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Raffaele De Grada 1916 2010

Raffaele De Grada 1916 2010

(4 Ottobre 2010) Enzo Apicella
E' morto all’età di 94 anni Raffaele De Grada, comandante partigiano, medaglia d’oro della Resistenza, critico d'arte.

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PER UNA DISCUSSIONE SULLE FORME DELLA POLITICA: IL PARTITO DI MASSA

(7 Luglio 2013)

L’intento che si pensa di voler esprimere attraverso questo intervento è quello di suscitare un dibattito attorno alle forme dell’agire politico oggi, partendo da un’analisi di quello che è stato e potrebbe essere anche in futuro il partito di massa.

Si tratta di un discorso rivolto alle forze della sinistra d’alternativa e d’opposizione, quelle forze collocate al di fuori da quello che è stato felicemente definito “sistema PD” e in particolare alla costruenda Ross@, perché si trovi il coraggio di riflettere per tempo su questi temi, abbandonando timidezze e timori derivanti, magari, da una lunga stagione di sconfitte e dal crescere, in questo modo, di tensioni minoritarie e /o movimentiste, legate a un senso di pratica politica ormai ridotta all’immediatezza della condizione sociale: un elemento questo del tutto fondamentale ma che è necessario accompagnare con il “pensiero lungo” dell’azione politica strutturata, organica, duratura nel tempo e portatrice di una visione alternativa della società.

In questo senso, pur con tutti i suoi limiti che pure non possono essere sottaciuti e/o sottovalutati il partito rimane uno strumento indispensabile, pur tenendo conto di tutte le esigenze di cambiamento che le novità nella struttura sociale, nella tecnologia, nella possibilità di comunicazione, nello stesso senso comune di rapporto tra individuale e collettivo, richiedono con urgenza.

Paradossalmente, ma non troppo, sarà proprio il PD che si troverà di fronte una discussione riguardante appunto le forme dell’agire politico e della struttura di partito (non a caso la fondazione Italianieuropei vi ha dedicato un seminario qualche giorno fa): nel documento redatto dall’ex-ministro del governo Monti, Fabrizio Barca, una larga parte è dedicata a questo tema con accenti che all’apparenza potrebbero apparire condivisibili da un certo punto di vista; poi analizzando con attenzione ci si accorge che si tratta soltanto di un intento razionalizzatore dei diversi livelli di partecipazione politica, mantenendo ad esempio il discorso delle primarie, ma intanto il rischio che il PD ne discuta e chi invece intende collocarsi in piena autonomia alla sinistra dello schieramento politico italiano resti al palo, incerto su questo fondamentale livello di riflessione e di ricerca di concreta identità politica.

Andiamo allora per ordine cercando di ricollegarci a un filo, anche sottile, di continuità con un’adeguata qualità della riflessione, anche dal punto di vista dell’indispensabile analisi politologica.

In questo senso è necessario enunciare subito quali debbono essere le caratteristiche fondative di un soggetto politico che, al di là delle condizioni materiali di partenza, abbia l’ambizione di misurarsi con il concetto del partito di massa: la costruzione di una stabile struttura organizzativa e l’assunzione di una funzione di integrazione sociale.

La struttura base tipica del partito di massa è la sezione, che si differenzia dal comitato o dal circolo sotto molti aspetti: il principale lo cita Maurice Duverger “ L’elemento principale è che la sezione rappresenta un organismo aperto a tutti, che fa propaganda per avere il maggior numero possibile di iscritti”.

Le caratteristiche del lavoro politico nelle sezioni sono: il pagamento di una quota, la convocazione a riunioni regolari, l’elezione di un direttivo.

Nella sezione le cariche corrispondono a diverse mansioni svolte e a un’effettiva divisione del lavoro politico.

Nei partiti operai, storicamente, ha funzionato anche, al primo gradino organizzativo, la cellula: ma si tratta di una situazione richiesta, prevalentemente, in fasi di forte repressione da parte del potere dominante.

Il partito è chiamato a svolgere una funzione di “integrazione sociale”: deve essere capace, cioè, non solo di rappresentare ma anche di offrire basi di identificazione ai suoi aderenti.

Come scrive Max Weber: il partito deve essere fondato su di una “intuizione del mondo”, per servire all’attuazione di ideali di contenuto politico.

L’ideologia assume una funzione fondamentale per l’organizzazione, in quanto strumento per forgiare gli interessi di lungo periodo, e quindi la stessa identità degli attori.

Ha scritto Alessandro Pizzorno: “ nel suo tipo più puro, il partito organizzato di massa si caratterizza perché introduce l’ideologia come principio di identificazione. Tende così a presentare domande e , in genere, a ispirare la sua azione, in vista di progetti relativi a degli stati di cose future da realizzare per mezzo dell’azione politica”.

L’ideologia permette di rafforzare la solidarietà fra i membri del Partito, contribuendo a formare e a saldare le convinzioni di condividere fini comuni.

Essa diventa, inoltre, una “guida all’azione” indirizzando le scelte strategiche e tattiche del Partito.

Il partito di massa ha di fronte due problemi da risolvere preventivamente: quello del saper svolgere una funzione educatrice, e quello del finanziamento che deve arrivare, per la gran parte, dagli aderenti.

Esiste una stretta correlazione tra l’avanzare del processo democratico e la presenza dei partiti di massa, e viceversa tra la crescita dei partiti di massa e l’avanzare del processo democratico, come ha ben dimostrato la storia italiana del secondo dopoguerra.

Oggi, in un’evidente fase di restringimento dei margini di agibilità democratica e con la presentazione di proposte mirate a un vero e proprio “soffocamento” della democrazia, come quelle ispirate al filone della personalizzazione della politica e del presidenzialismo, appare ancor più necessaria la presenza di soggetti politici ispirati al livello di partecipazione del tipo di quello presente nei partiti di massa.

E’ in pericolo oggi, non soltanto nella realtà italiana come ben dimostrano fatti di pregnante attualità, quella che Robert Dahl ha definito la caratteristica fondamentale della democrazia: “ come la capacità dei governi a soddisfare, in maniera continuativa, le preferenze dei cittadini in un quadro di eguaglianza politica”.

Prosegue Dahl: “Nella sua concezione moderna la democrazia è quindi rappresentativa e la rappresentanza politica deve essere definita come un sistema istituzionalizzato di rappresentanza”.

La democrazia deve avere due dimensioni teoriche: la prima è definita come “diritto di opposizione”, la seconda è relativa al “grado di partecipazione”.

La democrazia si caratterizza, insomma, come concessione di diritti di opposizione e di estensione di questi diritti alla maggior parte della popolazione.

Insomma: esattamente il contrario di ciò che sta avvenendo nel concreto in Italia e fuori d’Italia, dove diritti di opposizione e di partecipazione, sul piano della rappresentanza politica, tendono a essere vieppiù limitati.

Se osserviamo gli spunti di riflessione fin qui enunciati alla luce di ciò che sta accadendo nel concreto della realtà politica e sociale non possiamo fare a meno di costatare che non si tratta di semplici richiami a una “teoria” più o meno classica: invece è il caso di riflettere e discutere su questi elementi, tenendo ben conto del fallimento totale dei tentativi di superamento della forma del partito di massa che fin qui sono stati tentati (“pigliatutti”, “elettorale – personale”, “leggero” addirittura “partito – azienda”) e della crisi profonda che attraversa il sistema politico nel suo insieme.

Riflettere e discutere: forse ne vale la pena.

Franco Astengo

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