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Regionali francesi fra immigrazione e identità nazionale

(8 Gennaio 2010)

Il 14 e 21 marzo prossimi avranno luogo in Francia le elezioni regionali e la maggioranza di destra che governa il paese dall’ormai lontano 2002 - quando l’immarcescibile Jean-Marie Le Pen superò l’ex primo ministro socialista Lionel Jospin al 1° turno delle elezioni presidenziali, provocando, come nel 1914, un’altra « union sacrée » fra destra e sinistra e la conferma al 2° turno del più che criticabile Jacques Chirac per altri 5 anni - tenterà di recuperare il terreno perduto in occasione dell’ultimo scrutinio locale, nel 2004, quando la sinistra riuscì ad aggiungere 12 regioni alle 8 nelle quali era già al governo, imponendosi – risultato storico - in 20 amministrazioni regionali su 22. Nei tre anni successivi, la generale crisi della sinistra, che non ha risparmiato la Francia, l’emergere di un personaggio abile quanto spregiudicato come Nicolas Sarkozy che dopo aver realizzato un’estrema concentrazione e personalizzazione del potere è riuscito a unire tutte le destre avendo di fronte un’opposizione di sinistra debole, divisa e senza un progetto alternativo, produsse la doppia sconfitta alle presidenziali e alle politiche del giugno 2007.

Ma due anni e mezzo di potere logorano anche i più incalliti demagoghi e Sarkozy non è stato in grado di mantenere nessuna delle mirabolanti promesse della sua campagna elettorale, prima fra tutte quella di « lavorare di più per guadagnare di più » rendendo inoperante la legge Aubry sulle 35 ore di lavoro settimanali, abolendo il tetto alle ore straordinarie e detassandole, cancellando ogni limite al lavoro festivo e domenicale nel commercio, restringendo il diritto di sciopero nei trasporti pubblici. Le più sofisticate tecniche della comunicazione, perfettamente comparabili a quelle applicate da Berlusconi in Italia, non riescono a nascondere una realtà ben diversa, quella del crollo di tutti i pilastri del neoliberismo sui quali poggiava il programma sarkozysta, con le relative conseguenze: il crollo verticale del potere d’acquisto e l’aumento enorme della disoccupazione. Solo i più fortunati lavorano, fra l’altro di più per guadagnare di meno, i dati dicono che 700 000 francesi hanno perso il posto nel 2009.

In mancanza di altre, più luminose idee per continuare a truffare i concittadini governo e presidente hanno pensato di avviare in tutto il territorio nazionale un dibattito sull’identità nazionale diretto da quel ministro dell’Immigrazione, dell’Identità nazionale e dello Sviluppo solidale, Eric Besson, che fa parte della pattuglia di transfughi socialisti – tutto il mondo è paese – che hanno preferito una comoda poltrona governativa di destra alle incerte prospettive dell’antico santuario di Rue Solforino. Un ministro che si è distinto per lo zelo anti-immigrati mobilitando ingenti forze di polizia contro gli accampamenti di fortuna di disperati disposti a tutto pur di raggiungere la Gran Bretagna o noleggiando voli charter per rimpatriare profughi afghani che avevano creduto di mettersi al sicuro dalla guerra nel loro paese presso l’antico “Eldorado dei Diritti dell’Uomo”. I tempi però sono cambiati e il geniale Nicholas non è più in grado di tagliare l’erba sotto i piedi della sinistra come nel 2003, quando da ministro degli Interni soppresse quella che i francesi definivano la doppia pena (l’espulsione degli stranieri che avevano scontato una pena detentiva), infatti non intende neppure introdurre alle amministrative il voto agli immigrati – per il quale s’era dichiarato favorevole nel 2005 – diritto previsto per i cittadini dell’Unione europea dopo la firma del Trattato di Maastricht.

Poiché si tratterebbe di una riforma costituzionale essa necessiterebbe di una maggioranza di due terzi, dato che sarebbe proposta dalla destra, verebbe difficilmente votata a sinistra (com’era accaduto per la legalizzazione dell’aborto nel 1975), mentre non va trascurato il fatto che la maggioranza della destra al governo resta ostile a una misura del genere. Dopo tre mesi di dibattito sull’identità nazionale – in un paese, è bene ricordarlo, dove 1/3 dei cittadini è di origine straniera e che deve a questo buona parte del suo dinamismo economico e culturale - i suggerimenti emersi dai 50.000 contributi pervenuti al sito ministeriale si riducono al canto della Marseillaise in occasione degli incontri dei campionati di eccellenza dei principali sport e a un giuramento degli stranieri che ottengono la nazionalità francese al raggiungimento della maggiore età, « piste magre » secondo quanto dichiarato da membri dell’entourage del presidente. Non sono pochi, anche a destra, a stigmatizzare un dibattito che mira alla pancia dei francesi, per distrarli usando cinicamente l’immigrazione dai loro veri problemi, anzi attribuirne la responsabilità a quanti, a volte da generazioni, sono discriminati nella formazione professionale, la ricerca di un posto di lavoro, l’ottenimento di una casa popolare, a quelli che seguono un’altra religione, assimilata all’intolleranza, all’oscurantismo, al terrorismo, tentando di unire nell’odio contro i diversi, dietro un nuovo limes, i difensori dell’identità nazionale cari ai Le Pen, ai Villiers, ai Pasqua.

In un’intervista a Libération d’un mese fa, Jean-Christophe Cambadélis, membro della direzione del PS, aveva paragonato Besson a Pierre Laval, uno dei maggiori protagonisti della politica di collaborazione del governo di Vichy : « Per me » aveva dichiarato il deputato socialista « (Besson) è Pierre Laval. A sinistra non è mai stato riconosciuto. Siccome si considera più intelligente degli altri, finisce per dimostrare che può essere a sinistra come a destra. Senza alcuno scrupolo ». Il ministro lo ha denunciato e Cambadélis ha subito reagito dichiarando « Sono contento di poter dimostrare pubblicamente che la molla dell’evoluzione di Besson sia la stessa di quella che ispirò Laval ». La campagna sull’identità nazionale, lanciata, secondo Besson « per riaffermare i valori repubblicani e l’orgoglio di essere francesi » sta producendo ben altri effetti, come le ondate di xenofobia che debordano dal sito Internet creato per l’occasione dal governo dimostrano. Si è creata una situazione che sfugge a ogni controllo - l’associazione dell’identità nazionale e dell’immigrazione - come se il disagio identitario dei francesi fosse causato da « coloro che arrivano », preferibilmente dall’altra sponda del Mediterraneo e – ma è solo un’ipotesi – musulmani.

Forse stavolta l’idea implicita della destra presentabile di poter mettere in difficoltà, a qualche mese dalle elezioni regionali, la sinistra recuperando al tempo stesso i voti del Fronte nazionale non sarà coronata da successo, come è avvenuto alle ultime elezioni presidenziali e alle politiche, forse i francesi finiranno per reagire all’indegna accoglienza che il loro paese riserva ormai da tempo agli immigrati, sconfessando un governo che non fa onore alla Francia, fino a non molto tempo fa terra di asilo, dove generazioni di perseguitati politici hanno potuto rifugiarsi e mettere radici. Ma era un altro secolo.

Giustiniano Rossi

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