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I “SINISTRISMI” DELLA COSTITUZIONE ITALIANA: DEDICATO AL SIGNOR JP MORGAN DI PROFESSIONE AFFAMATORE DEL POPOLO

(22 Giugno 2013)

Il signor JP Morgan, illustre epigono di una lunga schiatta di omonimi svolge la professione di banchiere, di conseguenza “affamatore del popolo” e ha individuato, allo scopo di superare (dal suo punto di vista, naturalmente) la crisi in atto, la necessità di cancellare quelli che sono stati definiti “sinistrismi” presenti nei testi delle Costituzioni Europee (quasi come gli “elementi di socialismo”, cari a Enrico Berlinguer).

Dedichiamo a lui e agli altri suoi colleghi, provocatori della crisi sulla quale stanno lucrando spaventosi profitti, una breve analisi del testo (una forma assolutamente scolastica) della Costituzione Italiana.

Lo scopo è quello di far riflettere quanti leggeranno queste poche righe per cercare di aiutarli a capire la natura vera dello scontro innescato dalla situazione attuale: l’obiettivo di lorsignori (per dirla con Fortebraccio) è quello di cancellare diritti, garanzie, equilibrio con i doveri. L’obiettivo di lorsignori è quello di tornare alla servitù. Grandi masse di popolo, uomini e donne, al “servizio” sacrificati al gran Moloch del potere e al suo gran sacerdote, il denaro.

Andiamo però per ordine, occupandoci dei “sinistrismi” della Costituzione Italiana, quella – tanto per non farci mancare un po’ di retorica – nata dalla Resistenza.

La Costituzione italiana si apre con un gruppo di 12 articoli in cui sono enunciati i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico della Repubblica.

La loro collocazione, all’inizio del testo, non può essere considerata come casuale.

Tali principi, infatti, rappresentano la base, il fondamento su cui poggiano tutte le altre norme dell’ordinamento.

Essi, infatti, non disciplinano specifiche materie, ma esprimono un complesso di valori e di idee che guidano il legislatore e gli altri poteri dello Stato a un chiaro indirizzo nell’esercizio della funzione legislativa, esecutiva e giurisdizionale.

Attraverso questi principi l’Assemblea Costituente ha descritto i principi fondativi dello Stato Repubblicano, creando una società fondata sulla democrazia, sulla partecipazione dei cittadini alla vita politica del Paese, sul riconoscimento e sul rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, sul principio di eguaglianza e sul diritto al lavoro come mezzo attribuito al singolo per affermare la propria personalità.

In questo modo i Padri Costituenti hanno ripudiato definitivamente il modello di Stato Autoritario e hanno dato spazio a un nuovo rapporto tra pubblici poteri e cittadini, anche attraverso il riconoscimento delle Autonomie Locali e il rifiuto della guerra come mezzo di offesa per gli altri popoli.

La Costituzione garantisce il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, ossia di quei diritti originari e inviolabili, connaturati alla persona, che preesistono all’ordinamento giuridico e che consentono all’individuo di esplicare liberamente la propria personalità.

Per questo la Costituzione li considera patrimonio di ogni donna e di ogni uomo e li riconosce a tutti gli individui, anche agli stranieri.

L’Assemblea Costituente ha voluto definire con precisione il tema della tutela delle persone e del ruolo da esse svolto nell’ambito della società.

Il riconoscimento delle formazioni sociali (famiglia, scuola, associazioni, comunità di vario tipo) e l’attribuzione a esse degli stessi diritti dell’individuo rappresentano un aspetto importante della Costituzione Repubblicana.

Essa ha voluto valorizzare il patrimonio di esperienze personali e, quindi, il contributo di solidarietà che il singolo porta in tali formazioni sociali e, contemporaneamente, ha inteso preservare la possibilità per l’individuo di crescere e di arricchirsi sul piano del proprio patrimonio culturale, grazie al confronto e alla collaborazione con gli altri.

Per questo la Costituzione garantisce al singolo il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero e le proprie idee, ma soprattutto il diritto di partecipare alla vita politica e sociale del Paese, anche aggregandosi con altri.

La Costituzione riconosce e tutela i diritti dell’uomo che hanno rilevanza sociale, cioè i diritti che spettano all’individuo come membro delle formazioni sociali.

I nuclei di aggregazione prioritariamente riconosciuti, in questo senso, sono la famiglia e la scuola.

