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Operatori Sanitari per Gaza: la nostra battaglia per il cessate il fuoco e a sostegno del popolo palestinese

(10 Febbraio 2024)

La popolazione di Gaza sta vivendo un momento quanto mai tragico. Certo, molti Stati e una parte del sistema mediatico occidentale cercano di sminuire i crimini di guerra e contro l'umanità commessi nei suoi confronti dall'IDF (Israel Defense Forces). Ma ormai l'operazione riesce sempre meno e in ogni angolo del pianeta, Italia inclusa, si sta sviluppando una mobilitazione solidale non solo ampiamente partecipata, ma anche articolata. Lo conferma, tra l'altro, l'esperienza degli Operatori Sanitari per Gaza che, nel nostro paese, sta coinvolgendo sempre più persone, appartenenti a tutte le figure professionali del campo sanitario e ospedaliero. Le loro battaglie e il loro impegno ci vengono restituite, nella conversazione che segue, da Francesca Perri, Medico emergentista di Roma che, da anni, si batte per la Sanità come diritto universale, da noi come nel resto del mondo.

sanitari per gaza

Una delegazione del gruppo Operatori Sanitari nel momento di una consegna, all'Ordine dei Medici di Roma, della lettera diretta a tutti gli Ordini professionali. Questi, data la loro natura di Organismi Sussidiari dello Stato, possono stimolare il governo a chiedere il cessate il fuoco immediato.

“Fe-hu-wang chiese: -Che interesse hanno al rivolgimento i lavoratori della testa, fuorché l’interesse di tutti? Me-ti rispose: -Pigliamo i medici. Il peggio di tutto è che i medici non possono far nulla per impedire le malattie. I medici dicono che sui loro tavoli gli uomini sembrano loro uguali. Ai medici si spedisce a domicilio il malato in uno stato che non è il suo solito ,in forma di un corpo nudo, privo di occupazioni, senza un passato e un futuro determinati. Non viene eliminata la causa della malattia, ma tutt’al più l’effetto di questa causa, cioè.appunto la malattia. Essi non possono fare nulla per impedire la guerra, ma solo rappezzare le membra sfracellate. E nelle nostre città la guerra c’è sempre”
Bertolt Brecht, Me-ti. Libro delle svolte.

Prima di parlare del vostro gruppo, vorremmo accennare ai precedenti. Ad esempio, a un appello lanciato proprio agli inizi dell'attacco sferrato contro Gaza, sottoscritto da oltre 2000 operatori sanitari e volto a fermare il massacro. Un passaggio sostenuto da organizzazioni storiche come Medicina Democratica. Come lo si può collocare, nel percorso che ha portato alla formazione degli Operatori Sanitari per Gaza?
Io personalmente ho firmato anche quella petizione, che mi ha coinvolta in prima persona in quanto medico emergentista: siamo sempre noi, “medici in prima linea”, ad accorrere per primi, a prestare soccorso e cure e a salvare vite. Siamo noi quelli più esposti, e ciò risulta ancora e più tragicamente evidente in guerra. A Gaza, i medici di primo intervento e il personale delle ambulanze sono sistematicamente colpiti da attacchi militari e bombardamenti.
In seguito a quella petizione, in modo del tutto spontaneo e trasversale, si è formato il primo nucleo di operatori sanitari solidali con Gaza, nei giorni precedenti al Natale. La prima assemblea nazionale, cui partecipai, si tenne a Firenze nello scorso 28 dicembre. A Roma abbiamo aderito in tanti, sia a titolo individuale sia a livello di realtà organizzate come il Coordinamento cittadino Sanità, il sindacato SI Cobas, e stiamo lavorando tutti in sinergia per portare avanti questa battaglia. La sera del 5 febbraio c’è stata la quarta riunione nazionale degli Operatori Sanitari per Gaza (come le altre riunioni si è tenuta online). Vi hanno partecipato tutte le realtà locali: la Rete è diffusa in Toscana, in Veneto, in Lombardia, a Torino, a Genova, qui a Roma e in tutte le principali città del paese. A Napoli, ad esempio, c’è una realtà molto vivace e il 5 hanno partecipato anche Colleghi e compagni da Cosenza. Nelle riunioni spieghiamo i nostri obiettivi, le nostre richieste.
La Rete chiede il cessate il fuoco immediato, l'istituzione di corridoi umanitari e, ovviamente, la fine di ogni guerra, perché come operatori sanitari non possiamo tollerare che ancora oggi ci siano morti per le guerre, un orrore palesemente anacronistico: l’essere umano è andato sulla luna, esplora lo spazio ma si accanisce nell’opera di distruzione del nostro pianeta. Ciò in vari modi, dei quali il più inaccettabile sono proprio le guerre, che si combattono per il profitto di pochi, a cominciare dai fabbricanti di armi. I nostri governi, anche nella democratica Europa, continuano a dirci che non ci sono i soldi per la sanità, per l’agricoltura e per la scuola, ma per gli armamenti e le guerre i soldi si trovano sempre.

