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POLITICA INDUSTRIALE: NEGLI USA TORNA LA PRODUZIONE MANIFATTURIERA

(6 Novembre 2013)

La notizia era apparsa sul Time di qualche tempo fa ma, in Italia, è stata ripresa soltanto oggi dal “Manifesto” in un articolo di Pierfranco Pelizzetti: negli USA torna l’industria manifatturiera.
Il processo è quello definito del “reshoring”, del rimpatrio, cioè, di attività industriali e di servizi, che sta assumendo dimensioni consistenti creando una vera e propria inversione di tendenza nel trend occupazionale.
Al “ritorno a casa” si accompagna anche la localizzazione di imprese provenienti da altri paesi e qui si fa l’esempio della Siemens per la produzione delle turbine a gas e della Rolls Royce per componenti destinate a motori d’areo.
Da dove deriva questo fenomeno che contraddice vistosamente l’intrecciato processo di finanziarizzazione estrema dell’economia e della deindustrializzazione dell’Occidente: fenomeni dati per irreversibili nel quadro di una globalizzazione inarrestabile e senza freni?
Il punto fondamentale risiede nel rinnovato funzionamento del tradizionale rapporto tra ricerca e impresa.
Un rapporto che questa volta si sta verificando prestando una particolare attenzione alle opportunità di crescita competitiva dell’economia reale, proprio all’interno dello sviluppo dell’innovazione tecnologica.
Al centro di questa ripresa, dunque, si situa il decisivo rapporto con le comunità scientifiche locali.
L’articolo citato riferisce, in questo senso, che il settore delle comunità scientifiche locali pur rappresentando solo il 9% dell’occupazione contribuisce in misura grandemente più elevata alla crescita occupazionale.
Appaiono evidenti le connessioni politiche che il fenomeno presenta, sul piano dell’investimento pubblico proprio nei settori della ricerca, della capacità di programmazione dei diversi aspetti che possono comporre un ciclo industriale (compreso l’uso del territorio) : ne deriva un messaggio di superamento, proprio da parte della “politica”, dell’attardarsi nell’ambito delle ricette Neo Lab e dell’austerità.
Servono investimenti di grande portata allo scopo di puntare al recupero di un adeguato know-how in settori decisivi che possono presentare occasioni di crescita.
Logiche affaristico – privatistiche hanno privato il nostro Paese di settori fondamentali dell’industria moderna: pensiamo alla chimica e all’elettronica.
Senza avere lo sguardo rivolto al passato, ma anzi osservando con attenzione ciò che si sta verificando in previsione del futuro può apparire ancora possibile, come già accade in altre parti del mondo, la determinazione di una svolta a partire dalla qualità del portato scientifico, per pervenire al cuore di rinnovati rapporti di produzione e a una nuova stagione di relazioni industriali.


5/11/2013

Franco Astengo

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