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Avanzano i nuovi imperialisti

(24 Luglio 2010)

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.operaicontro.it

DA peacereporter Legami a prova di crisi condividi Cina e India hanno rivoluzionato le sorti del mercato latinoamericano, finora giardino di casa di Usa ed Europa. I due giganti asiatici stanno diventando i partner principali di Argentina e Brasile. Ed è solo l'inizio Alfredo Somoza, presidente dell'Istituto di cooperazione economica internazionale, ha spiegato a PeaceReporter il forte legame creatosi tra il gigante asiatico e i paesi del Centro e del Sud America. Con una certa predilezione per Buenos Aires e Brasilia.
Questa la sua lunga analisi dell'assetto attuale, con un occhio alle previsioni future.

"La Cina è il secondo partner commerciale di Argentina e Brasile. Presto questo legame metterà in secondo piano quello con gli Stati Uniti e il Vecchio Continente in tutta l'America Latina. Ma non è solo Cina, dato che grandi entusiasmi aleggiano intorno all'India. È la coppia asiatica che sta rivoluzionando l'economia sudamericana. E le statistiche lo stanno già rilevando".

Quindi anche l'America Latina sta cedendo alle avance cinesi...

Una situazione frutto di quanto deciso da Brasile, Argentina e anche Venezuela sulla costruzione di rapporti economici Sud-Sud. Tutti accordi nati nelle varie riunioni regionali e nel G-20, quando il G-20 era più che altro un club allargato dove facevano affari i paesi emergenti. E' un'architettura nata a Cancun, quando per la prima volta il summit venne paralizzato dall'azione congiunta di questi paesi. Da qui emergono i rapporti proficui con gli asiatici e con la Russia, che ha una politica economica molto attiva nei confronti dell'America Latina. Ma qui nacque anche la liaison del Brasile con l'Africa, dove il gigante verde-oro è potenza non solo commerciale, ma anche energetica. Basta vedere quanto è stato fatto in Angola, dove campeggia anche nell'agricoltura dei biocombustibili.

Una situazione relativamente recente, questa.
Sì, è un'architettura economica che non ha nemmeno dieci anni, ma che ormai è diventata preminente. In cui primeggia comunque la Cina, che in Sud America ha scelto un profilo politico molto basso. Ha lasciato fare i brasiliani, ha sostenuto dietro le quinte la politica di visibilità di Lula, senza creare ostacoli, e in cambio ha preteso un diritto di prelazione sulle commodities latinoamericane, ritenute strategiche perché da tempo i cinesi hanno perso la sicurezza alimentare. La Cina non produce più quello che mangia e con il Sudamerica ha stretto rapporti privilegiati per avere accesso fondamentalmente alle derrate agricole, alle carni e, perché no, anche ai minerali, sia petrolio e gas, ma anche il rame cileno e il litio della Bolivia.

L'Argentina è dunque strategica da un punto di vista alimentare.
L'Argentina sì, fondamentalmente è quello. La Cina ha poi l'abitudine in tutto il mondo non solo di fare acquisti, ma anche di fare lo scambio di figurine, avendo studiato prima quali sono i problemi dei paesi a cui si avvicina. In Argentina, uno dei temi più delicati e rimasti in bilico da anni è la costruzione delle infrastrutture, in primis le ferrovie. Dall'avere i trasporti ferroviari più strutturati dell'America Latina, negli Novanta le ha vista praticamente smantellare una a una. E da allora il caos. Più volte i governi hanno tentato accordi con paesi esteri, per esempio con la Francia, per ristrutturarle, ma senza mai portare i progetti fino in fondo. Finora. Perché la Cina si è appena candidata a ristrutturarle in toto. Con un sistema di scambio di materie prime. Pechino sapeva perfettamente che la questione treni era il tratto dolente del governo Kirchner, il quale se riuscisse veramente a far decollare un progetto di ristrutturazione ferroviario si rinforzerebbe a dismisura, specialmente a sinistra dove maggiori sono gli scricchiolii. Questa è la Cina all'estero: in Costarica costruiscono stadi di calcio, in Africa aeroporti, e in Argentina le ferrovie.

Rose e fiori, dunque, tra Buenos Aires e Pechino?
In realtà esistono dei punti di conflittualità non da poco. C'è appena stata una ritorsione cinese nei confronti dell'Argentina che sembra sulla via della risoluzione. Al centro, l'olio di soia. Al mercato cinese è destinato circa il 75 percento dell'olio di soia transgenico argentino, ma da poco meno di un anno Pechino ha interrotto queste importazioni, sbandierando motivazioni sanitarie improbabili, visto il grado di interesse che la Cina verso queste tematiche. La ragione era che Buenos Aires aveva appena introdotto una sorta di protezionismo sui loro prodotti industriali che non è piaciuta al gigante asiatico, in quanto danneggiava il loro export. Immaginare che alla Cina possa dar fastidio la parziale chiusura di un mercato così relativamente piccolo quel è quello argentino fa sorridere, ma la linea dura ha comunque funzionato. La presidente, Cristina Kirchner, ha ceduto ed è appena volata a Pechino per chiudere la diatriba. I cinesi si sono mantenuti sul generico, ma sicuramente cambieranno presto atteggiamento dato che l'India ha appena dichiarato che se alla Cina l'olio di soia non interessa più, lo prende tutto e con piacere.

Fra Argentina e Cina è tutto uno scambio di commodities, basato sull'entrata di prodotti cinesi e sull'uscita di derrate alimentari e minerali argentini. Negli ultimi due-tre anni si sta però alzando anche la soglia dell'import cinese dal paese andino. Perché sempre più cinesi stanno meglio, e sempre più cinesi puntano a prodotti più cari. E siccome l'Argentina è un grande produttore di articoli in stile europeo, dal formaggio al vino, al salame, e a prezzi decisamente più bassi di quelli imposti nel Vecchio Continente, la Cina sta cominciando anche a comprare quel tipo di prodotti. Il vino champagne Moet et Chandon argentino ha appena chiuso un accordo massiccio con i cinesi. Il tutto dà un valore aggiunto alla partnership.

CONTINUA...

www.operaicontro.it

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