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L´EUROPA CHE CAMBIA. “Sempre più bambini poveri”, la denuncia in Inghilterra.

(15 Marzo 2013)

SECONDO I SINDACATI INGLESI, L’AUSTERITY RIDURRÀ IN POVERTÀ METÀ DEI BAMBINI DEL REGNO UNITO

poorbamb

14 marzo 2013

LA METÀ DEI BAMBINI SOTTO LA SOGLIA DI POVERTÀ. NON PARLIAMO DI UN PAESE IN VIA DI SVILUPPO, MA DELLA CIVILISSIMA INGHILTERRA. SECONDO UN NUOVO REPORT DIFFUSO OGGI DALLA FEDERAZIONE DEI SINDACATI INGLESI (TUC) E PUBBLICATO SU THE INDEPENDENT, LA MAGGIOR PARTE DEI PICCOLI IN GRAN BRETAGNA PRESTO POTREBBE CRESCERE IN FAMIGLIE CON PROBLEMI ECONOMICI. IL MOTIVO? ECCESSIVA AUSTERITY: TAGLI AL WELFARE, AUMENTO DELLE TASSE E CONGELAMENTO DEGLI STIPENDI. DIETRO IL BUCO NERO DELLA POVERTÀ, LE POLITICHE DEI GOVERNI LABURISTI MA ANCHE LE SCELTE DELL’ESECUTIVO CAMERON. «SCONFIGGEREMO LA POVERTÀ ENTRO IL 2020», AVEVA PROMESSO IN CAMPAGNA ELETTORALE L’ATTUALE PRIMO MINISTRO. SECONDO I SINDACATI, PERÒ, IL REGNO UNITO SAREBBE BEN LONTANO DALLA META.
Nei prossimi due anni, più di 7 milioni dei 13 milioni di bambini inglesi vivranno in famiglie con stipendi più bassi del minimo necessario per uno standard di vita decente, sostengono i sindacati. Una situazione che sarebbe stata generata soprattutto dal congelamento della spesa pubblica. E non è un caso che secondo un nuovo sondaggio della Resolution Foundation, quasi sette persone su dieci credono che il governo di Londra non comprenda fino in fondo il peso delle difficoltà economiche affrontate dalle famiglie. La congiuntura economica unita alle misure di austerità, dicono dalla Fondazione, potrebbe far aumentare di 690mila unità, tra il 2010 e il 2015, il numero di ragazzi sotto i 18 anni in condizioni economiche difficili.
Già lo scorso aprile la Banca del cibo, che nel Regno Unito dà da mangiare a circa 120 mila persone, aveva denunciato come negli ultimi mesi la richiesta di cibo fosse «molto aumentata». Tra i nuovi «affamati», 36 mila sono bambini. Numeri confermati anche dalla Kids Company, associazione che dal 1996 aiuta a Londra più di 17 mila minori in difficoltà. Secondo la fondatrice, Camila Batmanghelidjh, nella city si aggirano sempre più bambini in cerca di qualcosa da mangiare. Ogni settimana, dicono, 70 nuovi piccoli si presentano agli sportelli della fondazione per avere un pasto caldo, 40 in più della media dello scorso anno.
Secondo il report diffuso oggi, dietro questa situazione di povertà ci sarebbero specifiche scelte di politica economica. Ben 460mila bambini potrebbero vivere in una condizione di povertà a causa dell'aumento dell'Iva e dei tagli sulle detrazioni fiscali, altri 170mila per via dalla crescita troppo lenta dei salari e 80mila a causa del freno imposto alla spesa pubblica. Quasi 20mila bambini, inoltre, potrebbero essere spinti sotto la soglia di povertà dal nuovo sistema fiscale (Universal Credit System), che partirà a ottobre eliminando sei delle principali detrazioni fiscali del Regno Unito.

La Federazione sindacale inglese, che ha commissionato la ricerca all’economista Howard Reed, sostiene che queste cifre dovrebbero far «vergognare» ogni società civilizzata e chiede al ministro delle Finanze di tagliare l’Iva per alleggerire almeno la pressione sui bassi salari delle famiglie.
Entro il 2015, per un genitore singolo è stata calcolata una entrata minima annuale di 19.226 sterline per avere uno standard di vita decente. Cifra che cresce a 23.992 per un genitore single con due bambini, a 24.643 per una coppia con un bambino e 29.093 se i figli sono due. Ma secondo Reed il 54% dei minorenni vivrà invece in famiglie con entrate più basse dei livelli stabiliti come paletti minimi. La conclusione del report è che il 90% delle famiglie starà peggio nel 2015 rispetto al 2010.
«Le famiglie stanno soffrendo la più forte diminuzione degli standard di vita di tutto il secolo», spiega Frances O’Grady, segretario generale del Tuc. «I salari non si adeguano alla crescita dei prezzi, le politiche di governo stanno rendendo la vita più dura per milioni di famiglie delle classi basse e medie con l'aumento delle tasse e i tagli dei benefici e delle detrazioni fiscali. Entro le elezioni del 2015, la maggior parte dei bambini in Gran Bretagna vivrà sotto la soglia di povertà. Per ogni società civilizzata, questo dovrebbe essere una vergogna».
Non si è fatta attendere la risposta del governo di Londra. Il dipartimento del lavoro e delle pensioni ha accusato il Tuc di aver scelto «misure arbitrarie per supportare il proprio punto di vista». «Le nostre riforme del welfare miglioreranno le vite di alcune delle famiglie più povere nelle nostre comunità, con lo Universal Credit 3 milioni di persone staranno meglio. Dal prossimo anno, 2 milioni degli stipendi più poveri saranno esonerati dalla tasse», ha dichiarato un portavoce del governo.
«L’austerity va bene se sei ricco», ha detto il segretario generale dell’Unison, sindacato inglese del settore pubblico. «Va bene se sei uno dei 13mila milionari in questo Paese perché l'austerity significa che diventerai più ricco. Perché se sei ricco, sei in attesa di un taglio di 100mila sterline di agevolazioni fiscali, prelevato dal pacchetto destinato ai più poveri».

