">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Capitale e lavoro    (Visualizza la Mappa del sito )

Sciopero

Sciopero

(28 Agosto 2011) Enzo Apicella
6 settembre sciopero generale

Tutte le vignette di Enzo Apicella

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

APPUNTAMENTI
(Capitale e lavoro)

SITI WEB
(Capitale e lavoro)

Capitale e lavoro:: Altre notizie

UN SALTO NEL CONFLITTO

(23 Giugno 2013)

Il quadro internazionale appare contraddistinto, in questa fase, dal presentarsi di un’inedita qualità del conflitto sociale esteso a livello globale: una risposta, in varie forme e – apparentemente – con diverse scaturigini alla crisi che rende possibile pensare come ci si stia avviando verso un vero e proprio “salto nel conflitto”.

Il tema all’ordine del giorno, rispetto proprio al tema del conflitto, diventa quello di alimentarlo, estenderlo, provvederlo – nella molteplicità delle situazioni – di una proposta politica adeguata.

Brasile e Turchia appaiono in questo momento le vere “emergenze” ma la cronaca di questi mesi riempie la nostra analisi di svariate annotazioni : la condizione del Sud d’Europa e significatamente della Grecia, stretta nella morsa monetarista che contraddistingue la parte forte dell’UE, i mille morti di Dacca e poi Cina, Messico, Est Europa, Vietnam, Cambogia.

Tutto ciò avviene mentre gli USA sembrano non reggere più il peso del ruolo di unica superpotenza e si apprestano a lasciare l’Afghanistan cercando di mascherarne, in qualche modo, l’esito da secondo Vietnam.

Pare essersi squarciato il velo di ipocrisia che ha nascosto, nel corso di questi anni di globalizzazione “affluente” il livello di intensificazione dello sfruttamento, vero obiettivo dei governanti a tutte le latitudini e vero punto di intesa in quelle organizzazioni all’interno delle quali poteri trasversali e in parte opachi prendono decisioni sotto forma di suggerimenti “accademici” ai vari Governi: da Billdeberg a quant’altro della stessa natura.

L’esito, del tutto provvisorio, della crisi innestata dall’esplosione dei “subprime” a partire dal 2007 è stato quello di uno spostamento di massa verso la metropoli: si può calcolare che, nel corso di questi anni, cinquanta milioni di donne e di uomini hanno lasciato le campagne del mondo e si sono accalcate nelle metropoli delle nuove potenze del capitalismo, quelle del cosiddetto BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa), rappresentando la base di massa per la costruzione di un nuovo proletariato.

Verso le antiche potenze, l’America e l’Europa il movimento migratorio è apparso ridotto ma comunque significativo: verso i punti di riferimento classici dello sviluppo capitalistico sono affluiti tra cinque e dieci milioni di persone, accolte allo scopo di far loro ricoprire le mansioni più ingrate e a sostenere una demografia ormai esausta.

In queste condizioni il dato di maggior rilievo appare essere quello relativo alle caratteristiche di fondo della crisi: non si può certo parlare di crisi dello sviluppo, ma di una vera e propria crisi “nello sviluppo”, esito di un inceppamento complessivo e di ardua reversibilità nell’intero sistema.

Eccesso incontrollato della finanziarizzazione dell’economia (da qualche parte si scrive di vera e propria “anarchia capitalista”), difficoltà dei mercati a trasformare la produzione in merce, marginalità dell’innovazione tecnologica sul ciclo di produzione a fronte dell’ingigantirsi e del velocizzarsi fuori misura del processo di distribuzione e di comunicazione (Gramsci avrebbe forse riflettuto sul modificarsi evidente nel rapporto tra struttura e sovrastruttura).

In Europa questo stato di cose va facendosi sentire in maniera specifica per i riflessi immediati che le politiche dei governi allineati sulle posizioni speculative delle grandi banche internazionali e su di una logica liberista “arraffatrice” (si pensi alla bolla immobiliare spagnola) presentano in un quadro dominato dalla rigidità monetarista dei trattati e dall’assenza di una qualche prospettiva di crescita democratica.

