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I furbetti del quartetto

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Il golpe in Niger e il contenzioso imperialista nel Sahel

Solo la classe lavoratrice può liberare l'Africa da oppressione e sfruttamento

(4 Agosto 2023)

niger abas la france

Il golpe militare in Niger fotografa una volta di più l'instabilità politica del Sahel. L'intero centro Africa è terra contesa tra vecchi e nuovi imperialismi. Una contesa che investe lo scenario mondiale, gli equilibri di potenza tra i blocchi rivali, tanto più dopo l'invasione russa dell'Ucraina.

L'Africa è il ventre molle dell'influenza imperialistica dell'Occidente. L'imperialismo francese in particolare ha visto la caduta libera del suo vecchio impero. I recenti golpe militari in Mali e Burkina Faso hanno accelerato questa caduta. L'attuale golpe in Niger è un ulteriore colpo di piccone a ciò che resta dell'eredità coloniale di Parigi. Ma è anche un colpo all'Unione Europea, che aveva scelto il Niger come avamposto in Africa lungo la linea di esternalizzazione delle frontiere contro i flussi migratori. Appena un mese fa Josep Borrell, quale Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, aveva visitato il Niger definendolo un partner solido e affidabile. Una previsione clamorosamente smentita.

Le crisi ripetute dei governi filoccidentali del Sahel hanno la loro radice nella disperata miseria sociale delle popolazioni, prodotta dal saccheggio imperialista, e oggi aggravata dai costi della guerra in Ucraina, a partire dalla scarsità di cibo e dall'impennata di prezzo dei cereali, cui si aggiungono i costi delle campagne destabilizzanti dello jihadismo, e dell'incremento corrispondente della presenza militare imperialista americana ed europea.
Di certo sessanta anni di indipendenza formale, e dei cosiddetti aiuti per lo sviluppo e la cooperazione, non hanno assicurato alcun beneficio percepibile alle popolazioni povere del Niger e del Sahel. Hanno solo lubrificato il loro sfruttamento. In particolare negli ultimi trent'anni, la presenza imperialista in Africa ha privatizzato ovunque tutto il privatizzabile a vantaggio delle rispettive aziende multinazionali. Anche i piccoli embrioni di welfare sono stati smantellati, a cominciare dai presidi sanitari e dall'istruzione. Un paese straricco di uranio come il Niger, con gigantesche riserve petrolifere, vede la maggioranza dei suoi abitanti priva di elettricità e sotto il livello minimo di sussistenza. È la misura della “democrazia” occidentale.

L'azione dell'imperialismo russo non è irrilevante nella capitalizzazione politica della situazione. La Russia di Putin ha offerto più volte una sponda alternativa di riferimento alle classi dirigenti corrotte e corruttibili del Sahel. Una sponda innanzitutto militare, spesso garantita dalla protezione banditesca delle milizie Wagner in cambio di concessioni minerarie. Ma anche una sponda economica in termini di rifornimenti alimentari: il blocco militare del grano ucraino sul Mar Nero viene rimpiazzato da donazioni cerealicole russe, quale strumento di pressione per un cambiamento di alleanze. Di certo i golpe recenti in Mali e Burkina Faso hanno avuto uno sbocco filorusso. La Repubblica Centrafricana è esposta a una dinamica analoga.

Il contenzioso apertosi sul Niger ha per ora una natura più incerta. Gli equilibri nigerini non sono ancora definiti. La Wagner ha prontamente offerto il proprio sostegno ai golpisti ma il governo di Mosca al momento si è smarcato. È possibile che pesino i contrasti interni all'apparato imperialista russo, clamorosamente esplosi con la marcia (fallita) di Prigozhin. Ma probabilmente non si tratta solo di questo. Putin sta giocando in Africa, anche in Sahel, una partita più vasta, per estendere influenza e relazioni. Non vuole comprometterla col sostegno affrettato a un golpe dall'esito incerto, malvisto da altri paesi corteggiati. Nel frattempo i governi filorussi del Mali e del Burkina Faso si sono schierati coi golpisti nigerini, garantendo loro aiuto militare, se necessario. Così Putin può giocare su più tavoli, può pesare sulla bilancia negoziale senza esporsi direttamente.

