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(15 Gennaio 2011) Enzo Apicella
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Mozione parlamentare sul "caso FIAT"

presentata dal gruppo del PRC

(29 Novembre 2002)

la mozione è stata respinta dalla maggioranza parlamentare

La Camera, premesso che:

l'industria dell'automobile - come è testualmente affermato anche nel documento conclusivo approvato dalla X Commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati il 30 luglio 2002, al termine dell'indagine conoscitiva sulla crisi del settore auto - rappresenta il comparto più significativo dell'industria manifatturiera nazionale e fornisce un contributo di estrema importanza per quanto riguarda l'attività di ricerca e sviluppo, l'introduzione di nuove tecnologie e la creazione dell'occupazione;

l'industria dell'automobile italiana è concentrata nella Fiat;

quest'ultima conosce una crisi di proporzioni senza precedenti. È continua e procede in modo accelerato la perdita di quote di mercato internazionale e interno (infatti, il marchio Fiat è passato in Europa dal 10,1 per cento del 1990 al 7,2 per cento del 2001, sino a toccare il 6,8 per cento nel 2002; la quota del marchio Lancia, pari al 2,3 per cento nel 1990 è scesa all'1 per cento nel 2001 e allo 0,8 per cento nei primi quattro mesi del 2002; il marchio Alfa Romeo è passato tra il 1990 e il 2002 dal 1,5 per cento all'1,3 per cento; la quota Fiat è scesa in Italia dal 36 per cento del 1990 al 24 per cento dei primi quattro mesi del 2002; quella della Lancia dal 9,9 per cento al 4,4 per cento; quella Alfa Romeo dal 5,6 per cento al 3,7 per cento). La Fiat ha proceduto ad una riduzione dell'occupazione che nell'ultimo ventennio del precedente secolo ha interessato decine e decine di migliaia di unità di lavoratori (solo negli stabilimenti torinesi in quel periodo l'occupazione è diminuita di quasi centomila unità), malgrado il rilevantissimo impegno della finanza pubblica speso in vari modi a sostenere l'azienda (che, secondo la Commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati non è inferiore agli undici mila miliardi di vecchie lire solo negli ultimi dieci anni, valutazione che i sottoscrittori del presente atto di indirizzo considerano in difetto);

l'accordo tra il gruppo Fiat e General Motors non ha prodotto risultati positivi dal punto di vista produttivo e occupazionale, anzi ha accompagnato e accelerato i processi negativi su entrambi

i terreni ed ha tolto da Fiat e dal nostro Paese la produzione dei motori a benzina;

la proprietà e il management del gruppo Fiat si dimostrano sempre meno interessati alla produzione automobilistica e potenziano l'impegno e la diversificazione delle iniziative del gruppo verso altri settori, dalle assicurazioni all'energia;

il piano industriale della Fiat è stato respinto da tutti i sindacati e prevede la messa in cassa integrazione straordinaria non a rotazione per 8.100 lavoratori per la durata di un anno, con la sospensione della produzione, e quindi la prospettiva della chiusura definitiva di stabilimenti che hanno fatto la storia industriale del gruppo, quali quelli di Arese e di Termini Imerese;

l'azienda - fatto che non ha precedenti - ha poi dichiarato che oltre la metà dei lavoratori sospesi, quindi oltre 4.000, non ha alcuna possibilità di rientrare al lavoro, configurando così un procedimento di messa in mobilità e di licenziamento collettivo in luogo di una sospensione con integrazione salariale;

tutto questo sembra preludere ad un'eliminazione di produzioni, di siti produttivi e di occupazione considerati sgraditi alla General Motors, al fine di vendere a quest'ultima alle condizioni ad essa più gradite. Come si sa, infatti, in base all'accordo stipulato con la General Motors, il gruppo Fiat avrà la possibilità di esercitare nel 2004 il diritto di opzione circa la vendita del rimanente 80 per cento del capitale Fiat alla stessa General Motors. Non è un caso che le scadenze per la creazione, costruzione e commercializzazione di nuovi modelli, previsti nel piano industriale, si concentrino tutte nel 2005;

quindi, appare del tutto disatteso l'auspicio contenuto nel documento parlamentare prima richiamato, in base al quale il gruppo Fiat dovrebbe essere chiamato ad assumere iniziative rapide e chiarificatrici, al fine di evitare che il Paese si ritrovi privo nel 2004 di una presenza industriale di estrema, e sarebbe meglio dire esclusiva, rilevanza nel settore automobilistico;

il comportamento fin qui tenuto dal Governo appare del tutto inadeguato a fronteggiare una crisi di tali proporzioni che rischia di privare il nostro sistema industriale di un altro punto di eccellenza e di competitività, dopo l'abbandono di chimica, farmaceutica, telecomunicazioni, informatica e avionica;

impegna il Governo

a respingere le richieste di procedura di sospensione dal lavoro di 8.100 lavoratori per un anno a zero ore proposte dall'azienda, in modo da consentire la distribuzione dell'attività produttiva tra tutti gli stabilimenti attraverso interventi sugli orari e le turnazioni, che prevedano l'intervento di misure e ammortizzatori sociali, quali la rotazione della cassa integrazione e i contratti di solidarietà, tali da scongiurare i licenziamenti, in modo da non allontanare per un periodo così lungo e continuato i lavoratori dai luoghi di produzione e da garantire la continuità del reddito per i lavoratori dell'indotto, anche con misure straordinarie, laddove gli stessi, in base alla legislazione vigente, fossero privi di ogni forma di intervento di sostegno al reddito;

a prevedere un impegno pubblico tale da garantire la sostanziale e prevalente pubblicizzazione dell'azienda, fino all'acquisizione integrale della proprietà della Fiat auto, per impedire la svendita dell'intera industria automobilistica del nostro Paese al colosso americano della General Motors; a promuovere l'istituzione di un fondo gestito da un'agenzia a maggioranza pubblica, con la partecipazione degli enti locali, per la progettazione e l'innovazione della mobilità delle persone e delle cose sul territorio, urbano e extraurbano, e quindi dei tipi e degli usi dell'automobile,

e per intensificare la ricerca e la sperimentazione nel campo dei motori ecocompatibili, come quello all'idrogeno;

a favorire una profonda riorganizzazione del lavoro nel settore, con l'immediato obiettivo di una difesa dell'occupazione attraverso la riduzione strutturale stabile dell'orario di lavoro, almeno a 35 ore settimanali a parità di retribuzione.

(1-00122)

Bertinotti, Alfonso Gianni, Giordano, Deiana, Titti De Simone, Mantovani, Mascia, Pisapia, Russo Spena, Valpiana

Fonte

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