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(14 Agosto 2012) Enzo Apicella

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Un nuovo movimento politico

documento dei delegati Rsu iscritti alla Cgil che si riconoscono nel movimento “Per un Coordinamento Nazionale delle RSU”

(14 Gennaio 2003)

I Compagni Patta, Agnello, Perini, coordinatori nazionali della nostra area programmatica, sono impegnati nella costruzione di un loro movimento politico che, affermano, vorrebbe rappresentare quelle istanze di partecipazione e di cambiamento che il mondo del lavoro esprime ed a cui, secondo loro, nessuna forza politica è in grado di rispondere. Si vuole in realtà incrociare il progetto politico di Cofferati, cercando di imporsi come forza contrattuale in quel rimescolamento della sinistra Ulivista a cui in molti stanno lavorando.
Questa loro intenzione, già anticipata con un documento appello, prende ora contorni più precisi ed impegnativi avendo questi compagni annunciato per il prossimo febbraio la nascita del loro movimento (in prospettiva un partito?), “Lavoro e Libertà”.
Abbiamo avuto modo di considerare in un nostro precedente intervento quanto poco ci convinca questa operazione, ma anche come ognuno sia libero di fare scelte e praticare propri percorsi di impegno politico, a patto però che le sue intenzioni siano esplicite. La stessa libertà (in risposta a qualche reazione stizzita di chi non ha apprezzato il nostro precedente intervento) vale anche per chi esprime critiche di merito sulle ipotesi perseguite da questi compagni. La loro presunzione di rappresentare politicamente la voglia di partecipazione e di cambiamento è, appunto, una loro presunzione, una delle tante legittimamente in campo, non necessariamente quella corretta ed adeguata alla situazione.

Ma la questione vera, quella che tutta l’area non può esimersi dal discutere, è però il peso che la scelta fatta da compagni che rivestono il ruolo di coordinatori nazionali può avere sulla stessa area programmatica. Si è infatti determinata una situazione assolutamente nuova per la storia della sinistra sindacale in Cgil che pure ha visto e vede compagni iscritti ad un partito, ma mai impegnati in prima persona nella direzione o nella fondazione di una loro forza politica. E’ quindi legittimo porre ad una verifica interna all’area la questione se compagni che hanno ruoli di responsabilità e di direzione dell’area e che hanno fatto una scelta di impegno diretto in politica, possano continuare a mantenere anche il ruolo di coordinatori dell’area programmatica.
Su questo bisognerebbe arrivare ad una verifica al nostro interno. Per determinare regole certe ed esigibili sul funzionamento dell’area programmatica, per evitare condizionamenti esterni sulle sue dinamiche interne, per garantirne l’autonomia dagli interessi particolari che la scelta, fatta da questi compagni di fondare un loro movimento politico, mette inevitabilmente in moto.

Una verifica necessaria anche per il rilancio dell’area programmatica che, a nostro parere, deve risolvere ritardi e limiti, che anche nelle posizioni politiche e nelle analisi con cui è motivata la scelta di “impegno politico” di questi compagni, trovano riscontro.
Crediamo non sia senza motivo che nel loro documento-appello sia stranamente assente l’individuazione delle responsabilità della Cgil che, con la sua politica concertativa e l’indisponibilità al cambiamento, sta nei fatti compromettendo e frenando proprio quelle istanze di partecipazione e di cambiamento che anche Patta e gli altri individuano insorgere dal mondo del lavoro. Infatti essi non rilevano come, dopo ben tre scioperi generali la Cgil non ha ancora definito una piattaforma generale. Non denunciano l’isolamento con cui si lasciano i meccanici sul loro rinnovo contrattuale, l’indisponibilità finora manifestata ad uno sciopero generale per il lavoro ed in difesa dell’attacco all’occupazione in Fiat, l’ostilità verso i referendum per l’estensione dei diritti, la deriva concertativa continuamente riproposta e difesa negli accordi contrattuali e territoriali.

Perché questo silenzio sulla Cgil da parte di Patta e gli altri?

