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Il partito operaio informale

(16 Luglio 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.operaicontro.it

Cari comp., vi inoltro per conoscenza la lettera che ho inviato ad alcuni comp. con i quali sono a contatto. Dino L’inizio fu il partito operaio informale … Cari comp.,

l’ultimo numero di «OperaiContro» (n. 132, giugno 2010) pubblica un Appello/articolo dal titolo: L’inizio fu il partito operaio informale … (in allegato).
La questione posta è strettamente collegata a quanto stiamo affrontando.
Per cui ritengo doveroso che per prima cosa si diffonda l'Appello/articolo ad «amici&parenti» e, soprattutto, che ci si pronunci in merito, anche per allargare il confronto, coinvolgendo altre esperienza.
Da parte mia, l’Appello/articolo mi trova sostanzialmente d’accordo nel centrare l’attenzione sugli esiti della crisi. E, a questo proposito, ricordo ciò che recentemente avevo sottolineato: a) La crisi ha posto in modo inequivocabile la centralità della fabbrica come luogo cardine dell’estorsione di plusvalore, spazzando via le suggestioni sociologiche come la «scomparsa della classe operaia», la «fabbrica diffusa», il «lavoro immateriale» ecc. ecc., di moda fino all’altro ieri.

b) Allo stesso tempo, la crisi sta distruggendo risorse, in primis la «forza lavoro», gli operai. Nelle metropoli e soprattutto nelle periferie, la crisi esaspera e dilata l’esercito industriale di riserva, una massa di senza risorse destinata a entrare solo occasionalmente nel processo produttivo. Prospettiva che manda a rotoli le tesi apologetiche di un indefinito sviluppo del modo di produzione capitalista, che ha tra i suoi cantori i pallidi sicofanti di Lotta Comunista.

Il decantato boom industriale cinese non è in grado di accogliere le centinaia di milioni di lavoratori espulsi dalle campagne (e anche dalle industrie di Stato …), altrettanto in India, altrettanto in Brasile, altrettanto in Russia … e altrettanto in Italia, quando verrano meno i sussidi (a partire dalle multe per le «quote latte»).

Sul piano pratico, il declino del modo di produzione capitalistico pone sul tappeto l’atteggiamento che i proletari italiani devono avere nei confronti dei proletari extra comunitari, costretti ad arrangiarsi, la cui esistenza spesso passa dallo sfruttamento delle cooperative ai CIE … per finire nei lager della Libia o di altri «paradisi», dove la distruzione di risorse umane adotta ormai le formule della «soluzione finale» di hitleriana memoria.

A questo proposito, ricordo che per i prossimi anni è previsto un flusso migratorio che riguarderà 700milioni di umani, ovviamente dai paesi «poveri» verso i paesi «ricchi» … [Moisés Naim, 700 milioni la migrazione del secolo, «Il Sole 24 Ore», 23 febbraio 2010].

Ed è questa una questione cruciale che, secondo me, i comp. di OperaiContro lasciano sullo sfondo.

Sullo sfondo (ma non tanto), abbiamo gli aspetti di degenerazione parassitaria, generati dalla prevalenza della speculazione finanziaria a scapito delle attività produttive (economia reale): una vera lebbra che impesta tutta la vita sociale. E sul piano politico, basta vedere la classe dirigente italiana … Parliamone.

Dino

www.operaicontro.it

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