero voluto fare un salto di qualità, emancipandosi definitivamente dal servaggio feudale.
Questo comportò un malessere tra il contadiname, che, per le sue condizioni di vita ed il suo ruolo nella produzione, è la classe sociale meno in grado di sviluppare una coscienza collettiva, e questo facilitò la propaganda degli elementi controrivoluzionari nei villaggi, per diffondere voci allarmiste e propaganda anti-socialista.
Il Governo, consapevole dell'indiferrenza o ostilità dei contadini, non osava effettuare requisizioni di grano, come avevano fatto i boscevichi, mettendo in difficoltà il rifornimento di cibo e vestiario alla città e all'Armata Rossa, creando grossi problemi. La stessa Armata Rossa era formata da truppe ed ufficiali del vecchio regime, e solo lentamente furono espulsi i più reazionari. Ciò portò al suo sgretolamento di fronte all'offensiva del nemico, col passaggio di molti soldati al campo avverso.
Anche sul fronte economico, oltre a nazionalizzare le banche e le grandi industrie, vennero nazionalizzate anche le aziende sotto i venti dipendenti, spinti anche dagli stessi operai. Ma la nazionalizzazione di migliaia di piccole imprese, senza una preparazione adeguata ed il sufficiente sviluppo tecnologico, si rivelò una mossa avventata e prematura, che provocò un pesante dissesto dell'economia.
Intanto in tutto il Paese si andava organizzando la controrivoluzione. I latifondisti, i capitalisti, migliaia di ufficiali che avevano perduto lo stipendio e il potere, il clero padrone di terre, cominciarono ad organizzarsi ed armarsi, avendo capito che questa onda proletaria poteva essere fermata solo con la forza.
Le forze social-riformiste, che comprendavano una grossa fetta della borghesia, assistevano complici all'organizzarsi dei bianchi sotto le parole d'ordine nazionaliste, e la socialdemocrazia austriaca era completamente a favore dei controrivoluzionari, ai quali assicurava diritto di asilo e piena libertà di azione.
Inoltre, le potenze imperialiste riunite alla Conferenza di Pace a Parigi, anche a causa di un fermento rivoluzionario in molti Paesi d'Europa, e specialmente in Germania, dove fu proclamata anche la Repubblica sovietica in Baviera, e in Austria, compresero subito il pericolo posto dalla situazione ungherese, e non potendo intervenire direttamente per la relativa debolezza in quel momento dell'imperialismo, si affidarono ai servigi della borghesia ceca e rumena.
L'esercito rumeno entrò profondamente nel territorio ungherese, mentre quello ceco, con truppe comandate da ufficiali italiani e francesi, attaccò la parte occidentale. Il Times, portavoce degli imperialisti, chiese la resa dell'Ungheria, che i socialdemocratici erano disposti ad accettare subito. Le attività demoralizzanti di questi dirigenti del movimento influì negativamente sul Governo, che restò paralizzato, e solo, ancora una volta, i proletari di Budapest lo costrinsero a cambiare rotta.
Migliaia di volontari si unirono all'Armata Rossa, e il 2 Maggio riuscirono a respingere il nemico su tutta la linea; la stessa armata ceca fu gettata nel panico dall'offensiva, e vaste zone della Slovacchia vennero liberate, finchè il 16 Giugno venne proclamata una Repubblica sovietica slovacca. Nonostante tutto, c'era stato un sostegno tra i proletari dei Paesi in guerra. Tre divisioni rumene si rifiutarono di combattere, 8000 soldati cechi si rifiutarono di combattere, e vi furono grandi scioperi di lavoratori a Bucarest a sostegno dei proletari ungheresi.
Ma tutto questo non poteva bastare; i dirigenti social-riformisti cercarono di sabotare gli sforzi del proletariato ungherese, e questi opportunisti consumati, che avevano sostenuto la "dittatura del proletariato" solo per salvare le loro posizioni, ora dimostravano il loro vero volto, iniziando una campagna sistematica di denigrazione per i metodi brutali degli operai. Cominciarono a ricucire i rapporti con l'altra parte, giurando che avevano partecipato alla rivoluzione solo per evitare gli eccessi e impedire che le cose andassero completamente fuori controllo.
Anche gli stessi Sindacati, in mano ai socialdemocratici e portatori di una visione gradualista, furono da freno alle spinte rivoluzionarie della classe operaia. Kun capì che l'unificazione era stato un errore, e accennò ad una scissione proprio nel momento in cui si doveva cercare il massimo di unità. La Conferenza di pace, su pressione del Presidente USA, T. Wilson, inviò un ultimatum a Budapest per discutere delle frontiere ungheresi o altrimenti le potenze vincitrici sarebbero intervenute con la forza.
Il 26 Giugno iniziarono i negoziati, e questo ebbe un effetto disastroso sull'Armata Rossa, che cominciò a ritirarsi, la Repubblica sovietica slovacca venne consegnata ai suoi nemici, il morale del proletariato cadde sotto i tacchi, e la rivoluzione ungherese aveva ormai segnato il suo destino. Il 24 Giugno, oltre tutto, ci era stato un tentativo di insurrezione controrivoluzionaria a Budapest, guidata dai "socialdemocratici nazionali", anche se subito repressa.
Il 20 Luglio il Presidente francese Clemenceau inviò una nota, con la quale disse che voleva negoziare con dei leader responsabili, e non certamente quelli che attualmente erano al governo. I socialdemocratici accettarono subito, e i comunisti, invece di denuciare tutte le macchinazioni dei social-riformatori, si dimisero per evitare inutili spargimenti di sangue. Il colpo di stato, così, riuscì senza sparare un colpo.
Il nuovo governo socialdemocratico si insediò il 1° Agosto 1919, e annullò tutte le conquiste pricipali della rivoluzione, arrestò molti dirigenti comunisti e liberò i controrivoluzionari. Inoltre, con l'entrata dell'esercito rumeno a Budapest, ebbe inizio il regno del terrore contro la classe operaia, 5000 persone persero la vita, senza che i "democratici" dicessero una parola. L'esperienza dei soviet in Ungheria era durata 133 giorni...
La Storia ci dovrebbe insegnare qualcosa, ma ancora oggi ci sono forze che si dichiarano comuniste, strizzando l'occhio verso forze social-riformiste, non riuscendo a capire, o facendo finta di non capire, che queste forze rappresentano sempre gli interessi della borghesia, e mai appoggeranno sino in fondo gli interessi del proletariato, che potrà essere solamente difeso da una organizzazione che riesca a portare avanti una chiara e salda linea di classe.

Alternativa di Classe

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