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No alla guerra Nato

No alla guerra Nato

(9 Aprile 2011) Enzo Apicella
Pressioni USA sull'Italia per un intervento attivo nella guerra in Libia

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L’imperialismo italiano alla ricerca di un proprio ruolo nel Mediterraneo

Operazioni militari senza i se e senza i ma

(3 Settembre 2006)

Assieme a Francesi, spagnoli, 3000 soldati italiani partono per il Libano, dietro la foglia di fico della bandiera dell’ONU.

Prima questione. Da dove inizia la storia del contrasto fra Israele e i palestinesi o Israele e gli hezbollah ? Dai due soldati fatti prigionieri da questi ultimi o dai razzi israeliani su Gaza? Oppure dallo Stato d’Israele rubato ai palestinesi o piuttosto dalla dominazione inglese? Ognuno scelga secondo i suoi interessi. Noi scegliamo quello dei popoli oppressi. La storia comincia con l’oppressione dei palestinesi ad opera della borghesia israeliana, ancora in corso.

Seconda questione. Dal punto di vista militare l’azione di hezbollah al confine di Israele aveva il compito di alleggerire la pressione giornaliera dell’esercito israeliano contro i palestinesi nei territori. Uno stillicidio di morti fra i civili coperto da un semplice “erano militanti di hamas”, che è un partito politico liberamente eletto, al governo, dai palestinesi. L’ONU è forse intervenuto contro quest’aggressione a mano armata, qualcuno ha imposto un freno alla borghesia israeliana? Nessuno. Gli hezbollah, nelle cui file militano tanti profughi palestinesi in Libano, hanno fatto ciò che potevano per contenere l’esercito israeliano sul fronte del Nord.

Terza questione. L’esercito israeliano attacca il sud del Libano, pensa ad un’azione rapida contro coloro che considera quattro straccioni. Il colpo non gli riesce e non ha altra scelta che accanirsi: bombarda e distrugge villaggi ed interi quartieri, deve impaurire la popolazione, colpire gli sciti, bambini e donne. Ma, hezbollah resiste, i loro missili continuano a cadere, più l’aviazione israeliana bombarda strade e ponti più la resistenza reagisce. L’esercito israeliano è di fronte ad una scelta per farla finita: invadere il libano, farne terra bruciata e seppellire tutto e tutti. Entrano in ballo gli USA e i Francesi. C’è l’Iraq con la guerra in corso e il governo fantoccio guidato dagli sciti. Un governo, che a malapena riesce a coprire l’occupazione militare americana e che la distruzione dei quartieri sciti di Beirut mette ancora più in difficoltà. C’è la Francia, per i legami storici col Libano non può permettere che venga messa in discussione l’integrità territoriale del paese e chiede all’ONU che Israele venga fermata.

Quarta questione. Cosa c’è di meglio per la borghesia israeliana uscire dall’angolo in cui si era messa accettando il cessate il fuoco con l’impegno che al confine Nord, in Libano, si dispieghi una forza militare che impedisca agli hezbollah di agire? Israele si può di nuovo occupare senza rischi dei palestinesi di Gaza, colpirli dove e come vuole. Il confine Nord è presidiato da 15000 uomini a nome dell’ONU. La borghesia israeliana esce dall’angolo, ha distrutto infrastrutture, ammazzato migliaia di persone, ma non è successo niente, si ritira, anche se mantiene il blocco navale. Il popolo libanese, i profughi palestinesi non subiranno per ora più i bombardamenti ma dovranno assistere impotenti agli assassini mirati, all’uso dei carri armati dei missili contro i loro fratelli palestinesi dei territori.

Quinta questione. L’Italia si inserisce nel gioco militare e come sempre la storica ambiguità è d’obbligo. Manda 3000 soldati con lo scopo dichiarato di affiancare l’esercito e le popolazioni libanesi mentre in realtà dovrà coprire le spalle all’esercito israeliano che potrà con tutte le sue forze occuparsi dei palestinesi senza l’incognita degli hezbollah. Dietro i soldati in campo, naturalmente gli affari della ricostruzione che dovranno dividersi con i padroni francesi.

Sesta questione. Chi manda il contingente è il governo di centrosinistra diretto da Prodi. I pacifisti di governo si sono subito allineati, la spedizione in Libano è armata, sparerà se è necessario, ma non fa la guerra. Il sublime ripudio della violenza come base della guerra che ha tanto riempito i cieli di Assisi è andato a farsi benedire. Prodi ha preso la palla al balzo per ristabilire un ruolo dell’imperialismo italiano nel mediterraneo, un ruolo in qualche modo formalmente autonomo dagli USA e nell’ambito dell’unità europea. Avere soldati nei teatri di guerra prepara buoni affari per la ricostruzione e sono un sostegno agli industriali impegnati nelle produzioni militari. La tanto decantata autonomia dagli usa che tanto è servita a Prodi per differenziarsi da Berlusconi è in realtà una formalità, è innegabile che l’intervento in Libano gli è stato chiesto tramite l’ONU dagli Stati Uniti e da Israele. La troppa fretta di correre ha messo il governo italiano nel rischio di doverci andare da solo. Prodi, ha dovuto faticare per convincere gli altri europei, la Francia per prima; i francesi conoscono bene la situazione e sanno che l’equilibrio al confine libano-israeliano dipende dalla questione palestinese e dalle vicende irachene. Tant’è, i francesi hanno voluto conservare il comando sul terreno.

In conclusione. Coloro che fanno più impressione sono i rappresentanti di sinistra, di Rifondazione che sono al governo: mandano soldati sotto la bandiera di fico dell’ONU a svolgere una guerra di posizione, per gli interessi dei padroni italiani e della borghesia israeliana, senza pudore ed ombra di dubbio.

Che non fossero comunisti si sapeva, ma che diventassero sostenitori dell’azione militare dell’imperialismo italiano in Medio Oriente lo stanno ampiamente dimostrando in questi giorni.

Associazione per la Liberazione degli Operai
e-mail: operai.contro@tin.it

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