Il presupposto delle norme che tutelano l’individuo è rappresentato, però, dal diritto alla salute, inteso non solo come prevenzione e cura delle malattie, ma anche come necessità delle persone di vivere in un ambiente salubre, che ne rispetto l’equilibrio psicofisico.

Le norme che concernono i rapporti economici sono il frutto del compromesso tra le istanze di eguaglianza della sinistra, la dottrina sociale del cattolicesimo e il liberismo economico (attenzione al confine tra liberalismo e liberismo: oggi al centro di dotte dispute teoriche).

La Costituzione delinea così un sistema economico misto, in cui iniziativa e proprietà privata dei mezzi di produzione convivono con imprese in mano pubblica e partecipazione dello Stato alla vita economica, fino al punto da prevedere che determinate attività, considerate strategiche per lo sviluppo del Paese, possano essere sottratte ai privati o riservate originariamente allo Stato, come le fonti energetiche e il servizio radiotelevisivo (su questi punti si ravvede con chiarezza l’enorme distanza tra la realtà odierna e il quadro delineato dal dettato costituzionale).

I rapporti di lavoro e di produzione non sono stati dal Costituente abbandonati al libero gioco del marcato (anche qui c’è da notare l’assoluta incostituzionalità che si sta verificando con quanto sta accadendo sul piano delle relazioni industriali e di quelle sindacali, addirittura con l’acquiescenza se non la complicità delle stesse centrali sindacali).

La Costituzione impone, infatti, di assicurare il rispetto della libertà, della sicurezza e della dignità umana e la piena realizzazione del diritto al lavoro.

Il legame esistente tra l’individuo e lo Stato, espresso dal meccanismo della cittadinanza, comporta il diritto e il dovere di ogni cittadino di partecipare alla vita e allo sviluppo del Paese.

Questa partecipazione si realizza attraverso il diritto di voto, di candidarsi alle elezioni, di prendere parte a un partito politico e, quindi, di esprimere le proprie idee e le proprie valutazioni sulla politica nazionale e su quella locale.

Accanto a tali diritti la Costituzione affianca l’indicazione di una serie di doveri, come quello di difendere la Patria, essere fedeli alla Costituzione (non sempre i due concetti collimano, come nel caso delle presunte “missioni di pace”..), osservare le leggi e soprattutto di dare il proprio contributo alle spese pubbliche, mediante il pagamento di tributi in relazione al proprio reddito, con criterio di progressività (anche in questo caso il grado di applicazione del dettato costituzionale appare, nella realtà, assolutamente relativo).

L’articolo 48 rappresenta, ancora, un’ideale cerniera tra la prima parte della Costituzione, di cui ci si è occupati in questo frangente, che vede protagonista l’esercizio del diritto di cittadinanza e la parte seconda che disciplina l’organizzazione e il funzionamento degli organi dello Stato.

La norma, infatti, pur disciplinando il diritto di voto dei cittadini, detta anche alcuni principi essenziali in materia di elezioni del Parlamento, vale a dire dell’organo considerato assolutamente centrale dell’intero ordinamento politico della Repubblica.

La Costituzione riconosce e promuove il pluralismo democratico che si attua attraverso la presenza sulla scena politica di una pluralità di partiti. Questa scelta è stata dettata dalla necessità di segnare un netto cambiamento rispetto alla precedente esperienza del regime fascista, caratterizzato da un partito unico e, perciò, priva di ogni dialettica politica.

Appare facile valutare come l’impianto politico – istituzionale delineato dai Costituenti per la Repubblica Democratica confligga irrimediabilmente sia con l’idea corrente del Presidenzialismo, sia con una legge elettorale (del tipo di quelle che abbiamo avuto tra il 1994 e il 2013) privilegianti in maniera assoluta un astratto concetto di governabilità, in luogo di un concreto concetto di rappresentanza politica dell’intero corpo elettorale.

In conclusione: quali dovrebbero essere gli elementi di “sinistrismo” da cancellare nell’ordinamento costituzionale italiano? Forse per l’eterno inquisito, storico playmaker e pivot dell’intero sistema politico dal 1994 a oggi, il concetto di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge e il criterio di progressività nel pagamento di tributi (forse ancora meglio cancellare completamente il pagamento di tributi al di sopra di una certa soglia di reddito), mentre per l’affamatore del popolo JP Morgan, sicuramente l’accenno così pericolosamente demagogico dal suo punto di vista, delle finalità sociali dell’economia.

Dal canto nostro continueremo, con la tenacia necessaria, a difendere la Costituzione Repubblicana e a reclamarne la piena applicazione.

Franco Astengo

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