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EXPO 2015: MODERNITA’, CORRUZIONE, MALGOVERNO. RIBELLARSI E’ GIUSTO

(15 Marzo 2014)

Il Corriere della Sera, attraverso un articolo di fondo di Daniele Manca apparso oggi 15 marzo, reagisce in maniera durissima all’iniziativa di un gruppo di parlamentari del M5S di “ispezionare” i cantieri milanesi dell’Expo 2015.
L’iniziativa viene così giudicata “si vogliono alimentare sentimenti che con le opere in sé non hanno nulla a che fare. Qualsiasi iniziativa viene letta attraverso la lente del sospetto e della diffidenza”.
E più avanti “l’Italia intera sta già pagando la deleteria combinazione di caste burocratiche che usano il loro potere di veto e i “no” di movimenti radicali interessati a facili consensi politici”.
Ancora, all’inizio era stato presentato il vero punto politico “In Italia serpeggia in maniera preoccupante un sentimento antimoderno e antindustriale secondo il quale qualsiasi intervento sul territorio, costruzione di un grattacielo o strada, rigassificatore o infrastruttura digitale, nasconda esclusivamente interessi che con la cittadinanza e la comunità non ha alcuna relazione”. E qui s’intreccia il collegamento tra l’ispezione ai cantieri dell’Expo con il tanto detestato e temuto movimento NO-TAV.
E’ evidente come contenuti e toni dell’editoriale oltrepassino la questione specifica dell’iniziativa del M5S e sollevino temi di carattere generale sui quali è bene replicare con grande chiarezza:
1) Il livello di corruzione fin qui rilevato attorno alle cosiddette “grandi opere” è stato talmente rilevante da giustificare qualsiasi atteggiamento di diffidenza preventiva da parte dei cittadini interessati, tanto più che nella quasi totalità dei casi siamo di fronte a progetti inutili, dannosi e, in ogni caso, ingigantiti nelle loro dimensioni proprio per ragioni speculative. Non è il caso di fare l’elenco noto a tutti: basterà ricordare, ben oltre a quanto scoperchiato da Tangentopoli, il costante collegamento tra l’imprenditoria, le istituzioni, i vertici dell’amministrazione pubblica. Il modello P3 –P4 e quello “Protezione Civile” appare essere sempre, comunque, dovunque quello di riferimento. Di conseguenza, ben oltre le pur possibili speculazioni politico – elettoralistiche, ai cittadini non resta che opporsi protestando e protestando preventivamente;
2) Emerge dall’editoriale il disprezzo verso i corpi intermedi della società e l’autorganizzazione dal basso dei movimenti, considerati entrambi i fattori decisivi del cosiddetto immobilismo. E’ un disprezzo che pare in sintonia con quello espresso dal Presidente del Consiglio in occasione della “fiera” di presentazione degli illusori provvedimenti economici avvenuta mercoledì scorso. Il comune punto di dileggio tra editoriale del Corriere della Sera ed esposizione del Presidente del Consiglio è per la democrazia, senza aggettivi. Del resto le modalità, insieme plebiscitarie e da congiura di palazzo adottate dal Presidente del Consiglio per entrare in carica sono del tutto esemplari in questo senso, così come appare emblematica la rincorsa in atto in questi giorni a farsi largo sul carro del presunto vincitore, quasi in una sorta di anteprima della formazione di un nuovo“regime” di natura feudale;
3) Bisogna intendersi su modernità e industrialismo. Non a caso, sempre prendendo spunto dall’editoriale in questione, sono citate opere verso le quali si esprime una forte resistenza da parte delle popolazioni e non ne sono citate altre che, invece, raccoglierebbero grande consenso: dallo stop alle cementificazioni (anche con qualche abbattimento) in difesa del suolo; al ripristino dell’assetto idro-geologico (per il quale nel “Piano Renzi” sono destinati ben pochi fondi), al recupero dei centri storici delle città (anche qui servirebbe un investimento ultra-massiccio da parte pubblica, ma ci si scontra contro il tessuto della corruttela già denunciato e non certo estirpato). Si tratta soltanto di esempi. Quanto all’industria, il punto non è quello di legarne l’esistenza a grandi opere “una tantum” o a eventi particolari. L’Italia è priva da molti anni di una struttura industriale degna di questo nome nei settori nevralgici, sia tradizionali, sia d’innovazione. Sotto quest’aspetto ha agito un combinato disposto tra corruzione, scelte sbagliate, privilegio di una impostazione privatistica che ha fornito esiti disastrosi, non funzionando – tra l’altro – alcune strutture che erano state pensate al proposito, come nel caso dei distretti industriali. Intanto sono cresciuti i conflitti tra industria e ambiente (da Taranto a Vado Ligure) e la politica è risulta complice o assente, lasciando, di fatto, spazio all’azione di supplenza della magistratura.
Tutto questo per replicare con grande chiarezza ai contenuti dell’editoriale del Corriere: l’Italia è stata, in questi anni, governata malissimo dall’insieme della sua classe dirigente politica, amministrativa, imprenditoriale dimostratasi corrotta, miope, causa di disastri immensi di qualsiasi natura, dai licenziamenti massicci, all’impossibilità di trovare lavoro per chiunque lo cerchi, fino alla scelta di accordarsi acriticamente ai dettami di una Unione Europa fondata sul liberismo della finanziarizzazione esasperata, accettandone diktat e imposizioni fino alla modifica dell’articolo 81 della Costituzione in materia di pareggio di bilancio.
Servirebbe sul serio una svolta nel senso di una alternativa radicale di sistema: su questo punto è bene fermarsi a riflettere sui guasti presenti nel sistema politico.
Un discorso che, però, potrà essere ripreso in altra occasione: nel frattempo “Ribellarsi è giusto”.

Franco Astengo

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