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Addio, porcellum

Addio, porcellum

(1 Ottobre 2011) Enzo Apicella
Oltre 1.200.000 firme per il referendum abrogativo della legge elettorale Calderoli del 2005, il cosidetto "porcellum"

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La sinistra e la riforma elettorale

(17 Settembre 2005)

L'ipotesi di riforma delle legge elettorale avanzata, nei giorni scorsi, dal centrodestra (o, almeno, da alcuni settori di quello schieramento politico) deve essere sconfitta senza esitazioni.

Proprio coloro che hanno sempre sostenuto la validità del sistema elettorale proporzionale, hanno il dovere di essere tra i più decisi tra gli oppositori del progetto di centrodestra: progetto che può essere indicato in mille modi, meno che – appunto – come un recupero di un sistema elettorale fondato sulla prevalenza del concetto di rappresentanza, rispetto a quello di governabilità.

La nuova legge, infatti, ripristinerebbe un meccanismo su base proporzionale, con sbarramento del 4% escludendo così le forze minori da ogni computo valido per l'assegnazione dei seggi e aprendo la strada ad aggregazioni spurie, imposte esclusivamente da esigenze di carattere elettoralistico (come è stato nel caso del “Girasole” e come sarà, presumibilmente, anche in quello della lista che si vorrebbe denominare “Arcobaleno”).

Ma cosa dovrebbe prevedere, nel concreto, l'ipotesi di riforma di cui si sta discutendo?

Qualora non raggiungessero la maggioranza assoluta, le forze eventualmente firmatarie di un patto di apparentamento che ottenessero la maggioranza relativa si vedrebbero premiate con tanti seggi quanti ne servono a raggiungere quota 340 alla Camera dei Deputati, che rimarrebbe composta da 630 membri (un numero modificabile soltanto attraverso una legge costituzionale), pari al 54% (insomma: un vero e proprio premio di minoranza).

I rimanenti 290 seggi sarebbero suddivisi su base proporzionale tra quelle forze sconfitte in grado di superare la soglia del 4% mentre 12 seggi rimangono destinati alla rappresentanza degli Italiani all'estero.

La procedura per l'assegnazione dei seggi si baserebbe su circoscrizioni (abolendo gli attuali collegi uninominali) con liste in parte bloccate ed, in altra parte, sulla base dell'espressione di voto di preferenza da parte degli elettori.

Quale è, allora, il motivo per il quale, almeno a mio avviso, questa ipotesi va giudicata peggiore del peggior maggioritario?

Prima di tutto perché non è possibile elaborare leggi elettorali soltanto in ragione delle necessità contingenti di una parte degli attori presenti nell'arena politica (si badi bene: non è tanto il caso dei mesi che mancano alle elezioni, in questo il centrosinistra sbaglia parlando di “complotto”. Il sistema elettorale italiano andrebbe, comunque, cambiato perché non corrisponde alla realtà del sistema politico di riferimento,come del resto si vedrà meglio in seguito).

Del resto, con questo sistema appena proposto, apparentemente non dovrebbe mutare nulla al riguardo della tanto decantata “dialettica bipolare” (al punto che qualcuno vorrebbe abbinare, ad una modifica definita come “proporzionalista”, l'indicazione diretta del “premier”: come dire una contraddizione in termini).

Il punto vero è che questa proposta di riforma espone il sistema al rischio, concretissimo,che una forza ottenga la maggioranza assoluta anche a partire da una quota percentuale molto ridotta.

Per intendersi: se per il futuro l'attuale bipolarismo “precario” (qui salta fuori il dato della non rispondenza del sistema bipolare con la realtà del sistema politico:non a caso, una non rispondenza che consente, un giorno sì e l'altro anche, di rispolverare l'idea del “centro”) si suddividesse in quattro cartelli (ecco : una ipotesi molto più corrispondente alla realtà dei soggetti politici in campo) si potrebbe rischiare l'assegnazione dei 340 seggi di maggioranza parlamentare ad un soggetto dal peso elettorale di poco superiore al 30% (ritorno, a questo punto, alla definizione già usata di “Premio di minoranza”).