COME 200 ANNI FA:

IL PROLETARIATO URBANO

Con l'avvento della rivoluzione industriale ed il mutare delle condizioni di lavoro, nasce la classe operaia, il cosiddetto proletariato urbano. Questo, privo di protezione ed esposto al rischio permanente della disoccupazione, dal momento che l'abbondante manodopera permetteva agli imprenditori di licenziare quando volessero, era sottoposto a condizioni di lavoro durissime. Le macchine, che non erano più alimentate da energia umana, ma da fonti esterne, non avevano teoricamente più bisogno di soste ed imponevano ritmi di lavoro costanti. Un operaio dunque compiva meccanicamente lo stesso lavoro per 12/ 16 ore al giorno, in pessime condizioni igieniche e con un salario appena sufficiente per vivere. Questi lavoratori erano dei veri e propri "schiavi", imprigionati in afose fabbriche alte otto piani fino a sera, senza un attimo di riposo salvo i tre quarti d'ora del pasto. Il fatto che il lavoro dell'operaio consistesse semplicemente nella prolungata esecuzione di facili e monotone operazioni e non servisse più essere dotati di forza fisica, allargava la possibilità di impiego anche a donne e bambini, pagati ancora meno degli uomini.. Fino alla metà del sec. XIX i tre quarti circa della manodopera impiegata nella fabbriche tessili inglesi erano donne e ragazzi fra i dieci e i diciotto anni. I dati seguenti si riferiscono agli operai dell'industria cotoniera inglese nel 1835:

Uomini 58.053
Donne 67.824
Giovani (13-18 anni)65.486
Bambini 28.771

Tutta la vita dell'operaio veniva assorbita dalla fabbrica, dove il ritmo di lavoro era automaticamente imposto dalla macchina. Egli finiva col diventare uno strumento di produzione, asservito ad un meccanismo produttivo sul quale non poteva esercitare alcun controllo. Inoltre le terribili condizioni di vita portavano all'aumento del degrado e della criminalità nei tetri, malsani e sovraffollati centri industriali, dove l'assenza di servizi pubblici e di misure igieniche era quasi totale: si trattava di veri e propri agglomerati di case, sorte senza ordine, senza un piano preciso, senza il minimo rispetto per l'uomo e per la natura. Di solito intere famiglie abitavano in un'unica stanza, chiamata "cellar", senza finestre o con piccole prese d'aria. Nelle strade buie, fangose e malsane della Londra del XVIII sec., dove si conduceva una vita particolarmente squallida e misera, si diffondevano la delinquenza organizzata, il borseggio, la prostituzione, il gioco d'azzardo e l'alcoolismo, così come testimoniano molti scrittori ed artisti del periodo. Stanchi delle loro condizioni di vita gli operai ben si ribellarono, dando vita a varie forme di protesta.
La classe operaia, come siamo abituati ad intenderla oggi, è il prodotto di un lungo processo che procede parallelamente all'affermazione dei metodi di produzione capitalistica. Nell'Inghilterra pre-industriale i lavoratori erano distinguibili a seconda del prestigio e dell'importanza economica, derivanti dalla loro qualifica. La diffusione del capitalismo industriale provocò, invece, il declino dei vecchi mestieri: pochissimi artigiani riuscirono ad emergere e la maggior parte perdette il suo lavoro a causa della concorrenza delle manifatture e fu costretta ad emigrare in città, entrando così a far parte di quella massa indistinta che costituiva la manodopera per le fabbriche. Macchine come la water-frame e la mule-jenny contribuirono a questo processo rendendo la produzione veloce, abbondante e sempre migliore, insomma decisamente superiore a quella che potevano offrire gli artigiani o i contadini, che, spesso, durante l'inverno si occupavano di attività commissionate loro da mercanti, che fornivano le materie prime e gli strumenti necessari e rivendevano il prodotto finito. Gli operai lavoravano per salari bassissimi, in ambienti insalubri, subendo orari massacranti: si afferma il regime dell'orologio che imponeva ritmi di lavoro prima mai utilizzati. In questo periodo si svilupparono addirittura delle vere e proprie teorie per la razionalizzazione del lavoro: la corrente conosciuta come Utilitarismo proponeva al capitalista come unico parametro di giudizio l'utile e lo autorizzava a uno sfruttamento sistematico dei dipendenti. I grandi industriali, per poter migliorare i profitti, decisero di far specializzare ciascun operaio in una singola fase del lavoro in modo da evitare dispersioni e perdite di tempo. In molti si opposero a questa tendenza cercando di mettere in luce come essa rovinasse inevitabilmente i lavoratori, privandoli della loro dignità. Il fatto che la manodopera fosse composta anche da donne e da bambini e vivesse nelle workhouses, miseri alloggi costruiti vicino ai centri produttivi, creò generazioni di persone degradate fisicamente e moralmente e senza una concezione propria della famiglia. E' però proprio in questo periodo che iniziarono le prime forme di protesta da parte dei lavoratori per ottenere qualche miglioramento alla loro condizione, ma il Governo si mosse più per soffocare questi moti che per risolvere i problemi che ne erano alla base.

Lidia Baratta (emigrazione-notizie.org)

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