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Pellicano Malinconico

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DEBOLEZZA DEL CAPITALE SOCIALE E FORZA DELLA STRUTTURAZIONE POLITICA

(9 Dicembre 2013)

Smentisce molte delle tesi “facilmente” correnti l’analisi che sviluppa Carlo Bordoni nella recensione del libro di Maurizio Franzini “Diseguaglianze inaccettabili". L’immobilità economica in Italia” (Laterza), apparsa oggi 8 Dicembre, sulle colonne della “Lettura” del Corriere della Sera.
L’analisi riguarda il cosiddetto “capitale sociale” (dalla definizione data nel fondamentale testo di Robert Putnam apparso nel 2008) per indicare quell’insieme di legami personali, di conoscenze, di relazioni e capacità di interagire che costituisce un bagaglio formidabile per farsi strada nella vita e che, in senso, generale può rappresentare la struttura funzionale della società.
Nasce da qui, dal concetto di “capitale sociale”, quella sorta di mito della “società civile” da contrapporre alla “politica” al punto da prevederne la sostituzione nelle stesse forme e modalità d’esercizio: nascono da qui fenomeni giudicati moderni, populismi di nuovo conio, personalizzazione esasperate, vacuità e genericità programmatiche, debolezza estrema del pensiero politico.
Scrive Bordoni, recensendo – appunto – Franzini: “ Se oggi si assiste a un’erosione del capitale sociale, è perché crollano i legami forti, sorta di barriera difensiva dei rapporti interpersonali che offriva stabilità e sicurezza. Lo dimostra il fatto che la famiglia, il luogo privilegiato in cui sviluppare il capitale sociale primario, ha da tempo delegato alle organizzazioni cosiddette “artificiali” (religiose, scolastiche, sportive) il compito di supplire alle sue mancanze nell’educazione e nella socializzazione”.
“Crollano i legami forti”, proprio in questo risiede il “nocciolo duro” della crisi d’identità che stiamo attraversando, perché è stato soltanto attraverso i legami forti garantiti dall’esercizio della politica che si è formata non soltanto una “barriera difensiva” (e questo è un punto di dissenso con l’analisi di Bordoni) ma anche quella “mobilità sociale” che fornisce la ragione dell’esistenza della democrazia, come hanno indicato nel tempo pensatori di diversa impronta da Tocqueville a Stuart Mill a Pareto.
Un crollo che ci rimanda nelle braccia di Francis Fukuyama che attesta “come le virtù sociali contribuiscono alla creazione della prosperità”.
E’ proprio la crisi, economica, di valori, d’immagine che la politica sta attraversando che ci indica come le virtù sociali non siano sufficienti: anzi abbandonate a se stesse, individualizzate, aprono la strada come sta avvenendo alla reazione violenta che impone la negazione dell’eguaglianza, l’impoverimento economico e culturale, l’atomizzazione lasciandoci prigionieri del solo “individualismo competitivo”.
Quale risposta può essere ancora possibile, nella condizione data?
Nella stessa pagina della “Lettura” Antonio Carioti giudica “nostalgia” l’elaborazione di un altro autore, Michele Prospero autore del testo “Il libro nero della società civile” (Editoria Internazionali Riuniti) laddove si denuncia l’esistenza di una “ondata di regressione” e la “strutturazione dell’agire politico”.
Il rimedio, in questo inutile e dannoso fronteggiamento politica/società civile, che Prospero indica c’è il ritorno al partito teorizzato da Gramsci. “ il moderno Principe come risposta alle illusioni della personalizzazione del potere”.
Su questo principio di fondo va respinta, prima di tutto, l’accusa di nostalgia, anzi va riproposta per intero l’attualità de concetto accompagnandolo con la riattualizzazione del punto teorico che discende direttamente dall’idea del Partito come moderno principe: quello dell’egemonia.
Concetto di egemonia, da affermare proprio in una fase di guerra di posizione, non solo come forza mista a consenso, ma come capacità di individuare le forme che devono regolare i comportamenti delle diverse soggettività politiche a partire dalla comprensione delle loro caratteristiche morali e capacità progettuali.
Tutto questo può essere sviluppato e portato avanti nell’agire politico soltanto ristabilendo i “legami forti” che soltanto un’organizzazione collettiva, un partito strutturato, può produrre nella contingenza storica e nell’avvenire per rompere il cerchio d ferro dello sfruttamento operato dalla ferocia capitalistica e costruire l’orizzonte di una nuova società.
Senza questa tensione di fondo, pur nelle difficoltà dell’oggi e nella necessità di valutare ogni passo, saremo definitivamente perduti.
Senza dimenticare che, da sempre, siamo nani sulle spalle dei giganti.
8/12/2013

Franco Astengo

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