Probabilmente il loro interesse per la lotta in Cgil, per una svolta sindacale, ha urgenze diverse da quello che la realtà invece impone e che abbiamo chiaramente indicato nel nostro documento congressuale. Probabilmente questi compagni considerano, pur nella sua contraddittorietà e carenza, il semplice e recente cambiamento di “atteggiamento” della Cgil come sufficiente a rilevare l’esistenza di “una svolta”. Cosa questa che giustificherebbe nuovi scenari e alleanze, compresa l’ipotesi di una nuova maggioranza a cui alcuni della sinistra sindacale stanno già guardando, condizionando cosÏ l’iniziativa ed il ruolo dell’area programmatica a questo loro obiettivo, funzionale per altro agli scenari nei quali intende muoversi il loro movimento politico.

Cosa sta succedendo nella sinistra sindacale in Cgil?

Non nascondiamo la nostra preoccupazione sullo stato attuale della sinistra sindacale in Cgil.
La voglia di partecipazione e di cambiamento, che ha ispirato la nascita e lo sviluppo della sinistra sindacale in Cgil, e indicato la necessità di una battaglia non solo contro la concertazione, ma anche per una effettiva democrazia delle organizzazioni sindacali, sembra non essere più lëelemento distintivo e discriminante della nostra pratica.
Al radicamento nei luoghi di lavoro e ad una prassi fortemente partecipativa che ha nelle rappresentanze di base il perno fondante di un nuovo modo di fare sindacato, si è sostituito un rapporto di delega che accentra (spesso malamente) nelle burocrazie e nelle strette cerchie dei direttivi ogni decisione e presunzione di rappresentatività, senza occasioni e momenti di verifica.
Alle vicissitudini politiche degli ultimi anni che hanno prodotto divisioni nella sinistra politica, e da cui non è stata immune la sinistra sindacale, corrisponde oggi una organizzazione più di “cordata” che di area programmatica, una involuzione favorita dall’assenza, ormai da tempo, di reali momenti di partecipazione, discussione e verifica collettiva dell’iniziativa e degli obiettivi.
Per ogni decisione l’apparato convoca se stesso. Se va bene, i delegati di base dell’area programmatica sono chiamati a partecipare a qualche seminario ed a qualche assemblea di area nella quale non possono neppure intervenire perché gli interventi sono già concordati e le conclusioni sono “blindate” a tutela dei delicatissimi equilibri tra le varie anime della burocrazia.
Si conducono vertenze e si firmano accordi senza che i responsabili ed i coordinatori di sinistra sindacale si preoccupino di sottoporre a verifica dei compagni dell’area programmatica la conduzione e la conclusione delle trattative, come sta recentemente accadendo per il CCNL vetro e Ceramica, per citare solo gli ultimi ed i più eclatanti.
Sul merito ci preoccupa la caduta di iniziativa, la debolezza delle proposte, l’incapacità di coerenza e di sintesi collettiva, che hanno caratterizzato la sinistra sindacale negli ultimi anni.
Già in occasione dei bombardamenti sulla Jugoslavia, parte degli apparati della sinistra sindacale ha dimostrato una preoccupante caduta di autonomia dal quadro politico (che allora vedeva al Governo DS, PcdI e Verdi) vivendo con imbarazzo, a volte osteggiandola, la lotta che dai delegati era partita contro la guerra.
La stessa linea anticoncertativa si è oggi annacquata in una forma di “realismo sindacale” che si accontenta di emendare solo formalmente i comportamenti concertativi della Cgil, senza più contrapporre a questi un nuovo modello di contrattazione. Anzi si arrivano a sostenere cose, come quella del riferimento all’inflazione presunta a livello Europeo (ipotesi sostenuta tra l’altro dalla Cisl), come conquiste significative, mistificandone i risultati economici e presentandoli come dimostrazione di una svolta da apprezzare, o come risultato dell’efficacia delle proposte dell’area.
Persino sulla piattaforma della Fiom si alzano risolini e imbarazzi al nostro interno, al punto che la lotta per il sostegno alla Fiom con la generalizzazione dei contenuti di quella piattaforma in tutte le categorie non è neppure all’ordine del giorno.
Cosa questa che ha dell’assurdo, alla luce dell’alleanza con Sabatini e Rinaldini nella fondazione di questo nuovo movimento politico che dovrebbe decollare a Febbraio. Se si è costituito questo inedito asse sul piano politico, come mai non c’è traccia di questo anche nella battaglia in Cgil, dove la Fiom è sempre più isolata all’interno delle categorie, e dove le stesse burocrazie della sinistra sindacale non si stanno certo esponendo per sostenere e generalizzare quel tipo di piattaforma e di percorso vertenziale. Quali basi e quale credibilità ha l’operazione di Patta e degli altri, la loro alleanza con Rinaldini e Sabatini fuori dalla Cgil, se non riesce neppure a produrre, dentro la Cgil, effetti pratici di svolta e cambiamento a partire dal sostegno alle contraddizioni aperte dalla Fiom.
Ma senza continuare nell’elencazione delle situazioni di sofferenza, basti dire del divario che si può registrare tra le attuali e difficili condizioni dello scontro tra Capitale e Lavoro, ed il ruolo, la capacità di iniziativa della Sinistra sindacale in Cgil, anche in rapporto a quanto sostenuto col nostro documento congressuale.

