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ELEZIONI EUROPEE: LO SCETTICISMO TRA DESTRA E SINISTRA.

(10 Marzo 2014)

Nell’opinione pubblica italiana sale di prepotenza l’idea di diffidenza verso l’Europa.
I dati che emergono dalla lettura dell’Atlante Politico curato da Ilvo Diamanti e pubblicato il 10 Marzo da Repubblica appaiono quanto mai eloquenti.
La curva della fiducia verso le istituzioni europee appare in caduta libera: dal 57% del 2000 (somma di coloro che dichiaravano di avere nell’UE molta o moltissima fiducia) si è scesi, 14 anni dopo, al 29%.
Le preoccupazioni degli opinionisti benpensanti in vista del turno elettorale del 25 Maggio prossimo sono molto forti: si paventa il rischio che euroscettici, estremisti e nazionalisti possano, alla fine, conquistare la maggioranza nel prossimo Parlamento trasformandolo così in una preziosa vetrina per l’antiEuropa intrecciata alle espressioni più evidenti della cosiddetta “antipolitica” di stampo populista.
Dai dati riportati nel citato Atlante politico, ne emergono comunque un paio meritevoli di particolare attenzione.
Il primo riguarda la carta d’identità dei movimenti euro-scettici presenti nei diversi Paesi dell’Unione: una rassegna di sigle accomunate, sostanzialmente, da una collocazione di estrema destra con connotati non solo biecamente nazionalisti ma anche razzisti i cui punti di riferimento principali appaiono essere il Front National francese e l’Alba Dorata greca. Si situano in questa posizione anche soggetti dichiaratamente né di destra, né di sinistra come il M5S italiano oppure di sinistra, il KKE greco, la Sinistra svedese e il partito socialista olandese.
Una collocazione politica sostanzialmente rispettata nei giudizi rilevati dall’osservatorio di Demos in relazione all’elettorato italiano: la quota di anti-europei sale infatti se ci si sposta, rispetto all’asse politico, da sinistra verso destra: l’11% degli elettori di SeL, il 17% di quelli del PD fino al 37% per Forza Italia, il 37% per il M5S e il 53% per la Lega Nord. Tra i potenziali astenuti la quota degli anti-europeisti è del 30% facendo così fissare la percentuale complessiva al 27%.
Un dato che però deve essere collegato, all’interno di una situazione che appare quanto mai complessa, al dato degli Eurocritici/scettici, che si colloca mediamente al 44% e trova una delle sue punte massime nelle elettrici e negli elettori di SeL, al 47% e del PD al 46%.
Appare così evidente l’emergere di una forte contraddizione in seno all’elettorato complessivo di quello che si vorrebbe ritenere di centrosinistra, dove – alla fine- gli europeisti convinti risultano in minoranza: il 42% in Sel e il 37% nel PD a fronte di una media complessiva del 29%.
Saranno sufficienti le sottili barriere formate dall’idea dell’ Eurodisobbedienza” che contraddistingue la lista italiana di appoggio a Tsipras (all’interno della quale emergono anche tutte le difficoltà di rappresentanza che investono la sinistra moderata italiana e gli intellettuali “chic” che si sono assunti l’onere di rappresentarla), per fermare una possibile deriva verso posizioni di euroscetticismo totale come quelle presentate dal M5S?
Se il PD, infatti, potrà probabilmente contare ancora su un certo “effetto Renzi” per trattenere a sé anche i voti euro critici/scettici, per la lista Tsipras le cose si faranno molto difficili, considerata anche l’oggettiva ambiguità che porteranno avanti anche i due maggiori organi di stampa che hanno sponsorizzato la formazione della lista: Repubblica e il Fatto quotidiano (diversa la posizione del Manifesto, assolutamente allineato sull’idea dell’ultima spiaggia per la sinistra radicale).
Una bella incognita, tutto sommato, dalla cui risoluzione in una direzione piuttosto che in un’altra potrebbe risolversi il dilemma del quorum: non prestando, nel frattempo, granché attenzione ai sondaggi che punteranno a sopravvalutare la lista Tsipras e a ridimensionare quella 5 Stelle seguendo uno schema prefissato a tavolino, identico a quello che portò, nel 2013, a sbagliare complessivamente la previsione all’esito delle elezioni politiche.
Per gli analisti e sondaggisti italiani evidentemente la storia (degli errori) può tranquillamente ripetersi.
Mancherà all’interno di questa competizione elettorale, almeno sul versante italiano, una proposta politica compiutamente anticapitalista, fondata sull’analisi critica degli effetti concreti che i Trattati europei e le scelte successive sul piano monetario e fiscale hanno avuto rispetto alle fratture sociali ampliate dalla gestione capitalistica della crisi, in primo luogo quella storicamente principale tra sfruttamento e lavoro.
Non sarà possibile rappresentare, nella competizione elettorale europea, istanze internazionaliste della lotta di classe
La scelta compiuta dai soggetti politici italiani di quella che fu la cosiddetta “sinistra radicale” è stata quella di allinearsi all’idea di una critica dall’interno al solo dato dell’austerità: una scelta miope, limitata a un tentativo di sopravvivenza di bandiera e del tutto insufficiente rispetto al rischio di una massiccia deriva a destra.
Si è dimostrata, ancora un volta, l’incapacità di superare il limite di una complessiva subalternità all’esistente: un dato ricorrente che non si potrà affrontare se non il giorno in cui riusciremo davvero e mettere all’ordine del giorno la costruzione di una nuova soggettività politica comunista e anticapitalista.

Franco Astengo

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