L’Europa paga anche un allargamento eccessivamente rapido dovuto a una analisi sbagliata circa la creazione di nuovi mercati e al tentativo di creare le condizioni per un nuovo “esercito di riserva” (con l’obiettivo di spingere i salari in basso, verso il cosiddetto “minimo romeno”).

Difficile prevedere gli sviluppi di questo stato di cose: probabilmente verificheremo nel breve periodo all’intensificarsi della repressione poliziesca di fronte alla prevedibile “moltitudine” delle insorgenze sociali e all’allargarsi delle divaricazioni tra le diverse aree del mondo.

E’ proprio in questo senso che possiamo permetterci di definire come, nella crisi, si stiano creando le condizioni per una ricollocazione complessiva sul terreno di classe e, di conseguenza, di pieno rilancio della contraddizione “principale” da intrecciare, naturalmente, con l’emergere delle contraddizioni definite post-materialiste.

Per questo motivo la prima indicazione possibile per quanti intendono muoversi politicamente sul terreno della trasformazione sociale deve essere quella del mantenere e accrescere la tensione internazionalista, creando nuove condizioni di relazione politica tra le diverse componenti anticapitalistiche presenti nei vari paesi: è questo il senso, ad esempio della proposta avanzata rispetto alle prossime elezioni europee di una lista comune anticapitalista da presentarsi nei 27 paesi con un solo capolista, un simbolo, una consistente “premessa di programma”. Una proposta avanzata anche per far sì che i proletari di ogni singolo paese si sentano immediatamente rappresentati anche da eletti di altri Paesi, in una visione nuova di quel concetto di rappresentanza politica che deve essere rilanciato anche e soprattutto sul piano internazionale, a fronte del vero e proprio “soffocamento democratico” rappresentato dal concetto di “governabilità” inteso come esaustivo dell’azione politica.

La seconda indicazione riguarda l’elaborazione programmatica e la definizione di obiettivi politici. Tanto per restare in Europa appare fuorviante un certo tipo di dibattito in corso sulla moneta unica se non si comprende, prima di tutto, che il ritorno alle monete nazionali significherebbe una fase di vero e proprio “riallineamento” speculativo e la creazione di una moneta di “secondo livello” (l’euro mediterraneo) rappresenterebbe la semplice riproduzione del meccanismo che ha portato al dominio monetarista sull’economia del vecchio continente.

Le forze vanno concentrate sull’obiettivo di contrastare i meccanismi di riduzione del costo e di aumento della flessibilità del lavoro, che dovrebbero rappresentare la base portante di un “New Deal per l’Europa” sostenuto da una riedizione del Piano Marshall di cui si sta parlando, anche attraverso accenni avanzati dallo stesso Presidente USA (rapporto diretto USA – Europa attraverso la creazione di un mercato comune, ecc.).

In Italia il dibattito e il confronto sociale appaiono offuscati dalla dinamica delle “larghe intese” che ormai comprende anche le confederazioni sindacali: una dinamica che, al di là di scossoni episodici dovuti al riassestamento di vicende legate alla fase del precedente ventennio, è destinata a durare e a costruire un ceto omogeneo di “nuova generazione” del potere.

E’ a questo livello dello scontro che siamo chiamati a riferirci, senza attardarci in battaglie di retroguardia: nuovo internazionalismo tra le forze anticapitaliste a livello europeo, nuova soggettività della sinistra d’alternativa in Italia. Una nuova soggettività fondata essenzialmente su di un’autonomia di pensiero ormai smarrita da molto tempo, su di una proposta di alternativa radicale di sistema, sulla convinzione che non sarà breve la fase di opposizione nel corso della quale ricostruire l’identità del blocco storico e la piena agibilità della proposta e della presenza politica.

Franco Astengo

Franco Astengo

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Ultime notizie dell'autore «Franco Astengo»

2929