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ALCUNI PUNTI DI NECESSARIO CHIARIMENTO NEL MERITO DELLA MANIFESTAZIONE DEL PROSSIMO 12 OTTOBRE IN DIFESA DELLA COSTITUZIONE

(28 Settembre 2013)

Premessa
Attraverso le brevi note che seguiranno si svilupperà un tentativo di demistificazione rispetto ad alcuni elementi presenti nelle modalità e nella piattaforma di convocazione della manifestazione in difesa della Costituzione prevista per il prossimo 12 Ottobre e promossa da Rodotà, Landini, Zagrebelsky, Carlassare, Ciotti ed altri prestigiosi nomi della sinistra, dell’associazionismo e della cultura giuridica: il lavoro di demistificazione è, però indispensabile sempre, non può essere rivolto unilateralmente e , convinti di disporre di buone ragioni, non si deve esitare anche a “parlar male di Garibaldi” nell’interesse di una idea di fondo di difesa della democrazia e di proposta di alternativa alla sciagurata situazione nella quale ci troviamo. Sotto quest’aspetto deve esser affrontato anche il discorso “unitario”, che può essere valido soltanto se recepito e portato avanti nella chiarezza, al di fuori da ambiguità e strumentalismi. A scanso equivoci rispetto alla più stretta attualità è il caso di aggiungere che l’applicazione della legge deve essere al di sopra di qualsivoglia convenienza politica.
Di conseguenza:
1) Deve risultare chiaro a tutti che la grave situazione nella quale versa il nostro Paese, non soltanto sotto l’aspetto economico e della condizione sociale (pessima) di larghissimi strati della popolazione, ma anche della qualità stessa della democrazia ha origine da diversi fattori e non è semplicemente opera di una sola parte politica. Naturalmente le responsabilità del centrodestra e, in particolare di quel modello berlusconiano che è risultato egemone negli ultimi 20 anni, risultano essere enormi e principali. Non può essere dimenticato come quel modello sia stato assunto e introiettato anche da parte del centrosinistra aderendo alla logica bipolare, in un quadro di disfacimento del sistema dei partiti (cui è rimasto comunque un enorme potere di nomina e di spesa), di esaltazione della personalizzazione della politica, di accettazione di sistemi elettorali giudicabili semplicemente “pessimi” in una logica di maggioritario escludente l’insieme delle sensibilità politiche presenti nel Paese e rivolto a un concetto di governabilità astratto e impraticabile (tanto è vero che, dopo aver tanto chiacchierato sull’alternanza e sulle “vocazioni maggioritarie”, si è finiti con il far succedere al governo dei tecnici quello delle larghe intese), di omologazione sul piano dei contenuti di fondo riguardanti il rapporto tra la politica e la società (da ridurre, in nome del “taglio dell’eccesso di domanda) e l’economia, ormai del tutto dipendente da fattori esterni quali quelli dell’Europa dei banchieri e del meccanismo capitalistico di gestione feroce della crisi. Per strada abbiamo perso diritti, coesione sociale, qualità della vita quotidiana. Nel frattempo l’Italia è andata in malora sotto l’aspetto della produzione industriale, delle infrastrutture, del corretto uso del territorio, della difesa ambientale smarrendo completamente la strada di una possibile regolazione di un qualche abbozzo di “modello di sviluppo”;
2) Non è possibile limitarci all’idea della “difesa della Costituzione”. Va impostato, sotto quest’aspetto, un duro confronto dicendo la verità: la Costituzione è già stata stravolta in uno dei suoi cardini essenziali con l’approvazione (bipartisan) della modifica dell’articolo 81 introducendo forme di obbligatorietà del pareggio di bilancio. E’ quindi necessaria una piattaforma diversa che punti al ripristino di una legalità repubblicana già ampiamente violata. Certamente, in questa fase, emergono altri pericoli: pensiamo alla manomissione dell’articolo 138 e, soprattutto, all’idea presidenzialista che sta nuovamente prendendo corpo, dopo che era già stata respinta due volte, la prima per il fallimento della Bicamerale nel 1997, la seconda grazie al referendum popolare che nel 2006 respinse le proposte di modifica costituzionale avanzate dal centrodestra. Su questo terreno, del presidenzialismo, ferme restando le argomentazioni già esposte circa l’accettazione da parte dell’intero quadro politico del concetto di personalizzazione della politica (esasperato fra l’altro proprio in settori politici contigui agli organizzatori della manifestazione in oggetto) ormai degenerato in forme di vero e proprio “leaderismo” di modello quasi sud-americano, se non peggio, pensando a personaggi come Renzi e Grillo, non è possibile tacere che la spinta decisiva in questa direzione è stata fornita dal modo con il quale Giorgio Napolitano ha interpretato il ruolo di Presidente della Repubblica. Il confermato Capo dello Stato ha operato – in diverse circostanze e in particolare in quella del conferimento dell’incarico a Monti – in una situazione davvero “border – line” sul piano del dettato costituzionale. Insomma: se Berlusconi ha rappresentato una vera e propria sciagura per la democrazia italiana, dall’altra parte è riduttivo parlare di assenza di contrasto ma è necessario, con chiarezza, affermare che il modello (sul piano politico, ovviamente. Lasciando da parte i comportamenti soggettivi di tipo delinquenziale accertati o in via di accertamento da parte della Magistratura) ha trovato non solo validi imitatori, ma anche epigoni e successori.
3) Infine deve essere analizzata e rimarcata la “direzione politica” verso la quale si rivolgono gli autori dell’impianto su cui poggia la manifestazione di cui si sta discutendo. Se sono vere due cose: a) che la Costituzione è già stata stravolta in punti decisivi e quindi non è sufficiente attestarsi sulla difesa; b) che questo tipo di situazione, drammatica per la democrazia, l’economia, la vita quotidiana, è frutto di scelte di fondo sostanzialmente omologhe rispetto ai due principali schieramenti, allora non è possibile pensare che una delle due parti, quella ritenuta più vicina, nella fattispecie il centrosinistra, possa essere attirato su di una posizione diversa, del tutto alternativa rispetto a quanto portato avanti nel corso di questi anni anche attraverso l’esercizio (per circa 7 anni) del governo centrale. E’ evidente che occorra un’alternativa di fondo, un’alternativa di sistema che non può che essere costruita in autonomia rispetto al quadro fin qui descritto esercitando, sul piano sociale e politico, una dura opposizione. Non ci sono margini per fare diversamente e il pensare di ripetere strade già viste nel rapporto con il PD va demistificato immediatamente chiamando i diversi livelli di responsabilità accumulati con il loro nome e cognome.
Non è il caso, in questa sede, di soffermarci più di tanto sui molti episodi dell’attualità (pensiamo al caso Telecom) che gridano vendetta suffragando, senza dubbio, il tipo di analisi fin qui portata avanti, sia pure in estrema sintesi. Vale la pena però proporre, proprio al riguardo del tema di fondo della qualità della democrazia e di conseguenza della difesa e dell’attuazione del dettato costituzionale, la necessità di una piattaforma alternativa.
Diciamolo con chiarezza alle tante compagne e compagni che paiono aggrapparsi all’iniziativa del 12 Ottobre quasi fosse un’ancora di salvataggio dopo i disastri dell’Arcobaleno e di Ingroia: le strade fondamentali per la ricostruzione della sinistra alternativa che debbono essere lastricate non dalle buone intenzioni ma da un’effettiva autonomia teorica e politica e da una ferma opposizione, non passano da quella piazza.

Franco Astengo

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