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Fiat: lacrime e sangue

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(14 Agosto 2010) Enzo Apicella

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CRISI DI RAPPRESENTANZA, RICONOSCIBILITA’ DI CLASSE

(23 Dicembre 2013)

cris

Ilvo Diamanti

La cosiddetta “Rivolta dei Forconi” ha indotto Ilvo Diamanti a sviluppare un’articolata ricerca condensata in un lungo articolo apparso oggi, Lunedì 23 Dicembre sulle colonne di “Repubblica”.
Diamanti dopo aver osservato come il termine stesso “Forconi” richiama una “rappresentazione” unificante che evoca la rabbia popolare, contro il potere, riassume il suo ragionamento sostenendo che, al di là della limitatezza, questa protesta ha segnato un punto critico per la democrazia italiana.
Questo perché ha rivelato, in modo aperto, quanto sia profondo in Italia il deficit della rappresentanza.
In conclusione si rileva: “L’assenza di canali e soggetti capaci di rappresentare e di organizzare le domande e i problemi della società, dei territori e delle persone. In mezzo ad una società dissociata e anomica, popolata da individui mobilitati soltanto dalla sfiducia. Così, non resta che gridare, inveire e insultare. Per sfogare la nostra rabbia, la nostra frustrazione. Non contro il potere, ma contro chi lo dovrebbe esercitare. E contro noi stessi. Il Paese dei forconi è un paese impotente.”
Temi e analisi sui quali, a sinistra, molto ci siamo esercitati in questi anni sia dal punto di vista delle dinamiche sociali, politiche e degli stessi meccanismi di rappresentanza istituzionale (maggioritario, proporzionale, ruolo delle Assemblee elettive, ad esempio).
Soprattutto la nostra attenzione si è rivolta verso la crisi dei corpi intermedi, l’incapacità da parte di essi a svolgere funzione di sintesi nella protesta e nella proposta e di portare nell’arena politica organizzazione, collegamento sociale, forza della strutturazione e della rappresentanza politica.
Ha prevalso l’ideologia dell’indiscriminatezza sociale che, via, via, si tramutava nella politica attraverso soggetti indistinti, tenuti assieme dalla personalizzazione e dalla ricerca della governabilità usata ai fini di distribuire, attraverso il criterio di fedeltà, “incentivi selettivi” atti a costruire un “ceto politico” completamente autoreferenziale.
Tutto questo è avvenuto a sinistra con esiti ben più disastrosi rispetto a ciò che è accaduto a destra perché, dal nostro versante, si sono smarriti completamente i fattori decisivi dell’identità e dell’aggregazione politica.
Il resto lo ha fatto la ferocia della gestione capitalistica delle crisi, attraverso la quale, i fenomeni di segmentazione, frantumazione, corporativismo di vecchio e nuovo conio si sono imposti provocando una nuova egemonia che si può ben definire reazionaria: su questa visione ideologica della società imposta dall’avversario non si è soltanto colpito le condizioni materiali di vita di milioni di persone ma si sono ristrette e ulteriormente si restringeranno i margini di agibilità politica, a partire dal tema della rappresentanza affrontato anche, sicuramente in forma generica, da Diamanti nell’inchiesta appena citata.
Da più parti si è cercato di reclamare un’inversione di tendenza puntando alla costruzione di una nuova soggettività politica in grado di porsi sul terreno di una rappresentanza alternativa, a partire dall’acquisizione della consapevolezza della necessità di intrecciare opposizione sociale a opposizione politica.
Al punto in cui sono arrivate le cose, però, è necessario riflettere sulla necessità di avviare una grande operazione culturale, del tutto propedeutica alla costruzione di questa nuova soggettività, che andrebbe collocata su di un terreno definibile della “riconoscibilità di classe”.
Il concetto di “classe” deve tornare a essere discriminante e determinante, proprio al riguardo della definizione dei rapporti sociali.
Ciò è tanto più importante adesso quando appaiono in atto sommovimenti tali da portare a una pauperizzazione di settori che, fino a qualche tempo fa potevano essere considerati “intermedi”.
Non è possibile, però, costruire con essi il tanto agognato “nuovo blocco sociale”.
Il “nuovo blocco sociale” potrà essere costruito e agito all’interno dello scontro politico soltanto in stretta connessione con la crescita di una soggettività politica che, ancora una volta e nella difficoltà dell’intreccio tra le contraddizioni materialiste e post-materialiste, riconosca la mera esistenza e rappresentanza degli interessi della “classe in sé”.
Occorre ricostruire una chiara consapevolezza di tali interessi e della loro portata generale che può derivare soltanto dal riconoscimento della coscienza di classe: “dalla classe in sé” alla “classe per sé”.
Tutto questo, naturalmente, da recuperare dall’oblio e da non esercitare in astratto, ma affrontando anche il tema delle forme politiche in relazione alla complessità sociale e alle articolazioni poste sul piano della rappresentanza che oggettivamente ne derivano.
Sembrano questi temi antichi, che l’ideologia dominante ci aveva imposto di considerare superati: eppure mai la loro attualità è stata bruciante come in questi tempi difficili.

Franco Astengo

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