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Per la costituzione di forum sociale anche a Padova

(8 Gennaio 2003)

Il 23 luglio 2001, all’indomani dei tragici fatti di Genova, un’assemblea improvvisata con centinaia di partecipanti decide di organizzare per il giorno dopo una manifestazione a Padova che, convocata con un semplice passaparola, vede il 24 luglio sfilare in corteo diverse migliaia di persone. Generazioni diverse di attivisti ed ex attivisti della sinistra e del mondo cattolico padovano, studenti, lavoratori, artigiani, pensionati, per la prima volta dopo moltissimi anni partecipano assieme ad un’iniziativa di protesta.

Da qui deve ripartire la riflessione sulla possibilità e l’utilità di un ambito cittadino assembleare e di lavoro. Anche allora, sull’onda delle straordinarie giornate di Genova, era stata proposta la costituzione di un foro sociale padovano, che tuttavia non decollò per ragioni diverse e in parte contingenti, legate al bilancio di quell’esperienza e alle prospettive future.

Ma le realtà che a Padova avevano lavorato insieme per la riuscita del controvertice G8, in quest’anno trascorso hanno continuato a vedersi, anche discontinuamente, per continuare il lavoro, spesso sotterraneo, di opposizione alla guerra, che dopo l’11 settembre è tornata ad essere una tragica realtà.

Nel frattempo la rete nazionale che aveva dato vita alle giornate di Genova ha ugualmente continuato a lavorare, crescendo ed allargandosi. Pur tra difficoltà e contraddizioni, questa rete ha saputo realizzare un nuovo straordinario evento, il forum sociale europeo a Firenze. Più ancora dell’imponente manifestazione, le giornate di dibattito hanno mostrato uno straordinario salto di qualità di questo movimento, sia sul terreno dei contenuti che su quello dell’autogestione di sé stesso. 60.000 persone e centinaia tra associazioni, gruppi, partiti ecc. hanno preso parte pacificamente agli incontri in un quadro di serena e vigile partecipazione, con un sentimento di appartenenza a quest’esperienza che solo può spiegare il successo organizzativo di un’evento preparato su una previsione di meno di un terzo dei partecipanti convenuti.

Tutto ciò, anche se può sembrarlo, non è stato un miracolo, ma il frutto della metabolizzazione e dello sviluppo di un metodo di lavoro e confronto inaugurato a Genova, ma che a Firenze è apparso di gran lunga più avanzato rispetto ad un anno fa. Esso si basa sulla condivisione di alcune semplici opzioni di principio – no alla guerra e no al liberismo (che la genera) – e sul riconoscimento e la valorizzazione della diversità. Questo metodo, che ha come pietra angolare la critica e il superamento del concetto novecentesco di egemonia, non solo riesce a raccogliere le forze e a sommarle, anzi a moltiplicarle, nelle sue battaglie, ma viene incontro al bisogno socialmente condiviso di unità delle forze che si contrappongo, appunto, alla guerra e al liberismo. E questo movimento, attraverso questo metodo, è riuscito a far radicare in ampi strati sociali la convinzione che guerra e globalizzazione non sono concetti astratti e lontani, che riguardano altri paesi e popoli, ma al contrario, che essi sovradeterminano la nostra condizione quotidiana, dai luoghi di lavoro a quelli di studio, dai servizi sociali all’ambiente, dalla salute alle libertà democratiche.

Firenze ha dimostrato, insomma, che un altro mondo è già in costruzione. Lo ha dimostrato non ad un movimento autoreferenziale ma all’intero corpo sociale: la contaminazione, che a Genova era apparsa tutta interna al pur vastissimo arcipelago di realtà del movimento, ha rotto gli argini e travolge pezzi di società che hanno vissuto per decenni in un difficile e perdente isolamento, forzando steccati di collocazione sociale, lavorativa, politica e organizzativa, come dimostrano le iniziative di lotta di queste ultime settimane contro gli arresti e contro i licenziamenti FIAT, con la saldatura dell’iniziativa politica tra il movimento operaio e il movimento dei movimenti.

Esiste anche a Padova una fortissima domanda di movimento dei movimenti.

Esiste la domanda di un ambito politico plurale che superi gli steccati organizzativi, in questa città particolarmente rocciosi e sclerotizzati, determinati, prima ancora che da differenze politiche, da differenti vissuti dei ceti politici.

Esiste la domanda di un ambito pubblico in cui tutti si possano identificare senza perdere la propria identità politica e/o personale. In cui ciascuno possa sviluppare i temi che più lo interessano e/o lo riguardano senza perdere di vista l’insieme e in cui ciascuno possa trovare altri con cui condividere e confrontare percorsi di approfondimento e di lotta. In cui ognuno possa continuare a sviluppare liberamente la propria iniziativa senza sentirsi vincolato al consenso unanime, ma ritrovando poi l’unità nelle scadenze generali.

Un ambito che non sia un coordinamento di sigle per addetti ai lavori, ma un luogo di incontro aperto alle specifiche realtà e ai singoli individui, che, attraverso un’opportuna organizzazione in aree tematiche e gruppi di lavoro, riesca ad approfondire i temi e dispiegare iniziativa capillarmente, senza smarrirsi nell’assemblearismo né esorcizzarlo con strutturazioni burocratiche e verticistiche.

Crediamo che a questa domanda vada data una risposta e spetti a noi offrirla. Non perché ci riteniamo migliori di altri, con le tasche piene di soluzioni, ma perché questo cartello plurale ha già dimostrato, pur con i suoi limiti, di essere riconosciuto come punto di riferimento dell’opposizione sociale cittadina proprio in virtù della sua pluralità. A noi spetta il compito della proposta. A chi l’accoglierà spetterà quello di plasmarla e farla vivere.

Coordinamento per la pace
senza se e senza ma

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