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LA “QUESTIONE MORALE” NON E’ PIU’ LA “QUESTIONE POLITICA”: E’ “LA POLITICA”

(2 Novembre 2013)

Negli anni’80-’90 analizzando la “questione morale”, partita dai casi Biffi Gentili a Torino e Teardo a Savona, e sviluppando l’analisi dell’intreccio tra questa e la “questione politica” avevamo approssimato per difetto, non riuscendo a immaginare (ma sarebbe stato comunque molto difficile) cosa sarebbe accaduto in futuro.

Un insieme di avvenimenti accaduti nel frattempo consentono, infatti, di affermare senza tema di smentita che ormai la “questione morale” è diventata la “politica”.

Non si tratta, badate bene, di un’analisi che deriva dalle vicende legate al cosiddetto “ventennio berlusconiano”.

Abbiamo avuto più volte il modo di rammentare che” il ventennio berlusconiano” non è stato tale, ma che nella fase storica indicata giornalisticamente in quel modo si è verificato un intreccio di correità traversali che hanno profondamente modificato in peggio il rapporto tra la politica e la società, svuotandolo di senso, se non per la ricerca spasmodica del potere esercitata da gruppi dimostratisi particolarmente voraci da tutti i punti di vista.

Il fatto di immediata attualità che ci conferma in quest’analisi è sicuramente quello relativo ai rifiuti tossici interrati in Campania: fenomeno denunciato dal pentito Schiavone nel 1997 e tenuto “secretato” in quanto confessione di un collaboratore di giustizia.

E’ evidente come, proprio in questo caso, la politica abbia coinciso non tanto e non solo con il “malaffare” ma proprio con la “questione morale” identificandosi in essa: non c’è stato, infatti, alcuno scambio come fu nel caso delle tangenti (il solo Penati, residuo della vecchia logica della sinistra storica in questo senso, pare essere rimasto a quel livello) o dello scambio tra deindustrializzazione e speculazione edilizia (il leit motiv della corruzione negli ultimi decenni del XX secolo).

Siamo a un’identificazione assoluta perché la politica vive, praticamente, esercitando la prevaricazione del territorio, così come vive in simbiosi con un sistema bancario che alimenta la crisi, per realizzare il proprio profitto e alimentare di denaro e potere il sistema dei “partiti di cartello” che trasversalmente sgoverna questo Paese, al centro come in periferia.

Poi ci sono gli episodi specifici che ci fanno indignare, come – sempre per restare alla stretta attualità – il caso del Ministro della Giustizia che non è un “caso Cancellieri” ma, bensì, un “caso Peluso”: la questione vera, infatti, sono i 3 milioni e mezzo di euro che il figlio della Ministra ha intascato da Ligresti come liquidazione.

Ma l’elenco sarebbe troppo lungo da compilare e, allora, è soltanto il caso di ricordare come si sia svolto un serrato dibattito tra l’europeista Letta e l’uomo della “luce in fondo al tunnel” Saccomanni, sul metodo di elargizione dei 14 euro del cuneo fiscale, se a rate mensili oppure in una sola “tranche” di ben 172 euro a busta paga.

Anche questa è “questione morale” e della più spiccata e offensiva.

Insomma: “questione morale” e “politica” sembrano proprio essersi assimilate al termine di una lunga fase di intreccio e, risultano, ormai pressoché indistinguibili tra di loro come fenomeno permanente e immanente sulla realtà sociale.

In queste condizioni appare sempre più necessaria un’opposizione di sistema, come abbiamo già avuto più volte occasione di reclamare: un’opposizione che, però, non servirà a nulla (scriveva Lucio Magri: non so che farmene se cambia l’economia. Bisogna che cambino le coscienze e perfino gli stili di vita) se non sarà strettamente intrecciata a un’idea di “rivoluzione morale”. L’intuizione gramsciana è ancora valida, dovremmo essere capaci di riprenderla senza esitazioni o concessioni a un quadro politico che non le merita.

Franco Astengo

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