Di tutto questo, Patta e gli altri, sembrano non preoccuparsi, anzi probabilmente smentiranno producendo un’altra lettura, più ottimistica, della situazione della sinistra sindacale, tutta basata sul consenso della maggioranza degli apparati e della stretta cerchia di delegati che “contano”.
Il pesante silenzio sulla Cgil negli appelli da loro lanciati per acquisire consensi sulla loro discesa in politica, lo stato, i limiti e le carenze della nostra iniziativa, la necessità di nuove regole, impongono una discussione e una verifica urgente dell’attuale tattica e strategia dell’area.
Le regole su cui si basa oggi il funzionamento della sinistra sindacale in Cgil, non solo si dimostrano inadeguate a rappresentare le istanze di partecipazione e di cambiamento di cui proprio i nostri militanti sono convinti rappresentanti (avendo fatto di questo l’elemento distintivo della battaglia per una svolta in Cgil) ma si dimostrano deboli anche a garantire una democratica gestione dell’area programmatica in una situazione dove, proprio la discesa in politica dei nostri coordinatori nazionali, rischia di consolidare la propensione ad organizzarsi per cordate, più tese al controllo degli apparati che alle coerenze con i compiti per cui centinaia di militanti hanno costruito e reso possibile il progetto di sinistra sindacale in Cgil.
Un rischio questo già evidente, non solo nella propensione all’autonomizzazione dei comportamenti di parte dell’apparato dai naturali e democratici luoghi della partecipazione, della decisione e della verifica collettiva, ma anche nella propensione a emarginare gli elementi (sindacalisti e delegati) poco affidabili e non in coerenza con i progetti dei capi cordata.
Una situazione questa che temiamo possa aggravarsi ulteriormente se la sinistra sindacale non sarà capace di una spregiudicata verifica della sua recente esperienza, e se non saprà darsi regole in grado di allargare la partecipazione alle decisioni ed alla verifica del suo operare.