Ricorderei, a titolo di semplice esempio storico, come la legge cosiddetta Acerbo che regolò le elezioni del 1924 che assegnò al listone fascista la maggioranza assoluta, prevedeva il 75% dei seggi appannaggio alla lista di maggioranza relativa, purché questa superasse il 25% dei voti validi (insomma: al di là delle percentuali, un caso abbastanza simile a quello oggi ipotizzato e in discussione e del tutto diverso da quello della famigerata “legge truffa” del 1953, che per scattare doveva vedere i partiti di maggioranza raggiungere comunque la soglia della maggioranza assoluta dei voti: 50% più uno).

Insomma: come è già stato scritto fa qualche parte, per un nuovo Triciclo riformista o per un partito neodemocristiano, potrebbe diventare fortissima la tentazione di giocare la partita in proprio, alleggerendosi della presenza di alleati scomodi ed invadenti, che potrebbero vedersi costretti a recitare la parte del terzo e quarto polo.

Fin qui le ragioni, evidenti, di una opposizione “da sinistra” verso questo progetto.

Una opposizione “da sinistra” non può però, sempre dal mio modesto punto di vista, svilupparsi difendendo il sistema misto maggioritario/proporzionale oggi in uso, e la pericolosissima concezione personalistica della politica che ne è discesa: sistema elettorale e personalizzazione della politica, in Italia, si stanno intrecciando in una dimensione davvero particolare (in questo senso appaiono emblematiche le vicende, del tutto paradossali se le pensiamo legate ad una ipotesi di coerente sinistra, che si stanno osservando nella fase preparatoria delle cosiddette “primarie”, che vedono addirittura i “disobbedenti” del tutto allineati a questo perverso, ed in apparenza inarrestabile meccanismo, cui è necessario non adeguarsi, pur nella consapevolezza del muoversi del tutto in controtendenza. Anche a costo di apparire inguaribili conservatori ed isolati ritengo non debba essere concesso nulla a questa idea “leaderistica” e “presidenzialista”, che cova in sé i germi di una degenerazione della politica, del resto già largamente in atto).

Deve essere, invece, rilanciata appieno l'idea della centralità che la Costituzione Repubblicana assegna al concetto di rappresentanza ed al ruolo del Parlamento quale “specchio del paese”.

La Repubblica nata dalla Resistenza deve continuare a poggiare sul pilastro fondativo del ruolo pieno dei suoi consessi elettivi, ed è altrettanto necessario che permanga una presenza politica non allineata ai meccanismi dominanti, in grado di difendere questo fondamentale principio, non esaurendo la propria funzione all'interno di una “governabilità”, accodata ai voleri dei poteri economici e televisivi.

Una concezione pluralista della rappresentanza politica e la centralità delle istituzioni elettive debbono , però, essere collegate con una idea forte di intervento pubblico in economia e di uno stato sociale di tipo universalista (in questo senso assistiamo al prevalere di una sorta di “antiglobalismo di maniera”, praticato anche dalle forze più dichiaratamente “antagoniste”, incapaci di offrire anche soltanto l'idea di un modello di società radicalmente diversa, che si propongono di lavorare per “single issues” disponendo di parole d'ordine sempre più sfumate, anche sul tema decisivo della pace della guerra, come è stato nel caso degli organizzatori della recente marcia della Pace “Perugia – Assisi”).

Serve la riproposizione di una modello sociale “europeo”, capace di contrastare sul serio l'unica superpotenza sul piano politico: a questo proposito sarà interessante valutare il risulto elettorale che, domenica prossima, otterrà in Germania il nuovo “Partito della Sinistra”.

In Italia, a questo punto, appare importante far lievitare nei luoghi politico – culturali dove si cerca di esercitare la ricerca più avanzata e coerente, una idea di “sinistra non governativa”, critica, progettuale, capace di ridefinire sedi proprie di iniziativa politica, a partire dal dialogo con quanto di seria opposizione sociale e politica si è sviluppata nel corso di questi anni, fuori e dentro i partiti ed i sindacati, sia confederali che di base.

Savona, li 16 Settembre 2005

Franco Astengo

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