">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Stato e istituzioni    (Visualizza la Mappa del sito )

Merd Ar Core

Merd Ar Core

(3 Settembre 2011) Enzo Apicella
"Vado via da questo paese di merda". Silvio Berlusconi nella telefonata a Lavitola intercettata alle 23.14 del 13 luglio 2011

Tutte le vignette di Enzo Apicella

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Stato e istituzioni)

Stato e istituzioni:: Altre notizie

SOTTO IL PESO DELL’INCREDIBILITA’ E DELLO SCETTICISMO GENERALE STA PER DEFLAGRARE IL SISTEMA POLITICO ITALIANO?

(9 Novembre 2013)

Tra gli analisti politici si sta diffondendo una valutazione relativa al futuro prossimo del sistema politico italiano che prefigura piuttosto che un “riallineamento” dell’offerta nella dimensione più o meno che si verificò nel 1993 una vera e propria “deflagrazione”.
Non ci troviamo, infatti, nella condizione di una ristrutturazione dall’interno del sistema dei partiti, ma a un passaggio di vero e proprio “rimescolamento delle carte” nei confronti dell’assetto sociale del Paese e dell’insieme dell’opinione pubblica.
Il risultato delle elezioni politiche del 2013 aveva sancito la fine del tanto agognato “bipolarismo” che pure, in alcune occasioni (2001,2006,2008) aveva funzionato in maniera soddisfacente.
Una fine del bipolarismo verificatasi in termini anomali dal punto di vista dell’espressione politica dei soggetti in campo: si tratta, infatti, della presenza di quattro minoranze, PD, PDL, M5S e “non voto” (quest’ultimo ormai giunto a una tale consistenza, da dover essere preso in considerazione da questo punto di vista, come si cercherà di spiegare meglio in seguito).
Due di queste quattro minoranze appaiono essere, sostanzialmente, allineate sul piano della cultura politica: vincolo europeo, solidarietà “atlantica”, visione in linea con il neo-liberismo imperante, agire politico personalistico di piglio presidenzialista. PDL e PD, in sostanza, appaiono essere sufficientemente omologati sotto quest’aspetto fondamentale e le loro divisioni, oltre alle fisiologiche lotte di potere interne a un’élite davvero estranea ai problemi reali della società, derivano dal ruolo anomalo tenuto, nel corso di questi anni, da Silvio Berlusconi.
Spieghiamoci subito: si è accennato, in precedenza, a un sufficiente funzionamento del meccanismo bipolare in alcune occasioni: questo fatto non fu dovuto, almeno in parte, al meccanismo elettorale (tra l’altro diverso tra il 2001 da una parte, e il 2006 e 2008 dall’altra) ma al fatto che, in pratica, le elezioni politiche si svolgessero in forma di referendum pro o contro – appunto – la figura di Silvio Berlusconi.
Si trattava di una vera e propria “anomalia sistemica” che adesso è giunta, precipuamente per via giudiziaria, al “redde rationem” con l’apertura di una fase ver a e propria fibrillazione all’interno dei due maggiori partiti, con le diverse fazioni in lotta per assicurarsi proprio l’eredità elettorale del Cavaliere: i cosiddetti “falchi” di Forza Italia stanno cercando di mantenere una parte di quel patrimonio, così come gli altrettanto cosiddetti” ministeriali” che puntano a quella parte di elettorato di centrodestra più sensibile alle sirene della governabilità e incline a comportamenti del tipo di quelli che venivano individuati come “l’elettore mediano” magari condito con un pizzico di “voto di scambio”; il paradossale di tutta questa vicenda sta nel fatto che a quell’eredità elettorale ambisce anche una parte rilevante (forse maggioritaria) del PD raccolta attorno alla candidatura di Matteo Renzi, mentre l’altra parte del PD – al di là dei numeri che riuscirà a raccogliere- appare confinata nel recinto di un pallido e comunque “perdente” (per le aberranti logiche “non politiche” dell’oggi) riformismo di facciata.
Entrambi i soggetti, PD e PDL, sono del resto reduci da una delle più gravi sconfitte nella storia elettorale della Repubblica, avendo perso in coppia circa 10 milioni di voti alimentando in misura determinante l’astensionismo.
Il terzo componente di questa nuova geografia (provvisoria, molto provvisoria) del sistema politico italiano è rappresentato dal Movimento 5 Stelle.
Non è questa la sede per un’analisi delle caratteristiche sociali, politiche, culturali e organizzative di questo Movimento.
Si può soltanto affermare che il successo elettorale del movimento sia sicuramente frutto della ventata di cosiddetta (in termini di semplificazione giornalistica) “antipolitica” che ha percorso il Paese nel corso di questi ultimi anni, che il voto al M5S ha sicuramente ridotto le potenzialità dell’area del non voto anche se non ne ha impedito l’espansione (è sbagliato, infatti, affermare che il M5S ha “pescato” tra gli astenuti, perché questi sono aumentati in una dimensione molto rilevante), che la presenza parlamentare è del tutto in via di assestamento ed è difficile prevedere gli sviluppi di questo processo ma che, infine, il Movimento nel suo complesso appare fin qui indisponibile a percorrere il terreno della “governabilità” in appoggio ad uno dei due partiti “liberisti – presidenzialisti” attualmente impegnati con il governo delle “larghe intese”.
L’espressione del “non voto”, all’interno della quale si è ormai affermata grandemente la modalità della diserzione dalle urne, rappresenta l’altro elemento che fa affermare come il bipolarismo sia finito.
