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COSA MANCA NEL "JOB ACT" DI RENZI

(10 Gennaio 2014)

jobactrenzi

In una giornata politica caratterizzata da continue fibrillazioni attorno al Governo, con la Lega Nord pronta a scavalcare i Forconi proclamando lo sciopero del pedaggio autostradale e Fratelli d’Italia che svolge, sul tema delle superpensioni, il suo ruolo “storico” di destra sociale mentre la sinistra non riesce più a fare nemmeno la pallida imitazione di quella che fu per davvero la sinistra, è uscito, dopo annunci strombazzati da molto tempo il “job act” di Matteo Renzi.

Non è il caso di dar conto dei commenti fin qui registrati, salvo che per un caso: quello dello scavalcamento a sinistra eseguito da Susanna Camusso nei riguardi di Maurizio Landini; si tratterà di un’operazione di tipo congressuale, ma tant’è vale la pena di darne conto (ricordando che Renzi non è ancora Presidente del Consiglio).
Invece nel merito per quel che se ne sa è già possibile indicare due cose che mancano nel tanto sospirato documento del segretario del PD e sindaco di Firenze:
1) E’ già stato notato ma è il caso di rovesciare l’impostazione generale. Non manca semplicemente l’indicazione relativa al reperimento delle risorse per investimenti. Non c’è proprio una minima intenzione di rovesciamento di tendenza rispetto al gigantesco processo di diseguaglianza prodotto nel Paese nel corso degli ultimi anni dalla gestione del ciclo capitalistico, del processo di finanziarizzazione dell’economia, di speculazione avvenuta sulla base di meccanismi di corruzione. Non c’è nemmeno la pallida idea della patrimoniale, che pure rappresenterebbe in questa fase poco di più di un semplice palliativo.
Resta intatta la sostanza degli elementi di costruzione dell’egemonia liberista (che difatti ha subito raccolto il plauso dell'UE che elargisce, in un primo commento da Bruxelles «in attesa di conoscere di dettagli», una promozione: è «un nuovo programma», e sembra «andare nella direzione auspicata dall’Ue nell’ultimo periodo», dice il commissario Ue per il Lavoro, Laszlo Andore) non si ravvede nessuna avvisaglia sul terreno della solidarietà e dell’eguaglianza.
Ergo eventuali finanziamenti dei processi previsti dal documento dovrebbero provenire dalla solita fonte dei soliti tartassati;

2) Manca totalmente l’impostazione di un quadro diverso e alternativo rispetto all’attuale nel campo della nazionalizzazione delle banche, della politica industriale, del rilancio del ruolo pubblico delle grandi infrastrutture, della pianificazione dell’economia, del varo di grandi piani straordinari per l’occupazione da portare avanti nei settori nevralgici con la gestione e sotto il controllo pubblico.

Non ci si aspettava questo da Renzi (così come non ci si aspetta il rilancio del welfare, la difesa dei diritti dei lavoratori, l’emersione e l’integrazione del lavoro nero) né tantomeno ci si può aspettare qualcosa di simile da un futuribile centrosinistra .
L’occasione di parlare del job act di Renzi deve rappresentare, dal punto di vista di una sinistra d’opposizione e di alternativa un’occasione non banale per esporre con forza idee completamente opposte a quelle che percorrono l’intero schieramento politico italiano.

Una proposta diversa per una società diversa, nella prospettiva di un superamento del capitalismo e l’apertura di una nuova frontiera della storia.

9/01/2014

Redazione "Perchè la Sinistra"

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