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Elezioni d'Egitto

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(14 Giugno 2012) Enzo Apicella

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Ben Alì, un banchetto lungo ventitre anni

(15 Gennaio 2011)

Ben Alì in fuga

Vola via il Presidente satrapo. Via dal personale Hotel Raphael che era l’intera Tunisia in cui aveva regalato esilio dorato e loculo a Bettino Craxi, il protettore del suo golpe strisciante del 1987. Stesse le ruberie affaristiche, simile la politica per umiliare gli umili. Sebbene non sia giunta alcuna conferma dell’Eliseo Ben Alì dovrebbe essere in Francia complice la mano più volte tesagli negli ultimi tempi da Sarkozy. Dopo gli ennesimi omicidi di ieri – altre tredici vittime nelle strade in rivolta – il dittatore è fuggito lì pensando di ricevere riparo come ricompensa per il tanto business assecondato. Affari che in casa arricchivano i soliti noti e le cricche amiche, e facevano lievitare i capitali delle aziende straniere compiacenti e tangentiste alle quali i tunisini prestavano al massimo manodopera sottopagata. Giovedì Ben Alì aveva lanciato l’ennesima mossa trasformista promettendo di diminuire i prezzi e aumentare i salari mentre faceva fucilare i concittadini nelle piazze. L’ultima falsità recitata davanti alle telecamere e inframmezzata dalla commedia di gruppi di fan che inneggiavano al suo discorso diventato d’addio.

Scontri a Tunisi

Una teatralità purtroppo tragica che ha reso risibile il desiderio di prolungare fino alla fine (2014) il mandato presidenziale per l’odio accumulato fra la sua gente. In queste ore in cui i tunisini rischiano anche un colpo di mano militare e i collegamenti aerei col mondo sono interrotti il primo ministro Mohammed Ghannouchi ha preso le briglie d’un carro difficilissimo da guidare perché la piazza vuole cancellare tutto l’entourage del regime. E Ghannouchi appartiene a quell’ambiente da sempre, prima come ministro delle finanze e degli investimenti e dal 1999 come primo ministro. Ora presentandosi in diretta televisiva come presidente ad interim ha lanciato un appello alla nazione “Chiamo tutti i Tunisini a dare prova di patriottismo e unità” e ha promesso di rispettare la Costituzione. La situazione resta tesissima, non solo i partiti d’opposizione ma il popolo tutto non sembrano accontentarsi di promesse generiche. Si richiedono nuove elezioni per le quali ci vorrà preparazione e calma. Questa però può ritornare solo di fronte a concrete promesse di risanamento delle situazioni economiche più gravi legate al carovita che è stato la molla della rivolta.

Tunisi a fuoco

Ma l’economia interna sul fronte della redistribuzione della ricchezza è tutta da riformare e bisognerà vedere come reagiranno i grandi sostenitori economici di questo regime maghrebino che sono le multinazionali e l’Unione Europea. Costoro sponsorizzerebbero Ghannouchi, come hanno sempre sostenuto il dittatore fuggiasco, ma il riscontro col Paese in fiamme si presenta durissimo. Gli stessi ceti professionali – avvocati, giornalisti, medici, insegnati – sono scesi in lotta affermano di non aver più paura, di avere tutto da guadagnare da un radicale cambiamento dei vertici. Il portavoce del Consiglio di sicurezza statunitense Mike Hammer ha salomonicamente affermato che “Il popolo ha tutto il diritto di scegliere la sua classe dirigente e noi seguiremo queste vicende da vicino”. Intanto famosi oppositori come il leader del Partito Comunista Tunisino Hamma Hammami è tornato libero. Era latitante da tempo e ricercato dalla polizia perché in numerose occasioni aveva puntato il dito per denunciare la corruzione e la violenza del Presidente "democratico" che l’Occidente fino a ieri finanziava e vezzeggiava.

14 gennaio 2011

Enrico Campofreda

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