Parallelamente dodici governi filoccidentali dell'Africa Occidentale (CEDEAO) minacciano un intervento militare in Niger se non viene ripristinato il vecchio presidente destituito, Mohamed Bazoum. Con ciò da un lato cercano di tutelarsi da possibili rischi di contagio in casa propria, dall'altro si offrono come possibile fanteria agli imperialismi d'Occidente. Che oggi, a partire dalla Francia, avrebbero grandi difficoltà politiche e militari ad arrischiarsi direttamente in nuove avventure militari nel Sahel, dopo i rovesci subiti.
Quanto al nuovo governo golpista del Niger, non ha ancora scelto la propria collocazione perché sta trattando con diversi interlocutori, alla ricerca del miglior offerente, e deve ancora consolidarsi militarmente sul versante interno. Le manifestazioni antifrancesi, con sventolio delle bandiere russe, non configurano ancora una base d'appoggio sicura. Meglio, al momento, prendere tempo.

L'imperialismo cinese è un altro attore di primo piano della crisi africana. Un attore già egemone economicamente sul continente in termini di controllo di risorse strategiche, in particolare delle terre rare (litio, cobalto, nichel) che sorreggono la competizione mondiale nelle nuove tecnologie e nella cosiddetta transizione energetica.
Tra imperialismo russo e cinese, non senza contraddizioni, si realizza in Africa una sorta di divisione informale del lavoro. L'imperialismo russo offre prevalentemente protezione militare (ma non solo). L'imperialismo cinese compra a prezzi stracciati immense distese di terra africana da sussumere nel proprio sviluppo offrendo enormi investimenti infrastrutturali a debito. L'interesse comune sta nella capitalizzazione del declino imperialistico occidentale. Il costo lo pagano i proletari africani.

Anche all'interno del campo occidentale si giocano sull'Africa diverse partite. L'imperialismo italiano in particolare cerca un proprio spazio nella crisi dell'influenza francese. Il recente summit tra Italia, Arabia Saudita, Qatar e diversi governi africani ha visto non a caso la presenza statunitense, ma non quella francese e tedesca. L'Italia si offre come sponda affidabile all'imperialismo USA in funzione antirussa (e progressivamente anticinese) in cambio di un riconoscimento di ruolo per l'imperialismo italiano da parte americana. Il cosiddetto Mediterraneo allargato è creatura diplomatica italiana. Mira ad estendere ai confini del Niger l'area di interesse dell'Italia, anche a scapito della Francia. Serve non solo per bloccare le partenze dei migranti alla fonte ma anche per guadagnare posizioni chiave sul terreno economico ed energetico. L'ENI, guarda caso, è la principale azienda del continente africano in termini di volume di capitale e di affari.

La presenza militare italiana in Africa, Niger incluso, serve a rafforzare il peso contrattuale dell'Italia nella spartizione delle zone di influenza. Anche per questo il golpe militare in Niger è visto con particolare apprensione. Con qualche risvolto contraddittorio: le truppe italiane stanziate in Niger si occupavano formalmente di addestrare i militari nigerini, gli stessi che hanno appoggiato la Guardia Presidenziale nell'esecuzione del golpe. Non esattamente un successo tricolore. Ma certo è la misura di un ruolo da giocare in partita. Il Ministro degli esteri Tajani si è affrettato a dichiarare che l'ambasciata italiana in Niger resta aperta anche per svolgere un'azione negoziale utile. Utile all'imperialismo italiano, non necessariamente alla concorrenza francese.

I proletari africani, la popolazione povera del continente, non hanno nulla da guadagnare da questa contesa imperialista sulla loro pelle. Tra i vecchi imperialismi e gli imperialismi nuovi non ci sono alleati possibili per le masse diseredate del continente. Né in Niger né altrove. Non si tratta di scegliere l'albero cui impiccarsi, ma di abbatterlo, liberando il continente da ogni retaggio coloniale o neocoloniale e realizzando una prospettiva socialista.
Il proletariato africano è in grande crescita, composto in larga misura da giovani e giovanissimi. Solo la sua forza può liberare l'Africa e ricostruirla su nuove basi sociali. Dare a questa classe la coscienza politica delle sue potenzialità è il compito dei marxisti rivoluzionari africani. Battersi per il ritiro di ogni missione imperialista dall'Africa, tricolore italiano incluso, è un dovere che spetta al movimento operaio internazionale.

Partito Comunista dei Lavoratori

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