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DOPO IL PESANTE INTERVENTO DEL PRESIDENTE NAPOLITANO

(28 Dicembre 2013)

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DOPO IL PESANTE INTERVENTO DEL PRESIDENTE NAPOLITANO: LA DEGENERAZIONE DEL PROCESSO LEGISLATIVO NON E’ QUESTIONE DI REGOLE PARLAMENTARI, MA DI QUALITA’DELLA CLASSE POLITICA E ANCHE DI SISTEMA ELETTORALE

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è intervenuto molto pesantemente, nel giro delle ultime 48 ore sull’iter legislativo dei provvedimenti di fine d’anno.
Bisogna dire subito che la forma usata dal Capo dello Stato è stata comunque coerente con il dettato costituzionale: prima esercitando la sua prerogativa di “moral suasion” per far ritirare il cosiddetto decreto “Salva- Roma” e successivamente con un messaggio alle Camere.
V’è da dire, però, che la sostanza è ben altra: è in atto, infatti, un’ulteriore stretta di carattere oligarchico, di presunta semplificazione e “modernizzazione” dell’azione politico – legislativa attraverso la quale s’intende limitare ancor di più lo sviluppo del dibattito politico, in funzione di una difesa della nuova centralità assunta dal concetto di “governabilità”, a discapito della centralità del Parlamento, come previsto dalla Costituzione Repubblicana.
Appare già in atto, insomma, il presidenzialismo nella sua forma di “semipresidenzialismo alla francese”, in quanto Letta sta proprio esercitando la sua funzione di presidente del Consiglio come se l’effettivo potere esecutivo appartenesse, de facto, al Presidente della Repubblica.
Ma andiamo per ordine: prima di tutto due considerazioni sul merito.
La degenerazione del procedimento legislativo al riguardo dei provvedimenti di spesa è storia antica, risale al consociativismo degli anni’80 e la prima considerazione da fare riguarda il fatto che modifica del sistema elettorale e tentativi di bipolarismo non hanno, in questo senso nel corso degli anni, sortito alcun effetto concreto.
Tanto più, e questo mi pare siano in pochi a ricordarlo, il tutto avviene non sulla base di un procedimento legislativo nato in Parlamento, ma in sede di conversione di decreto: quindi su input legislativo nato dal Governo. E’ una differenza non da poco: l’esproprio della funzione legislativa da parte delle Camere è anch’essa questione antica, risale agli stessi anni’80 cui si faceva già cenno, al decisionismo craxiano, e implementato sicuramente nel corso del quinquennio 1996-2001 con i governi di centrosinistra.
In secondo luogo deve essere fatto notare come anche nel caso di un superamento del bicameralismo ridondante (di cui oggi si sente tanta fretta e ansia: ma forse non sarà perché la legge elettorale ha posto il Senato in una sorta di situazione di “veto” e non per altri motivi?) un decreto come quello Salva – Roma, riguardante provvedimenti di spesa rivolti agli Enti Locali, avrebbe dovuto passare al vaglio dell’eventuale seconda Camera, fosse questa delle Autonomie o delle Regioni (oppure si pensa che, nella follia oligarchica che sta pervadendo la classe politica; la seconda camera non dovrebbe avere funzione emendativa, limitandosi a dire sì o no all’intero pacchetto proposto?).
Terzo punto: la classe politica. Questo sotto due aspetti: il primo quello delle liste bloccate che rende i parlamentari molto più sensibili alle lobby che non in altre occasioni, dovendo dipendere, infatti, sia dalle lobby che interessano il partito in sede nazionale, sia alle lobby locali al fine di poter usufruire delle “spinte” giuste per essere collocati in lista in posizione utile a essere eletti.
Inoltre esiste una questione di formazione dell’élite dirigente, scomparsi i partiti e di conseguenza, esaurita la loro funzione pedagogica. Nella furia di rinnovamento, restando alla fattispecie, l’elezione di due neofiti alla presidenza di Camera e Senato, privi di preparazione specifica, sta pesando tantissimo da questo punto di vista ed anche in questo caso il Presidente della Repubblica è intervenuto ancora in maniera molto precisa.
Nasce proprio da qui, dall’assenza di soggetti intermedi in grado di svolgere una funzione d’integrazione politica soprattutto sul piano culturale, la tensione verso la formazione e la conservazione di un’oligarchia fondata sulle lobby, economiche e di potere.
La cornice dentro la quale si colloca questo quadro è quella, nello specifico del “caso italiano” oggi, quella di una delegittimazione complessiva del sistema: una delegittimazione che è provvista di basi legislative fortissime risalendo, infatti, alla sentenza della Consulta che ha dichiarato illegittime parti fondamentali della legge elettorale.
Senso vero delle istituzioni vorrebbe che, lette le motivazioni della sentenza e modificata la legge nel senso che tali motivazioni indicheranno (premio di maggioranza, preferenze, omogeneità di sistema tra Camera dei Deputati e Senato) si tornasse d’urgenza al voto.
Nel frattempo qualsiasi modifica sia costituzionale, sia regolamentare, sarebbe gravata di una fortissima suspicione d’illegittimità.
Certo: stiamo attraversando il momento più basso, dal punto di vista politico e morale, nella storia della Repubblica.
Ma ci sarà mai fine al peggio?

Franco Astengo

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