A Roma quando avete fatto il vostro esordio?

Qui a Roma abbiamo esordito il 13 gennaio, partecipando a una manifestazione indetta dai giovani palestinesi. Ormai è abitudine consolidata manifestare in solidarietà ai palestinesi di sabato, a Largo Corrado Ricci o a Piazza Vittorio. Ci siamo ritrovati in piazza in quella occasione, dopo esserci contattati online o per telefono. In una riunione online, abbiamo concordato di scrivere un volantino dopo aver consultato tutto il materiale elaborato dalla nostra organizzazione a livello nazionale. Subito ci siamo ritrovati d’accordo sui contenuti, quindi abbiamo preparato e poi esposto uno striscione. Eravamo presenti in circa trenta persone, ma già alla manifestazione successiva il numero risultava aumentato, ché ogni giorno ciascuno di noi coinvolge altri colleghi. Insomma la Rete è in crescita. Tra l’altro il movimento degli operatori sanitari per Gaza sta crescendo in tutta Europa. Alcuni di noi si occupano di tenere i contatti con le realtà di altri paesi europei, io personalmente mi occupo dei contatti interni all’Italia.

Dunque, il vostro è un agire articolato, segnato dal collegamento che realtà che, altrove, perseguono i medesimi obiettivi
Sì, è così. Tra di noi c'è un gruppo che si occupa in primo luogo di tenere i contatti internazionali.
Lavorando sui contatti interni all’Italia e soprattutto a Roma, io mi sono recentemente occupata di costituire una rappresentanza della nostra organizzazione, impegnata nel recapitare una lettera aperta a tutte le Federazioni e a tutti gli Ordini Professionali, a cominciare da quello dei medici. Ogni nostra rappresentanza regionale sta portando la medesima lettera al proprio ordine professionale di riferimento. Io mi sono offerta per recapitarla all’ordine dei medici di Roma. Nella lettera si chiede agli Ordini di prendere una posizione precisa. Va ricordata una cosa: ordini professionali come quello dei Medici sono organi sussidiari dello Stato, quindi rientra nelle loro facoltà esercitare una pressione sullo stesso affinché richieda il cessate il fuoco immediato, nonché l'istituzione dei corridoi umanitari e la creazione delle condizioni per la cura dei feriti.

Avete contatti con medici ed operatori sanitari palestinesi?

Qui in Italia abbiamo contatti con colleghi di nazionalità palestinese che sono anche entrati a far parte della Rete, in particolare con il dottor Yousef Salman, figura storica del movimento palestinese in Italia. Egli esercita come pediatra qui a Roma e partecipa a tutte le nostre iniziative, oltre ad essere delegato nazionale della Mezzaluna rossa per l’Italia.
E’ proprio lui a fornirci le notizie più aggiornate e dettagliate sulla situazione sanitaria a Gaza, un luogo in cui ormai non entra nessun tipo di materiale sanitario. Oggi, nella tragedia di Gaza, non dobbiamo tenere conto solo delle vittime dei bombardamenti, ma anche delle molte vittime causate dall’assenza di rifornimenti e di energia. Del resto, tutti abbiamo visto le immagini dei bimbi di Gaza morti nelle incubatrici perché mancava l’energia elettrica. C'è chi ha ancora remore a condannare, ma mai come in questo caso si può parlare di un autentico genocidio.

Una domanda conclusiva, che esula parzialmente dalla tragedia del popolo palestinese. Le politiche degli Stati, in tutto il mondo, da un lato impongono tagli ai sistemi sanitari e dall'altro portano il mondo in guerra. A fronte di ciò, a chi lavora nella sanità si cerca di imporre un atteggiamento “neutro”, “apolitico”. Cosa rispondete a chi come operatori sanitari vi chiede “neutralità” rispetto a certe decisioni dall'alto?
Rifiutiamo categoricamente questo discorso sulla nostra pretesa “neutralità”, che ha un'evidente matrice ideologica. Un medico è doverosamente neutrale nel momento in cui si trova di fronte a un ferito, che sia di una o dell’altra delle parti in guerra e lo deve comunque curare e guarire, fosse pure il peggiore dei criminali. Ciò viene imposto dall’etica professionale e dal giuramento di Ippocrate, che è una cosa seria, anche se alcuni lo prendono poco sul serio, tra i politici e purtroppo anche tra alcuni dei miei colleghi, i quali talvolta si inchinano alle esigenze della politica.

Il Pane e le rose - Collettivo redazionale di Roma

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