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Libano: nuovo governo a "trazione"hezbollah

Presentata lunedì, dopo mesi di incertezza, dall’esponente sunnita e uomo d’affari Najib Miqati, la lista del nuovo esecutivo nel Paese dei Cedri. Le poltrone dei ministeri-chiave vanno ad Hezbollah e i suoi alleati cristiani guidati da Aoun.

(14 Giugno 2011)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.nena-news.com

Libano: nuovo governo a "trazione"hezbollah

foto: www.nena-news.com

LIBANO: NUOVO GOVERNO A "TRAZIONE"HEZBOLLAH Roma, 13 giugno 2011, Nena News - Il nuovo esecutivo del governo libanese ha finalmente visto la luce lunedì ed è subito stato definito un governo “a trazione” Hezbollah, il Partito di Dio. Dopo mesi di trattative il premier incaricato Najib Miqati, il miliardario sunnita con in mano il controllo di gran parte delle telecomunicazioni, ha sciolto ogni riserva e ha presentato la lista ufficiale dell’esecutivo: una lista che prevede 19 ministri, su 30, appartenenti al partito sciita (i ministri appartenenti a Hezbollah in realtà sono solo due) o a coalizioni alleate. Gli altri 11 appartengono politicamente a coalizioni vicine al presidente Michel Suleiman o alleati dello stesso Miqati e vengono definite figure “indipendenti”.

Per placare gli animi di chi vede dietro al nuovo esecutivo, il rafforzamento dei legami con Siria e Iran, primo tra tutti l’amministrazione di Washington che già ieri ha lanciato l’allarme, Miqati ha definito il suo governo “il governo di tutti i libanesi” e in un’intervista esclusiva al momento della presentazione della lista con i ministri nominati ha assicurato che il paese non sarà trascinato verso il radicalismo, in termini di relazioni con la comunità internazionale. Da gennaio, da quando cioè lo stesso Miqati era stato designato a formare un governo dopo che Hezbollah e i suoi alleati si erano dimessi dal governo di unità nazionale, in seguito alle divergenze sulla legittimità del Tribunale (tra i filo-Usa del «Fronte 14 Marzo» e l’opposizione del «Fronte 8 Marzo» capeggiato da Hezbollah) internazionale (Tsl) che sta indagando sui responsabili dell’attentato in cui, nel febbraio 2005, rimase ucciso l’ex premier Rafiq Hariri (padre del premier uscente), Miqati ha sempre definito se stesso come figura indipendente e non sotto il controllo di Hezbollah. Contro la sua nomina a gennaio erano scesi in piazza i sostenitori di Hariri, proclamando una giornata “della collera”.

La candidatura alla premiership di Miqati era stata avanzata dalla coalizione guidata da Hezbollah, ma durante le consultazioni avviate dal capo dello Stato Michel Suleiman per la formazione del nuovo governo, Miqati aveva ottenuto il favore di varie forze politiche – sciite, cristiane e druse. In ogni caso la sua nomina aveva rappresentato una vittoria per il Partito di Dio e anche per i suoi alleati cristiani della Libera corrente patriottica guidata dall’ex capo di stato maggiore Michel Aoun, che infatti ha partecipato attivamente ala spartizione delle poltrone.

Sono andati a ministri di Hezbollah e ai cristiani di Aoun, le cariche per la Difesa (Fayez Ghosn), la Giustizia (Chakib Qortbaui), gli Affari esteri (Adnan Mansur), la Sanità (Ali Hassan Khalil). A Mohammed Safedi, ex ministro dell’economia è andata la poltrona del ministero delle finanze, come indicato da Suleiman: Safedi si è detto pronto a migliorare le casse del Libano e a far risalire la crescita economica del paese, che nei primi mesi dell’anno ha subito una battuta d’arresto, soprattutto per l’incerta situazione politica. Secondo i dati del FMI (Fondo Monetario Internazionale), dopo una crescita record del 7,5% nel 2010, quest’anno il Paese dei Cedri crescerà solo di un 2,5%.

Uno dei nodi cruciali che Miqati dovà sciogliere è la direzione politica da adottare verso il Tsl: finora il miliardario sunnita si è sempre rifiutato di prendere posizione, riaffermando in più occasioni che “il Libano rispetterà i sui obblighi internazionali”.

Passa all’opposizione invece, come del resto aveva già annunciato a gennaio, la coalizione del premier uscente Saad Hariri, appoggiato da Stati Uniti e Arabia Saudita, che aveva vinto le elezioni del 2009 e che si è rifiutato di prendere parte all’esecutivo.

Nena News

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