A differenza di quanto sostenevano molti politologi statunitensi negli anni’70 – ’80 la crescita del “non voto”, almeno per quel che riguarda il “caso italiano”, non può essere attribuita all’indifferenza di coloro che, tutto sommato, in questo modo consentono al sistema di governo di proseguire la propria marcia all’insegna di una sorta di “tutto va ben madama la marchesa”.
Non è così: nella disaffezione al voto che ha ormai toccato la stessa percentuale, più o meno, di voti ottenuti singolarmente dagli altri tre protagonisti del sistema politico italiano, risiede l’espressione di almeno due fattori molto importanti che alla fine, però, coincidono nella motivazione di fondo.
Si tratta, infatti, per la maggior parte di casi, di un “non voto” di protesta che proviene da entrambe le principali aree politiche presenti nel sistema . ma anche (ed è questa una novità importante) anche da quell’area di sinistra di alternativa, in particolare dai due partiti eredi della scissione del PCI/PDS di Rimini’91: non si possono spiegare in altra modo i fallimenti clamorosi dell’Arcobaleno prima e di Rivoluzione Civile poi.
Una parte consistente dell’elettorato di sinistra ha voltato le spalle a queste scelte sciagurate, non ha votato il M5S e non trovando un’offerta politica adeguata si è rifugiato nell’astensione; così come del resto hanno fatto quegli elettori delusi sia del PDL, sia del PD.
L’esito di questo insieme di stato di cose è quella di una incredibilità complessiva del sistema e di espressione di uno scetticismo generale da parte dell’opinione pubblico: una situazione al riguardo della quale tra l’altro lo spettacolo offerto dai due maggiori partiti è davvero giudicabile come miserando.
il sistema troverà così sempre più difficoltà a reggere: difficoltà che aumenteranno se le scelte della maggioranza parlamentare, sul terreno delle modifiche istituzionali, si orienteranno sempre di più verso l’esaltazione della governabilità attraverso una modifica della legge elettorale orientata in direzione di un’ulteriore riduzione delle possibilità di espressione politica plurale e l’avvento – formale – del presidenzialismo.
Un’ulteriore “reductio” nella possibilità di rapporto tra politica e società .
Il sistema politico si arroccherebbe sempre di più nel fortezza del “partito di cartello” che ormai PD-PDL hanno formato (ben al di là delle possibili scissioni interne) allo scopo di perpetuare i propri residui poteri di spesa e di nomina e realizzare una presenza parlamentare ormai ridotta a simulacro degli esponenti dei loro esponenti“ mentre la tanto decantata governabilità, si realizzerebbe attraverso l’ espressione concreta sul piano dei contenuti imposta e vigilata dall’Europa della BCE.
Imposizione e vigilanza ormai considerate come un bene in sé.
Il sistema politico potrebbe così deflagrare per l’incapacità di reggere un’espressione crescente di sfiducia collettiva e di scetticismo generale ,fortemente motivati dalle condizioni materiali in cui versano i più importanti ceti sociali e dall’assenza di soggetti politici minimamente credibili.
E la sinistra, in tutto questo bailamme?
Qualcuno oggi intravede nell’ascesa di Matteo Renzi alla guida del PD un’opportunità di apertura di spazi a sinistra.
E’ necessario intenderci su questo punto, perché se quest’apertura di spazi sarà intesa come un rafforzamento di settori politici del tipo di quelli occupati dagli ex-DS interni al PD o da SeL, si tradurrà immediatamente in un rafforzamento della logica liberista e del presidenzialismo e nella sostanza nel la copertura di una espressione di filosofia politica del tutto ingannevole e mistificatoria perché di fatto interna alle “larghe intese”.
Il tema da valutare, invece, per quel che riguarda una possibile presenza di sinistra d’alternativa e d’opposizione (che dal punto di vista della soggettività e della strutturazione è ancora tutta da costruire) è quello della presenza, nell’area dell’astensione, dei soggetti sociali determinanti per una vera e propria operazione di rilancio.
Non si tratta quindi di guardare all’interno delle poche forze residuali presenti nei soggetti che ancora si agitano, in forma drammaticamente minoritaria, a lato della scena politica, e che saranno presto chiamate brutalmente a prendere atto di una situazione di assoluta marginalità.
Se si vuole davvero dar vita ad un soggetto politico che risulti in grado di esprimere, incisivamente, una proposta di opposizione per l’alternativa sarà necessario porsi in stretta connessione con quei larghi strati di popolazione che non solo soffrono i termini materiali della crisi ma che si sono visti, via, via, sottrarre anche una soltanto minima possibilità di espressione politica.
All’interno di questi strati di popolazione ormai sfiduciata e assente si trovano tra l’altro stanno una parte dei militanti migliori che, nel corso dei decenni passati, hanno animato grandi lotte sociali e importanti presenze politiche, a dimensione nazionale e in periferia.
Sta a noi, senza soffermarci a guardare all’indietro verso situazioni ormai abbondantemente superate nei fatti, a non farci trovare impreparati all’appuntamento.
Per adesso pare che il ritardo accumulato sul terreno dell’analisi e della proposta politica risulti ancora fortissimo.

Franco Astengo

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Ultime notizie dell'autore «Franco Astengo»

4436