Per un rilancio della Sinistra sindacale in Cgil

Noi rimaniamo convinti che la situazione attuale richiede ancora una forte sinistra sindacale, ed una esplicita lotta ad una linea concertativa che la Cgil tutt’ora ripropone nei suoi obiettivi e nella sua pratica. Crediamo che sia un errore, come alcuni della sinistra sindacale già sostengono e praticano, ritenere che esistano oggi le condizioni per una nuova maggioranza in Cgil.
E’ tutt’ora invece evidente come, anche dal punto di vista del modello sindacale, la questione della partecipazione, della democrazia e delle istanze di cambiamento di cui siamo portatori siano tutt’ora all’ordine del giorno della battaglia in Cgil.
Parafrasando il documento di Patta ed altri, possiamo dire che è urgente che le istanze di partecipazione e di cambiamento che il mondo del lavoro esprime debbano irrompere nel sociale e nella politica, ma ciò, aggiungiamo noi, deve e può avvenire solo con il rilancio dell’iniziativa, con la pratica di un modello effettivamente democratico e partecipativo di sindacato. Deve e può avvenire con la discesa in campo delle lotte e del protagonismo dei lavoratori e della base sindacale e non già delegando ciò alla discesa in politica di alcuni che presumono (non necessariamente a ragione) di rappresentare tutto ciò soggettivamente.
Liberi Patta e gli altri di impegnarsi direttamente sul fronte politico (movimento o partito che sia è comunque sulla forma del nuovo “partito del lavoro” su cui sono impegnati in prima persona) ma ciò non deve condizionare ulteriormente una sinistra sindacale che deve oggi verificare e rilanciare se stessa, anche dandosi regole di funzionamento adeguate a difenderne l’autonomia.
Per questo riteniamo che sia necessario avviare un percorso di discussione interna, di rilancio della nostra strategia e di definizione di regole certe ed esigibili per il funzionamento della sinistra sindacale secondo quei principi di democrazia e partecipazione che ne hanno segnato le origini e che oggi, grazie all’importante sviluppo dei movimenti, possono irrompere con ancora più forza nel sindacato.
Crediamo che occorra superare l’attuale situazione per cui i coordinatori dell’area sono automaticamente i sindacalisti più alti nella carica (categoriale e territoriale) che spesso agiscono solo come coordinatori di loro stessi o dei pochi da loro considerati affidabili. Occorre superare l’attuale situazione per cui i coordinamenti (spesso mai convocati) sono costituiti esclusivamente dai membri dei direttivi, i quali quasi mai (non essendoci percorsi esigibili che garantiscano ciò) sono chiamati a verificare il loro mandato con i compagni che li hanno eletti e con quelli dei loro territori di appartenenza dei quali dovrebbero essere i rappresentanti ed i portavoce.
Occorre anche superare la frammentazione categoriale e territoriale della nostra iniziativa (per cui sembra che noi si abbia tante linee quante sono le categorie ed i territori), ridando a questa i caratteri di un programma complessivo che ha come obiettivo principale la lotta per una vera svolta sindacale da perseguire ovunque in modo che la nostra azione sia riconoscibile, coerente con la nostra linea generale presentata al congresso, e non reinterpretata di volta in volta a seconda dell’interesse locale, del momento, o delle alleanze.

Crediamo che serva fare ciò urgentemente anche per rilanciare l’iniziativa dell’area sulle questioni oggi aperte:
Sui referendum: Dobbiamo sostenere i referendum sull’articolo 18 e 35 a cui l’area ha aderito (pur con apprezzabile scarsità di impegno da parte di molti, come una attenta disamina delle firme raccolte dimostra) anche aprendo la battaglia in Cgil, a tutti i livelli, perché questa aderisca alla campagna referendaria superando e risolvendo la sua attuale, ingiustificabile ostilità
Sulla guerra: Dobbiamo chiedere con forza che la Cgil dia uno sbocco concreto alla sua dichiarazione di indisponibilità alla guerra impegnandosi per lo sciopero generale nazionale immediato in caso di guerra.
Sull’occupazione: Dobbiamo rilanciare l’iniziativa per una piattaforma ed una iniziativa generale, capace di unificare tutto il mondo del lavoro e tutti i fronti aperti, per contrastare il ricorso al lavoro precario, per ridare poteri e ruolo alle Rsu sul controllo delle prestazioni e dell’organizzazione del lavoro, sugli ammortizzatori sociali. Bisogna battere l’attuale indisponibilità della Cgil ad uno sciopero generale per respingere gli attacchi all’occupazione alla Fiat, mentre a livello territoriale si continua con la stipula di Patti concertativi che dimostrano ogni giorno di più il loro fallimento.
Sui contratti di lavoro: Come dimostrano anche gli ultimi accordi e piattaforme, la politica rivendicativa, tutt’ora ancorata alla linea concertativa, non riesce a dare risposte adeguate ai bisogni ed alla necessità di ridurre la subordinazione del lavoro all’interesse di mercato e di impresa. L’unico contratto che ci prova a rompere questa situazione è quello dei meccanici che come sinistra sindacale dobbiamo sostenere concretamente, lottando per estenderne i contenuti in tutte le categorie.
Sulla democrazia: L’attuale situazione di precarietà dell’unità sindacale impone di rendere esigibile il diritto dei lavoratori ad avere loro rappresentanze di base, liberamente elette nei luoghi di lavoro, e l’esigibilità di percorsi democratici e verificabili per la costruzione delle piattaforme e l’approvazione degli accordi. Come sinistra sindacale, che abbiamo fatto di questa battaglia uno degli elementi dirimenti della nostra esperienza, dobbiamo riportare con forza la discussione e l’iniziativa a sostegno di ciò in tutti i luoghi di lavoro e dentro al sindacato perché questo diventi obiettivo primario di tutta la Cgil, anche con la lotta, per conquistare una legge sulla rappresentatività e sulla democrazia nei luoghi di lavoro.

