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A PROPOSITO DI RIPRESA E DI NUOVA OCCUPAZIONE

(9 Agosto 2013)

lettaletta

Il Presidente del Consiglio “pro tempore” (definizione quanto mia azzeccata) Enrico Letta alza il ditino e ammonisce il colto e l'inclita: “ Attenzione non c’è rapporto tra ripresa della crisi e nuova occupazione!”.
Bella forza! così è prendere in giro la gente.
Appare evidente a tutti coloro che dispongono di un minimo di capacità d’analisi critica al riguardo dello stato di cose presenti che la gestione capitalistica di questa crisi (qualcuno giustamente l’ha valutata come “feroce”) nata sulla spinta della liberazione degli “spiriti animali” del capitalismo ha puntato su due obiettivi che i teorici della “modernità” aveva giudicato ormai come ferrivecchi: l’intensificazione dello sfruttamento e la creazione di nuovi margini di costruzione di un “esercito di riserva” formato da sottoccupati e disoccupati, dai quali spremere energie per una nuova fase di competizione globale, tagliando così “l’eccesso di domanda” e i diritti fondamentali dei lavoratori.
L’esperimento è stato tentato a livello europeo, come nel “caso greco” e andrà avanti con buona pace di chi pensa, come Guido Rossi in un importante intervento apparso oggi sulle pagine culturali del “Corriere della Sera in previsione del Festival della Mente di Sarzana, che sarà sufficiente la “globalizzazione dei diritti”.
Con buona pace delle ipotesi concertative e di idee di rilancio keynesiano esiste la necessità di ripresa piena del conflitto sociale su basi di classe, al fine di produrre – prima di tutto - una inversione di rotta nei rapporti di forza riproponendo il lavoro quale base fondamentale della convivenza civile e dello sviluppo economico e sociale nel senso dell’eguaglianza e della solidarietà.
Termini antichi ma assolutamente validi per uno stato di cose che nulla concede alla modernità, almeno dal punto di vista del “padrone” e con lo “Stato” (nazionale e oltre) ben schierato dalla parte dell’avversario così come la gran parte delle forze politiche e non soltanto nel “caso italiano” laddove le larghe intese non sono un caso ma il frutto di questo sostegno assolutamente acquiescente all’antica logica di un capitalismo sopraffattore delle masse.
Affermazioni generiche? Può darsi ma non per noi che vediamo crescere le ragioni dell’analisi marxista dello sfruttamento e non comprendiamo proprio perché dovremmo assecondare questa “modernità” fatta di diseguaglianza, emarginazione sociale, arretramento verso la condizione servile come fenomeno che tocca milioni di persone.
Certo, la “ripresa” sarà come sempre per qualcuno tra “lor signori” e non per tutti gli altri: ed è questo il punto che dovrebbe essere del tutto ribaltato.

Franco Astengo

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