E’ facendo questo, prima di qualsiasi altra cosa, che come sinistra sindacale contribuiremo non poco a fare irrompere nel sociale e nella politica il protagonismo, le istanze di partecipazione e cambiamento che il mondo del lavoro esprime.

Serve, a nostro parere, una forte iniziativa di rilancio del nostro progetto.
Servono regole nuove ed esigibili che tutelino l’esperienza di sinistra sindacale dai condizionamenti indotti dai percorsi politici che i suoi coordinatori nazionali hanno autonomamente e liberamente scelto di percorrere, e dalla deriva burocratica che l’area ha subito ultimamente .
Serve rilanciare, anche nella nostra prassi quotidiana, nel nostro modo di operare, un modello di sindacato capace di dar voce e vita alle istanze di partecipazione e cambiamento che il mondo del lavoro esprime, a partire dalle delegate e dai delegati di luogo di lavoro a cui va data la possibilità concreta di partecipare direttamente alla costruzione ed alla verifica dell’iniziativa dell’area programmatica, di cui nessuno può presumere di essere rappresentante univoco.

Crediamo quindi che si debba andare urgentemente alla convocazione di riunioni in tutte le categorie ed in tutti i territori per arrivare entro febbraio ad una assemblea nazionale dell’area dove costruire risposte e soluzioni a queste necessità.

Chiediamo e proponiamo questo a tutti i compagni dell’area, in primo luogo ai nostri coordinatori, nazionali, categoriali e territoriali


Le delegate ed i delegati Rsu iscritti alla Cgil che si riconoscono nel movimento “Per un Coordinamento Nazionale delle RSU”


Massimo Vecchione (Rsu Corpo Forestale Torino)
Franco Tonon (Rsu Unilever Lodi)
Carlo Carelli (Rsu Unilever Lodi)
Sveva Heatter (Rsu Sib Roma)
Vassallo Roberto (Rsu Banksiel Milano)
Bernardo Airoldi (Rsu MET Milano)
Alberto Michelino (Rsu Comune di Milano)
Gianni Pistonesi (Dir. Naz. Fiom)
Elvira Olivini (Dir. Naz. Filcea)
Ada Micelli (Rsu Fiom Milano)
Bruno Rossi (Genova)
Antonio Merlino (Rsu Aeroporto Genova)
Domenico Maggio (Dir. Naz. Filcea)
Enrico Toffanello (Dir. Slc Cgil Padova)
Zerlotti Caterina (Rsu Coop Nord/Est R.Emilia)
Valerio Tradardi (Dir. Fiom Milano)
Giovanni Cortellessa (Rsu ASL Lodi)
Francesco Corestini (Dir. FP Monza)
Sabina Santoro (Rsu Inps R.Emilia)
Franco Gianasso (Dir. Snc Sondrio)
Tino Rossi (dir. Snur Pavia)
G.Franco Rossi (Rsu Enichem Milano)
Re Garbagnati Laura (Rsu RockittBenckiser Milano)
Rita Ghiglione (Dir. Fiom La Spezia)
Silvana Cesari (Rsu Comune Casalpusterlengo)
Marco Conti (Rsu Bhoeringher Milano)
Roberto Acerboni (Rsu SPA Milano)
Andrea Furlan (Rsu Filcams Roma)
Marco Vigna (Rsu Filcea Savona)
Stefano Paglia (Direttivo Fisac Lazio)

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